CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 ottobre 2022, n. 28824
Rapporto di lavoro – Cessione del contratto – Nullità – Risarcimento del danno
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Torino, in accoglimento dell’appello di T. Italia S.p.A., ha riformato le sentenze (non definitiva e definitiva) del Tribunale di Torino di condanna della società – dato atto della prosecuzione del rapporto di lavoro nel periodo successivo all’1/8/2011 a seguito di declaratoria giudiziale di nullità della cessione del contratto di lavoro a T. Logistics, poi divenuta C. Logistics – al risarcimento del danno (quantificato mediante CTU contabile) pari al trattamento economico che l’originario ricorrente N. L. V. avrebbe dovuto percepire nel periodo 15/7/2011 – 31/12/2014 come dipendente T. Italia, detratto l’incentivo all’esodo percepito da C. Logistics in occasione di accordo di risoluzione del rapporto appunto in data 15/7/2011, seguito da percezione di pensione di anzianità con decorrenza 1/8/2011;
2. il giudice di appello ha motivato il rigetto della pretesa del lavoratore con il fatto che questi aveva stipulato con la “cessionaria” un accordo transattivo in base al quale aveva accettato l’erogazione di un incentivo all’esodo, avendo raggiunto i requisiti pensionistici, richiamando, a conforto della soluzione adottata, la sentenza di questa Corte n. 6755/2015;
3. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, N. L. V. cui ha resistito con controricorso TIM – T. Italia s.p.a.;
4. il P.G. ha depositato conclusioni scritte per l’accoglimento del ricorso;
Considerato che
1. con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione della nullità di cessione del contratto di lavoro e dell’art. 1423 c.c. (inammissibilità della convalida del contratto nullo): si assume che le vicende risolutive con la cessionaria sono inidonee ad incidere sul rapporto giuridico in essere con la cedente, la quale ha violato l’obbligo di riassumere il lavoratore, e che l’accordo con la seconda società deve considerarsi res inter alios acta;
2. con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 22, comma 1, lett. c), l. n. 153/1969 e 10, comma 6, d. lgs. n. 503/1992, avendo egli, al momento delle dimissioni da – e transazione con – C., espressamente non rinunciato agli effetti delle sentenze e delle cause relative alla continuità del rapporto di lavoro con T. Italia e riguardando l’incompatibilità tra la pensione di anzianità e l’esistenza di un rapporto lavorativo i rapporti tra il lavoratore e l’ente erogatore della pensione, con diritto di quest’ultimo di ripetere dal lavoratore quanto indebitamente erogato;
3. con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., stante il passaggio in giudicato della sentenza n. 3513/2009 del Tribunale di Torino; si assume che l’inesistenza del rapporto di lavoro con T. per le dimissioni volontarie del lavoratore avrebbe dovuto essere dedotta dalla T. nel giudizio di cassazione relativo a quel giudizio, definito con Cass. n. 22742/2013;
4. i motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono fondati per quanto di ragione, in continuità con l’orientamento consolidatosi a partire da Cass. S.U. n. 2990/2018, confermato, tra le altre, da Cass. n. 21161/2019, n. 23352/2020, n. 3403/2021, n. 22428/2021, n. 35982/2021, n. 39948/2021, n. 12750/2022;
5. come questa Corte ha avuto modo di precisare, soltanto un legittimo trasferimento d’azienda comporta la continuità di un rapporto di lavoro che resti unico ed immutato, nei suoi elementi oggettivi; tale circostanza ricorre esclusivamente quando sussistono i presupposti di cui all’art. 2112 cod. civ. che, in deroga all’art. 1406 cod. civ., consente la sostituzione del contraente senza consenso del ceduto; da ciò consegue che l’unicità del rapporto viene meno qualora, come nel caso di specie, il trasferimento sia stato dichiarato invalido; l’unicità del rapporto invocata da parte ricorrente presuppone, insomma, che la vicenda traslativa abbia avuto luogo in conformità col modello legale di cui all’art. 2112 cod. civ.; al contrario, ove venga accertata l’invalidità della cessione, il rapporto con il destinatario della stessa non può che considerarsi instaurato in via di mero fatto con l’esito che le vicende risolutive