CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 agosto 2021, n. 22372
Rapporto di lavoro – Conversione del recesso da licenziamento per giusta causa a licenziamento per giustificato motivo soggettivo – CCNL – Recidiva
Rilevato che
– con sentenza in data 24 luglio 2018, la Corte d’Appello di Torino, in parziale accoglimento dell’appello proposto da P.A., ha condannato la V.A.I. s.r.l. al pagamento, in favore dell’appellante, di euro 2.457,60 oltre accessori dal 7/10/2014 al saldo, condannando, altresì, l’appellata a rimborsare all’appellante le spese di entrambi i gradi di giudizio;
– in particolare, il giudice di secondo grado, ha ritenuto fondato il motivo di appello inerente alla conversione del recesso da licenziamento per giusta causa a licenziamento per giustificato motivo soggettivo in applicazione dell’art. 10 lett. H del CCNL, che sanziona la fattispecie della recidiva, ascritta all’appellante, con il licenziamento con preavviso;
– per la cassazione della sentenza propone ricorso, assistito da memoria, la V.A.I. s.r.l, affidandolo a tre motivi;
– resiste, con controricorso, P.A..
Considerato che
– con il primo motivo di ricorso, si censura la decisione impugnata ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 3 cod. proc. civ. per violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. quanto alla condanna alle spese in appello;
– con il secondo motivo si denunzia la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. sotto il profilo della violazione dell ‘obbligo di motivazione della condanna alle spese della parte non integralmente soccombente;
– con il terzo motivo si allega ancora la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., deducendosi la violazione del divieto di condanna della parte vittoriosa alla rifusione delle spese processuali del giudizio di appello;
– i tre motivi, da esaminarsi congiuntamente per l’intima connessione, sono infondati e, pertanto, non possono essere accolti;
– come affermato, fra le altre da Cass. n. 27606 del 29/10/2019, in tema di impugnazioni, il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite, laddove, in caso di conferma della decisione impugnata, la pronunzia sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della decisione abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione;
– questa Corte ha, poi, chiarito che in ipotesi di liquidazione delle spese processuali successiva al d.m. n. 55 del 2014, non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica “standard” del valore della prestazione professionale, va rilevato che, come ribadito di recente in sede di legittimità (cfr., sul punto, Cass. n. 18128 del 31/08/2020), in materia di spese giudiziali, il sindacato di legittimità trova ingresso nella sola ipotesi in cui il giudice di merito abbia violato il principio della soccombenza ponendo le spese a carico della parte risultata totalmente vittoriosa;
– nel caso di specie, come risulta evidente dal contenuto della sentenza non può certo ritenersi che la Corte territoriale abbia addossato le spese alla parte completamente vittoriosa, atteso che, piuttosto, nell’accogliere il terzo motivo di ricorso, essa ha riformato la decisione di primo grado che aveva respinto sia la domanda principale che la riconvenzionale proposta e, per tale via, ha modificato la soccombenza;
– l’accoglimento, con lo statuire circa l’obbligo di preavviso che grava sul datore di lavoro ai sensi dell’art. 10 del CCNL in caso di recidiva, ha poi condotto la Corte a modificare il regime delle spese processuali delle quali ha gravato la parte soccombente nel rispetto della normativa legale;
– alla luce delle suesposte argomentazioni, quindi, il ricorso va respinto;
– le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
– sussistono i presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dell’ articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
Respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione, in favore della parte controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2.000,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 – bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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