CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 marzo 2020, n. 6117
Tributi – Sanzioni amministrative – Cartella esattoriale non impugnata – Prescrizione del credito – Termine quinquennale
Ragioni in fatto ed in diritto della decisione
L’Agenzia delle Entrate – Riscossione, Ente pubblico economico subentrato a E. Servizi di Riscossione S.p.A., già E. Sud S.p.A., ha proposto ricorso, sulla scorta di un solo motivo, per la cassazione della sentenza con cui la Corte d’appello di Catanzaro, confermando la decisione del tribunale di Vibo Valentia, ha ritenuto estinto per intervenuta prescrizione il credito recato da una cartella esattoriale emessa nei confronti del sig. F.R. per sanzioni irrogate a suo carico dall’Ufficio Territoriale per il Governo – Prefettura di Vibo Valentia.
La Corte ha motivato la propria decisione sul rilievo che tra la notifica della cartella esattoriale, avvenuta il 2.12.2005, e l’intimazione di pagamento, comunicata con raccomandata del 16.06.2013, erano trascorsi più di cinque anni; con conseguente prescrizione del credito recato dalla cartella ex art. 28 l. n. 689/1981. In proposito, nell’impugnata sentenza si argomenta che la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione alla cartella di pagamento produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, non anche l’effetto della “conversione” del termine di prescrizione quinquennale ex art. 28 l. n. 689/1981 nel termine decennale ordinario di cui all’art. 2953 c.c.
Con l’unico motivo di ricorso, riferito al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., l’Agenzia delle Entrate – Riscossione deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c., degli artt. 17, 18, 19, 20 d.lgs. 46/1999, degli artt. 19, 49, 77, 86 del D.P.R. 602/1973 e infine dell’art. 28 della l. n. 689/81.
Secondo la ricorrente la formazione del ruolo e della conseguente cartella di pagamento determinerebbe un effetto novativo delle singole obbligazioni originariamente dovute in conseguenza di separate ragioni creditorie, le quali, a seguito della creazione del ruolo, verrebbero inglobate in un unico credito, nell’ambito del quale non sarebbe più possibile scorporare le voci originarie. Allo stesso modo, il rapporto tra l’ente creditore e il soggetto debitore subirebbe una novazione soggettiva, subentrando l’Ente della riscossione quale soggetto avente diritto all’esecuzione del credito.
A partire dalla notifica della cartella, dunque, non dovrebbe più farsi riferimento ai termini prescrizionali previsti per ciascuno dei crediti portati a ruolo, bensì alla prescrizione ordinaria decennale per l’unico credito pecuniario in cui sono confluite le singole voci e, a seguito del consolidamento per mancata opposizione, si verificherebbe una novazione duplice: sul piano soggettivo, perché all’ente creditore si sostituisce l’Agente della Riscossione; sul piano oggettivo, perché quest’ultimo non esercita in via di surroga l’originario diritto di credito dell’ente impositore ma un diritto proprio di agire in executivis. L’intimato, sig. F.R., non ha espletato alcuna attività difensiva.
La causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 13 dicembre 2019, per la quale non sono state depositate memorie.
L’unico motivo del ricorso va disatteso.
La Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 23397/16, hanno affermato che il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.
La difesa dell’Agenzia non ignora tale precedente (seguito, tra la altre, da Cass. 31817/18), ma sostiene che la sua portata è limitata all’affermazione che, in caso di sopravvenuta inoppugnabilità della cartella, non opera la conversione ex art. 2953 c.c. del termine di prescrizione breve, eventualmente previsto, nel termine ordinario decennale. Per contro, secondo la ricorrente, la sopravvenuta inoppugnabilità della cartella determina la trasformazione del termine di prescrizione dei crediti ivi confluiti da quello breve (eventualmente) previsto dalle rispettive discipline di settore in quello ordinario decennale non per effetto della disposizione dettata dall’art. 2953 c.c., bensì per effetto della novazione oggettiva e soggettiva conseguente all’iscrizione dei crediti a ruolo.
Anche tale assunto, peraltro, è stato espressamente disatteso da questa Corte con le sentenze nn. 31352/18 e 11335/19 – dettati) con riferimento ai crediti previdenziali ma espressive di un principio di carattere generale – che hanno chiarito, con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, che il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista per il credito posto in riscossione (nella specie, la prescrizione quinquennale ex art. 28 l. 689/81), invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno dall’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009).
Il ricorso va quindi rigettato per manifesta infondatezza.
Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ex art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/02, se dovuto.
Non vi è luogo a regolazione di spese, in difetto di attività difensiva dell’intimato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.