CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 marzo 2022, n. 7272
Tributi – Definizione agevolata liti pendenti – Art. 6, D.L. n. 119 del 2018 – Efficacia – Estinzione del giudizio
Rilevato che
1. Per quanto risulta dalla sentenza impugnata, con atto pubblico in data 16 luglio 2001 S. J. – congiuntamente al padre F., al fratello V. ed alla sorella D. M. E. J. – cedettero un appezzamento di terreno verso il prezzo pattuito di £ 1.720.000.000, (pari ad € 888.305,87).
L’operazione fu oggetto di distinti avvisi d’accertamento dell’Agenzia delle entrate, in materia di Irpef di cui all’anno d’imposta 2001, assumendo l’Ufficio che il valore di mercato dell’immobile ceduto fosse maggiore, rispetto al corrispettivo pattuito nel relativo atto di compravendita, come risultava dal valore dello stesso bene definito, ai fini dell’imposta di registro, in sede di adesione all’avviso di rettifica.
Pertanto, sulla base di tale maggior valore, l’Amministrazione ha accertato, nei confronti dei cedenti, il conseguimento di un reddito da plusvalenza ulteriore rispetto quello già autonomamente determinato, sulla base del prezzo di vendita, e già assoggettato a tassazione.
Sono stati quindi emessi avvisi di accertamento diretti a ciascuno dei tre fratelli cedenti, per la plusvalenza da ognuno realizzata; oltre che uno nei confronti dei predetti, quali coeeredi del padre F.J., deceduto.
Per quanto qui rileva, nei confronti di S.J., quale cedente l’immobile, è stato emesso l’avviso d’accertamento n. R1P013Z02623, che la contribuente ha impugnato con proprio ricorso dinnanzi la Commissione tributaria provinciale di Milano. La stessa contribuente e la sorella D. M. E. J. hanno altresì impugnato, in qualità di coeredi, l’accertamento che le attingeva rispetto all’imputazione della plusvalenza al padre defunto.
La CTP ha riunito i ricorsi proposti, in proprio e quali coeredi, dalle sorelle S. e D. M. E. e li ha rigettati.
Hanno pertanto proposto appello, innanzi la Commissione tributaria regionale della Lombardia, con separati ricorsi sia S. J. in proprio; sia D. M. J. in proprio; sia entrambe le sorelle, quali coeredi.
L’adita CTR, con la sentenza di cui all’epigrafe, nel contraddittorio con il terzo V.J. ( chiamato in causa e costituitosi, chiedendo l’accoglimento dell’appello della sorella S.J.) ha accolto l’appello di S.J., che aveva assunto il n.r.g. 7623/2011.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza d’appello.
Si è costituita in proprio la contribuente S.J., con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato, affidato ad un motivo.
E’ rimasto intimato V.J..
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3 cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ.; 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; 81, primo comma, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
Rileva infatti l’Ufficio che, a differenza di quanto ritenuto dalla CTR, sarebbe legittimo fondare l’accertamento della maggior plusvalenza non dichiarata, derivante dalla vendita dell’immobile, fondando il relativo accertamento sul maggior valore del bene alienato, quale risultante dal valore ad esso attribuito ai fini dell’imposta di registro sulla relativa compravendita, oggetto a sua volta di avviso di rettifica con adesione.
2. Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3 cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e degli artt. 9 e 10 legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Assume infatti l’Ufficio che, a differenza di quanto ritenuto dalla CTR, doveva applicarsi nel caso di specie la proroga biennale dei termini di decadenza di cui all’art. 10 legge n. 289 del 2002, secondo il quale « Per i contribuenti che non si avvalgono delle disposizioni recate dagli articoli da 7 a 9 della presente legge, in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, i termini di cui all’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e all’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono prorogati di due anni.».
Infatti, secondo l’Ufficio la norma dovrebbe essere interpretata nel senso di estendere la proroga del potere di accertamento anche nei confronti dei contribuenti che non potevano avvalersi del condono di cui al precedente art. 9, che lo escludeva rispetto ai « redditi soggetti a tassazione separata», compreso quindi quello derivante dalla maggior plusvalenza accertata.
3. Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato la contribuente denunzia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5 cod. proc. civ., l’omessa pronuncia sui motivi di appello rimasti assorbiti dalla decisione della CTR, con particolare riferimento alla pretesa erroneità del calcolo del maggior valore dell’immobile posto a fondamento dell’accertamento.
4. Preliminarmente, deve darsi atto che la sentenza impugnata, nella parte espositiva premessa alla motivazione, dà atto della pendenza di altri appelli avverso le parti della sentenza di primo grado che hanno rigettato i ricorsi, riuniti, proposti dagli altri cedenti contro gli ulteriori avvisi d’accertamento, rilevando che essi «sono iscritti a ruolo per l’odierna udienza di discussione presso questa Commissione». Tuttavia, coordinando la parte introduttiva, quella strettamente motiva ed il dispositivo della sentenza d’appello qui impugnata, emerge come essa abbia avuto per oggetto esclusivamente l’appello (n.r.g. 7263/11) proposto dalla sola S.J., che aveva per oggetto l’avviso d’accertamento che attingeva quest’ultima come cedente. Non esorbita da tali petitum e decisum alla chiamata in causa del terzo V.J., il quale ha concluso, secondo la stessa sentenza, per l’accoglimento dell’appello della sorella S..
4.1. Così determinato l’oggetto di questo giudizio, sempre preliminarmente, deve darsi atto che la contribuente S. J. aveva già depositato istanza di sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 6, comma 10, d.l. n. 119 del 2018, convertito nella legge n. 136 del 2018, corredata di copia della domanda (e della ricevuta della sua ricezione) di definizione agevolata dell’avviso d’accertamento n.R1P013Z02623, con la dichiarazione che nulla era dovuto a tale titolo, stante la capienza dei versamenti già effettuati dalla contribuente in pendenza della lite.
Successivamente, la contribuente ha inoltrato istanza di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere, aggiungendo la produzione della richiesta, proveniente dall’Agenzia delle entrate, di integrazione del versamento dovuto, della relativa delega bancaria e del modello F24 di adempimento.
Il Collegio, dando seguito a quanto già ritenuto da questa Corte (Cass. 02/05/2019, n. 11540), prende atto che l’Ufficio non ha depositato memoria in relazione alla trattazione nell’odierna adunanza, nulla ha osservato ed in particolare nulla ha eccepito sulla mancata notificazione, ai sensi dell’art. 372, secondo comma, cod. proc. civ., dei documenti prodotti con la predetta nota, dei quali si deve tenere conto.
Risulta, dunque, integrata la fattispecie di estinzione del giudizio di cui all’art. 6 d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136.
Nulla sulle spese, che restano a carico della parte che le ha anticipate, in applicazione del principio di cui agli artt. 46 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e 6, comma 13, d.l. n. 119 del 2018.
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio.
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