dell’ultimo rapporto sono inidonee ad incidere sul rapporto giuridico tuttora esistente con il cedente; nel caso di mancato perfezionamento della cessione (per mancanza dei requisiti richiesti dall’art. 2112 c.c.) e di inconfigurabilità di una cessione negoziale (per mancanza dell’elemento costitutivo del consenso della parte ceduta), il trasferimento non si compie e il rapporto di lavoro resta nella titolarità dell’originario cedente (cfr. Cass. n. 17784/2019, Cass. n. 5998/2019; in senso conforme, tra le altre, Cass. n. 13485/2014, Cass. n. 17736/2016, Cass. n. 2281/2018, che hanno pure ribadito il consolidato orientamento circa l’interesse ad agire del lavoratore ceduto nonostante la prestazione di lavoro resa in favore del cessionario); la sopravvivenza de jure del rapporto di lavoro con la società cedente, rende, pertanto, tale rapporto insensibile alle vicende – anche estintive – del distinto rapporto di lavoro instaurato di fatto col cessionario; l’orientamento appena richiamato è assolutamente prevalente e tale da far ritenere superate le diverse statuizioni di cui alle sentenze di questa Corte n. 6755 e n. 9803 del 2015 invocate dalla società ricorrente;
6. in sostanza, in caso di cessione di ramo d’azienda, ove su domanda del lavoratore ceduto venga giudizialmente accertato che non ricorrono i presupposti di cui all’art. 2112 c.c., le retribuzioni in seguito corrisposte dal destinatario della cessione, che abbia utilizzato la prestazione del lavoratore successivamente alla messa a disposizione di questi delle energie lavorative in favore dell’alienante, non producono un effetto estintivo, in tutto o in parte, dell’obbligazione retributiva gravante sul cedente che rifiuti, senza giustificazione, la controprestazione lavorativa (Cass. n. 29092/2019); il rapporto col cessionario è instaurato in via di mero fatto, tanto che le vicende risolutive dello stesso non sono idonee ad incidere sul rapporto giuridico ancora in essere con il cedente, sebbene quiescente per l’illegittima cessione fino alla declaratoria giudiziale;
7. quanto, in particolare, alla risoluzione consensuale del rapporto con la cessionaria deve considerarsi che la transazione col terzo cessionario è res inter alios acta e dunque non può condividersi l’argomentazione secondo cui, avendo dato le dimissioni dalla cessionaria, il lavoratore avrebbe fatto cessare quello stesso ed unico rapporto lavorativo che prima aveva con T. Italia, che quindi non potrebbe più rivivere, assunto viziato dal supporre l’esistenza fra cedente, cessionario e lavoratori ceduti ex art. 2112 c.c. di un inscindibile rapporto plurisoggettivo che invece deve escludersi;
8. né il conseguimento della pensione di anzianità integra una causa di impossibilità della reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato, atteso che la disciplina legale dell’ incompatibilità (totale o parziale) tra trattamento pensionistico e percezione di un reddito da lavoro dipendente si colloca sul diverso piano del rapporto previdenziale (determinando la sospensione dell’erogazione della prestazione pensionistica o il diritto dell’ente previdenziale alla ripetizione delle somme erogate), ma non comporta l’invalidità del rapporto di lavoro; invero, il diritto a pensione discende dai verificarsi dei requisiti di età e di contribuzione stabiliti dalla legge e non si pone di per sé come causa di risoluzione del rapporto di lavoro, sicché le utilità economiche, che il lavoratore illegittimamente licenziato ne ritrae, dipendono da fatti giuridici estranei al potere di recesso del datore di lavoro, non sono in alcun modo causalmente ricollegabili al licenziamento illegittimamente subito e si sottraggono per tale ragione all’operatività della regola della compensatio lucri cum damno (in termini Cass. n. 8949/2020 e giurisprudenza ivi richiamata);
9. si impone pertanto l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso e la cassazione della decisione con rinvio ad altro giudice di secondo grado per il riesame della vicenda alla luce dei principi richiamati;
10. al giudice del rinvio, che si individua nella Corte d’Appello di Torino in diversa composizione, è demandato altresì il regolamento delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Torino in diversa composizione.