CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 marzo 2020, n. 5983
Crediti commerciali – Decreto ingiuntivo – Prova – Fatture commerciali, borderò e distinte rilasciate dai vettori, proposta di dilazione del debito da parte del legale del debitore – Legittimità
Fatti di causa
La Corte d’appello di Firenze, confermando la pronuncia di primo grado, ha definitivamente respinto l’opposizione proposta dal ricorrente avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dalla S.P. s.r.l. per l’importo di €. 25.956,60, quale corrispettivo di talune forniture.
La sentenza impugnata ha ritenuto che il credito fosse provato dalle fatture commerciali, dai documenti di trasporto e da una missiva del difensore del ricorrente, con cui era stata richiesta la rateizzazione del pagamento.
Per la cassazione di tale sentenza S.S. ha proposto ricorso in due motivi.
La S.P. s.r.l. è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si deduce Ila violazione degli artt. 2697, 2729 c.c., 116, 228 e 229 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., per aver la sentenza ritenuto sussistente la prova del credito sulla base delle fatture commerciali, dei borderò e dei documenti di trasporto privi della sottoscrizione dell’opponente, documenti tempestivamente contestati in giudizio e, perciò, privi di valenza probatoria.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 2697 e 2929 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., sostenendo che la missiva del difensore, con cui era stata proposto la ratizzazione del debito, avesse valore di confessione, trattandosi di una semplice missiva non sottoscritta dalla parte, non utilizzabile come prova del credito.
I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati.
La sentenza, dato atto che il decreto ingiuntivo era stato emesso sulla base della fattura commerciale e dei documenti di trasporto, ha valorizzato – ai fini della prova del credito – i borderò e le distinte di spedizione della merce rilasciate dai vettori indicati nelle fatture nonché la missiva del 22.12.2011 con cui il legale della ricorrente aveva proposto il pagamento dell’intero importo di € 25.835,00 (mediante il versamento di € 3.385,00 entro il 10.1.2012 e della restante somma in dodici rate mensili, a partire dal 10.3.2012), senza conferire ai singoli documenti un valore probatorio vincolante o privilegiato, evidenziando – al contrario – che:
a) la fattura commerciale, riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla funzione di far risultare elementi relativi all’esecuzione di un contratto, si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, sicché, quando tale rapporto sia contestato, pur non potendo costituire elemento di prova delle prestazioni eseguite, è valorizzabile a livello indiziario (Cass. 299/2016; Cass. 15383/2010).
b) costituiscono elementi liberamente valutabili dal giudice le dichiarazioni del difensore della parte, contenute in atti stragiudiziali, (Cass. 9864/2018; Cass. 11946/2002; Cass. 4284/1997; Cass. 7571/1986; Cass. 1150/1966).
Non è quindi ravvisabile la lamentata violazione del regime delle prove, essendo la pronuncia fondata sulla ritenuta convergenza di elementi indiziari – ritenuti dimostrativi della sussistenza del credito – legittimamente presi in considerazione dal giudice, poiché, mancando nel sistema processuale una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova, la decisione può fondarsi anche su prove atipiche (cfr. sentenza pagg. 6 e seguenti; Cass. 5965/2004; Cass. 4666/2003; Cass. 12763/2000).
Appare – infine – inconferente il richiamo all’art. 2697 c.c., dato che la pronuncia non si fonda sul criterio formale di riparto dell’onere della prova, ma sulla congiunta valutazione di tutti gli elementi acquisiti in istruttoria.
L’art. 2697 c.c. è invece invocabile solo ove il giudice abbia posto detto onere a carico di una parte che non ne era gravata in base alla scissione della fattispecie tra fatti costitutivi e mere eccezioni (Cass. 13395/2018; Cass. 26769/2018).
Il ricorso è respinto.
Nulla sulle spese, non avendo la controparte svolto difese.
Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello privato per l’impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002 se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002.
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