CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 marzo 2020, n. 6106
Attività libero-professionale – Iscrizione nella Gestione separata – Accertamento negativo del debito contributivo
Rilevato in fatto
che la Corte d’appello di L’Aquila ha riformato, la pronuncia di primo grado resa dal tribunale che aveva accolto la domanda proposta dall’avvocato P.A. che aveva chiesto dichiararsi illegittima la propria iscrizione nella Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, l. n. 335/1995, con conseguente accertamento negativo del debito contributivo, il cui pagamento era preteso dall’INPS in relazione all’attività libero-professionale svolta senza che lo stesso professionista, pur iscritto all’Albo Forense, fosse iscritto alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense;
che a fondamento della decisione la Corte d’appello ha dichiarato che sussistesse l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata del professionista iscritto all’Albo che versava alla Cassa forense il contributo integrativo; che la pretesa dell’INPS da ritenersi limitata alla contribuzione per il 2009 non fosse prescritta e che fossero dovute le sanzioni ai sensi dell’art. 116, comma 15 lett. a) l. 388/2000; che avverso tale pronuncia P.A. ha proposto ricorso per cassazione deducendo due motivi di censura, illustrate da memoria; che l’INPS ha resistito con controricorso;
che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Considerato in diritto
che con il primo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2 comma 26 della l. n. 335/1995, in relazione all’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011), per avere la Corte di merito ritenuto che sussistesse l’obbligo di P.A. di iscriversi alla Gestione separata presso l’INPS a carico del professionista avvocato che, pur esercitando la libera professione, non possa iscriversi alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense;
che il primo motivo è infondato in quanto risulta oramai consolidata la giurisprudenza contraria di questa Corte la quale afferma che i professionisti i quali non siano iscritti alla Cassa professionale, rimanendo obbligati verso quest’ultima soltanto al pagamento del contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, sono tenuti comunque ad iscriversi alla Gestione separata presso l’INPS, in quanto la ratio universalistica delle tutele previdenziali cui è ispirato l’art. 2, comma 26, l. n. 335/1995, induce ad attribuire rilevanza, ai fini dell’esclusione dell’obbligo di iscrizione di cui alla norma d’interpretazione autentica contenuta nell’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011), al solo versamento di contributi suscettibili di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale, ciò che invece non può dirsi del c.d. contributo integrativo, in quanto versamento effettuato da tutti gli iscritti agli albi in funzione solidaristica (Cass. n. 30344 del 2017, cui ha dato seguito, a seguito di ordinanza interlocutoria di questa Sesta sezione n. 19124 del 2018, Cass. n. 32166 del 2018);
che con il secondo motivo il ricorso deduce, in via subordinata, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. e dell’art. 43 comma 2 del DPR 600/73 in tema di individuazione del dies a quo della prescrizione. Intervenuta prescrizione del diritto; per avere la Corte d’appello dichiarato, che la presunta pretesa dell’INPS non fosse prescritta pur riguardando contributi per il 2009, da pagare entro il 16.6.2010, la cui richiesta era stata comunicata dall’INPS il 30.6.2015; che il secondo motivo di ricorso relativo alla prescrizione del credito contributivo risulta fondato;
che infatti la Corte d’appello ha affermato erroneamente che il dies a quo della prescrizione quinquennale dei contributi previdenziali dovuti alla gestione separata andasse individuato dalla scadenza del termine previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi e che l’accertamento potesse essere notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello a cui la dichiarazione stessa avrebbe dovuto essere presentata (art. 43, 2 comma DPR 600/1973); laddove invece la giurisprudenza di legittimità sullo specifico tema del dies a quo del termine di prescrizione ha reiteratamente affermato, anzitutto,che il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito ex art. 1, comma 4 della l. n. 233/1990, quand’anche l’efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento; ed in secondo luogo che il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi dell’art. 3 della l. n. 335 del 1995, deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento (sentenza n. 13463 del 29/05/2017).
Pertanto il diritto dell’INPS a richiedere i contributi in questione sorge al momento della scadenza del termine stabilito per il loro pagamento ed è quindi infondata la tesi accolta dalla sentenza secondo cui il diritto ai contributi sul reddito sarebbe sorto soltanto dal giorno successivo alla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del lavoratore o comunque dal 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione stessa avrebbe dovuto essere presentata.
Tanto di recente è stato ribadito da questa Corte (sentenza n. 27950 del 31/10/2018 ed altre successive) proprio con riferimento alla prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata essendosi precisato che essa decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo.
Pertanto non essendosi la sentenza impugnata conformata all’anzidetto principio di diritto, la stessa deve essere cassata in relazione al secondo motivo di ricorso; con rinvio della causa alla Corte d’appello indicata in dispositivo che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità;
le spese seguono la soccombenza come in dispositivo che, in considerazione dell’esito del giudizio, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso;
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Campobasso anche per la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
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