CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 ottobre 2022, n. 28769
Lavoro – Assistente di volo – Contratto di lavoro a tempo determinato – Nullità del termine apposto – Insussistenza delle ragioni di assunzione temporanea
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Roma, con la sentenza impugnata, ha confermato – per quanto qui ancora interessa – la pronuncia di primo grado con la quale il Tribunale, in accoglimento del ricorso proposto da A. M. in servizio come assistente di volo presso l’aeroporto di Fiumicino, aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro del 13 luglio 2006 intercorso con A. Spa e la conseguente instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dal 15 luglio successivo, con ordine alla A. s.p.a. di provvedere alla sua immediata ricostituzione, con le medesime condizioni contrattuali e con condanna della società al pagamento in favore del ricorrente della complessiva somma di € 7.197,47 a titolo di indennità risarcitoria onnicomprensiva, pari a sette mensilità della retribuzione globale di fatto, con accessori e spese;
2. in estrema sintesi, la Corte ha condiviso l’assunto del primo giudice “non avendo la società, indiscutibilmente gravata del relativo onere, provato, così come affermato in sentenza, l’effettiva sussistenza delle effettive ragioni indicate nella causale e il necessario collegamento, da valutare ex ante, con l’assunzione temporanea dell’appellato”; la Corte ha anche rilevato che la sentenza impugnata “non solo esamina criticamente la difesa della società, ma ben chiarisce l’insufficienza e l’inidoneità dei capitoli di prova formulati con argomentazioni affatto inficiate dalle critiche mosse in questa sede”;
3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso A. Spa con due motivi; ha resistito con controricorso il M.;
4. la proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale;
la società ha depositato memoria;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso si denuncia: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, del d.lgs. 368/2001, dell’art. 2697 c.c., dell’art. 421 c.p.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)” in quanto la Corte d’Appello avrebbe errato nella valutazione delle prove documentali depositate dalla Società in ordine alla sussistenza delle ragioni indicate nelle causali apposte al primo contratto a termine ed avrebbe compiuto una valutazione nel merito della correttezza delle scelte imprenditoriali anziché limitarsi ad accertare la sussistenza delle ragioni poste alla base di tali scelte; inoltre la Corte d’Appello avrebbe omesso di attivare il proprio potere-dovere istruttorio per sopperire alla carenza delle prove introdotte dalla società, ammettendo la prova testimoniale richiesta;
2. il motivo non può trovare accoglimento; la sussistenza o meno, in fatto, dei presupposti che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato oltre che del nesso causale tra la clausola contenuta nel contratto e la prestazione lavorativa costituiscono accertamenti di fatto di competenza del giudice di merito, che non possono essere sindacati a questa Corte con censure, che sebbene prospettate come violazione di legge, nella sostanza invocano una diversa valutazione della vicenda storica, anche con diffuso riferimento ai materiali probatori non suscettibili di riesame in questa sede di legittimità (su motivo formulato con analoghe modalità in vicenda simile v. Cass. n. 18478, n. 18479 e n. 18483 del 2022);
ancora di recente le Sezioni unite hanno ribadito l’inammissibilità di censure che “sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata l’azione”, così travalicando “dal modello legale di denuncia di un vizio riconducibile all’art. 360 cod. proc. civ., perché pone a suo presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti” (cfr. Cass. SS.UU. n. 34476 del 2019; conf. Cass. SS.UU. n. 33373 del 2019; Cass. SS.UU. n. 25950 del 2020);
inoltre, la sentenza impugnata è conforme a precedenti di questa Corte pronunciati in analoghe controversie (Cass. n. 4688 del 2019; conf. Cass. n. 4689, 10714 e 10714 del 2019), ai quali si rinvia per ogni ulteriore aspetto a mente dell’art. 118 disp. att. c.p.c.;
3. il secondo motivo denuncia l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., in quanto la Corte di Appello avrebbe omesso di operare con vaglio critico la giusta analisi dell’intero corredo probatorio della società necessario ai fini della valutazione dell’effettiva sussistenza della causale sottesa alla stipula del primo contratto a termine; la censura è inammissibile in presenza di una c.d. «doppia conforme», ex art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c. (cfr. Cass. n. 23021 del 2014; Cass. n. 30646 del 2019) senza che il ricorrente per cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo – abbia, nel corpo del motivo medesimo, indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse siano tra loro diverse (cfr. Cass. n. 26774 del 2016, conf. Cass. n. 20944 del 2019);
4. conclusivamente il ricorso è inammissibile nel suo complesso; le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo; occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, l. n. 228 del 2012 (Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 3.000,00, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese forfettario al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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