CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 marzo 2019, n. 6270
Contratto a tempo determinato – Nullità – Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato – Inquadramento – Determinazione della qualifica spettante al lavoratore
Rilevato
che con sentenza 9 novembre 2016, la Corte d’appello di Roma dichiarava la nullità del termine apposto al contratto stipulato da C.G. s.r.l. con M.A. dal 2 maggio 2007 al 31 gennaio 2008 e la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti con decorrenza dal 2 maggio 2007, condannando la società datrice al pagamento, in favore della lavoratrice, di un’indennità ai sensi dell’art. 32 I. 183/2010 in misura di 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, nonché, pure accertato il suo diritto all’inquadramento dal 1 dicembre 2007 nel livello C2, CCNL AICA e dal marzo 2008 CCNL Industria Turistica, della somma di € 17.443,50 oltre accessori dalla maturazione al saldo: così riformando la sentenza di primo grado, che ne aveva invece rigettato le domande;
che avverso tale sentenza la lavoratrice ricorreva per cassazione con unico motivo, cui resisteva la società con controricorso e memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c.;
Considerato
che la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1, 35, 154 e all. 3 CCNL dell’Industria Turistica del 3 febbraio 2008, per erronea applicazione della tabella di corrispondenza tra livelli di inquadramento nella successione del suddetto CCNL al CCNL Turismo AICA del 1° luglio 1998, avendo la Corte territoriale accertato la spettanza, per corrispondenza alle mansioni di cassiera generale svolte, della qualifica di 3° livello del CCNL AICA dal 1° dicembre 2007 e dal marzo 2008 di livello C2, in luogo di quello corretto C1, del CCNL Industria Turistica (unico motivo);
che ritiene il collegio che il motivo sia fondato;
che correttamente è stato dedotto il vizio di violazione di legge (cui è parificata sul piano processuale quella di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro, anch’essa comportando in sede di legittimità l’interpretazione delle clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale, ai sensi degli artt. 1362 ss. c.c., come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione: Cass. 19 marzo 2014, n. 6335; Cass. 9 settembre 2014, n. 18946; Cass. 12 ottobre 2017, n. 24036; Cass. 28 settembre 2018, n. 23609), consistente nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge, necessariamente implicante un problema interpretativo della stessa, non mediato dalla contestata valutazione delle risultanze di causa, riservata alla tipica valutazione del giudice di merito (Cass. 16 luglio 2010, n. 16698; Cass. 12 ottobre 2017, n. 24054);
che nel caso di specie non si tratta di un’inosservanza, nel giudizio relativo all’attribuzione di una qualifica superiore, del cd. criterio “trifasico”, da cui non si può prescindere nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento del lavoratore (Cass. 27 settembre 2010, n. 20272; Cass. 28 aprile 2015, n. 8589; Cass. 27 settembre 2016, n. 18943), di competenza esclusiva del giudice di merito;
che neppure occorre indirizzare l’indagine (ove la contrattazione collettiva preveda, nel disciplinare la classificazione dei lavoratori, sia le categorie o i livelli, mediante declaratorie astratte e generali, sia distinti e specifici profili professionali) alla determinazione della qualifica spettante al lavoratore, consistente nella verifica di corrispondenza delle mansioni in concreto svolte dal lavoratore a quelle di un determinato profilo professionale indicato dalla stessa contrattazione collettiva come rientrante in una particolare categoria: che egualmente integra un accertamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità ove correttamente e congruamente motivato (Cass. 7 luglio 2004, n. 12513);
che il giudice di merito ha già accertato in fatto la corrispondenza delle mansioni svolte dalla lavoratrice al 3° livello del CCNL AICA dal 1° dicembre 2007 (per le ragioni esposte sub p.to 8, dall’ultimo capoverso di pg. 6 al quarto di pg. 7 della sentenza), essendo a questa Corte devoluta la semplice verifica di (in)esatta applicazione della tabella di corrispondenza (nella trascrizione delle qualifiche e dei livelli in via comparativa da pg. 28 a pg. 33 del ricorso), nella successione dei contratti collettivi regolanti il settore, tra il suddetto livello di inquadramento e l’omologo livello C1 (piuttosto che C2) del CCNL dell’Industria Turistica del 30 febbraio 2008;
che effettivamente le mansioni di cassiera generale, accertate come in prevalenza svolte dalla lavoratrice e già inquadrate nella qualifica di 3° livello del CCNL AICA dal 1° dicembre 2007, risultano individuate come “Segretario ricevimento cassa o Amministrazione” (già integranti 3° livello del previgente CCNL) dal livello C1 del CCNL Industria Turistica (come si evince dai Prospetti di area C, a pgg. 29 e 32 del ricorso);
che pertanto il ricorso deve essere accolto, con la cassazione della sentenza e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
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