CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 marzo 2020, n. 6107
Avvocato – Iscrizione nella Gestione separata – Illegittima – Iscritto all’Albo Forense – Versamento alla Cassa forense del contributo integrativo – Accertamento negativo del debito contributivo
Rilevato in fatto
che la Corte d’appello di Palermo con sentenza n. 626/2018 ha confermato, la pronuncia di primo grado resa dal tribunale che aveva accolto la domanda dell’avvocato V.G. che aveva chiesto dichiararsi illegittima la propria iscrizione nella Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, L. n. 335/1995 con conseguente accertamento negativo del debito contributivo, il cui pagamento era preteso dall’INPS in relazione all’attività libero-professionale svolta senza che lo stesso professionista, pur iscritto all’Albo Forense, fosse iscritto alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense;
che la Corte d’appello ha dichiarato, che non sussistesse l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata del professionista iscritto all’Albo e che versava alla Cassa forense il contributo integrativo; ed in ogni caso che, in accoglimento della domanda subordinata, la presunta pretesa dell’INPS fosse prescritta;
che avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione deducendo tre motivi di censura;
che G.V. ha resistito con controricorso;
che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Considerato in diritto
che, con il primo motivo di censura, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 26-31, L. n. 335/1995, e dell’art. 18, comma 1 e 2, d.l. n. 98/2011 (conv. con L. n. 111/2011), dell’art. 53 d.P.R. 917/1986 modificato dal d.lgs. 344/2003, degli art.10, 11 e 22, L. 576/1980, dell’art. 21, comma 10 L.247/2012 per avere la Corte di merito ritenuto che non sussista alcun obbligo di iscriversi alla Gestione separata presso l’INPS a carico del professionista avvocato che, pur esercitando la libera professione, non possa iscriversi alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense;
che il primo motivo è fondato in quanto risulta oramai consolidata la giurisprudenza contraria di questa Corte la quale afferma che i professionisti i quali non siano iscritti alla Cassa professionale, rimanendo obbligati verso quest’ultima soltanto al pagamento del contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, sono tenuti comunque ad iscriversi alla Gestione separata presso l’INPS, in quanto la ratio universalistica delle tutele previdenziali cui è ispirato l’art. 2, comma 26, L. n. 335/1995, induce ad attribuire rilevanza, ai fini dell’esclusione dell’obbligo di iscrizione di cui alla norma d’interpretazione autentica contenuta nell’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011 (conv. con L. n. 111/2011), al solo versamento di contributi suscettibili di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale, ciò che invece non può dirsi del c.d. contributo integrativo, in quanto versamento effettuato da tutti gli iscritti agli albi in funzione solidaristica (Cass. n. 30344 del 2017, cui ha dato seguito, a seguito di ordinanza interlocutoria di questa Sesta sezione n. 19124 del 2018, Cass. n. 32166 del 2018);
che con il secondo motivo l’INPS deduce violazione e falsa applicazione dell’art.112 c.p.c. perché la Corte d’appello aveva dichiarato la prescrizione del credito nonostante in primo grado il tribunale di termini Imerese avesse rigettato l’eccezione di prescrizione sollevata dall’opponente il quale in appello non aveva presentato alcuna domanda subordinata, non aveva confutato l’eccezione di prescrizione rigettata dal giudice, né tantomeno aveva proposto ricorso in via incidentale in punto di prescrizione rigettata;
che il secondo motivo è infondato perché, per orientamento consolidato, la prescrizione dei contributi opera ex officio e può quindi essere rilevata in ogni stato e grado dal giudice senza che perciò possa porsi un problema di violazione del principio stabilito dall’art. 112 c.p.c.;
che con il terzo motivo l’INPS deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in via subordinata, per violazione del giudicato interno;
che il motivo è fondato perché il potere del giudice di rilevare d’ufficio la prescrizione dei contributi previdenziali va esercitato nei limiti dello sviluppo della concreta vicenda processuale e quindi senza violare il giudicato interno che si sia formato sulla questione. Vale in proposito l’arresto formulato dalle Sez. Un. con sentenza n. 11799 del 12/05/2017 secondo cui: “In tema di impugnazioni, qualora un’ eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345, comma 2, c.p.c. (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell’art. 329, comma 2, c.p.c.), ne è sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure, chiarendosi, altresì, che, in tal caso, la mancanza di detta riproposizione rende irrilevante in appello l’eccezione, se il potere di sua rilevazione è riservato solo alla parte, mentre, se competa anche al giudice, non ne impedisce a quest’ultimo l’esercizio ex art. 345, comma 2, c.p.c.” che, pertanto in virtù delle considerazioni espresse il ricorso va accolto nei limiti sopraindicati, la sentenza deve essere cassata con rinvio della causa al giudice indicato in dispositivo che provvederà sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità;
che, in considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso;
P.Q.M.
accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso; rigetta il secondo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Palermo in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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