CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 aprile 2018, n. 8432
Imposte dirette – IRPEF – Istanza di rimborso – Condono – Agevolazioni tributarie – Soggetti colpiti dal sisma
Fatti e ragioni della decisione
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro B.S., che resiste con controricorso, avverso la sentenza della CTR della Sicilia con la quale, confermando la sentenza di primo grado, è stato accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso il provvedimento di silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione sull’istanza di rimborso del 90% dell’IRPEF, corrisposta per gli anni 1990, 1991, 1992, istanza presentata in adesione alla disposizione sul condono prevista dall’art. 9, comma 17, della legge n. 289/2002, in data 24.12.2007.
La causa può essere decisa con motivazione semplificata.
La ricorrente prospetta, con il primo motivo, la violazione degli artt. 111 c.6 Cost. 132 c.2 n.4 c.p.c., 118 disp.att. c.p.c., 1 c.2, 36 c.2 nn.2 e 4, 53 e 54 d.lgs.n.546/1992. Si deduce, in particolare, che la CTR avrebbe emesso una sentenza con motivazione inesistente, apparente o comunque nulla non esponendo le ragioni che avevano giustificato l’accoglimento dell’istanza di rimborso dell’IRPEF in favore del sostituito d’imposta.
La censura è infondata, avendo la CTR motivato le ragioni del rigetto dell’impugnazione proposta dall’Ufficio richiamando la giurisprudenza di questa Corte che aveva riconosciuto il diritto al rimborso ai soggetti interessati dal sisma del 1990 che avevano corrisposto il tributo IRPEF dagli stessi dovuto nel rispetto del termine di decadenza come ribadito dalla I. n. 190/2014.
Il secondo motivo, con il quale si prospetta la violazione dell’art. 9 c.17 I. n. 289/2002, 1 c. 665 L.n. 190/2014, 112 c.p.c. e 2697 c.c., è infondato.
La censura intende riproporre all’attenzione di questa Corte la questione relativa alla legittimazione-titolarità attiva del sostituito a pretendere il rimborso di quanto versato dal sostituto datore di lavoro in dipendenza dell’art. 9 c.17 L. n. 289/2002.
Orbene, questa Corte, esaminando specificamente la tematica prospettata dall’Agenzia volta a sostenere che il sostituto d’imposta non sarebbe legittimato e richiedere il rimborso delle imposte versate per il triennio 1990/1992 alla stregua dell’art. 9 c.17 I. cit. e dell’art. 1 c.665 I. n. 190/2014 ha di recente ribadito che “in tema di agevolazioni tributarie, il rimborso d’imposta di cui all’art. 1, comma 665, della I. n. 190 del 2014, a favore dei soggetti colpiti dal sisma siciliano del 13 e 16 dicembre 1990, può essere richiesto sia dal soggetto che ha effettuato il versamento (cd. sostituto d’imposta) sia dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (cd. “sostituito”) nella sua qualità di lavoratore dipendente.” (Cass. nn. 14406/2016, 18905/2016, Cass. n. 15027/2017, Cass. n. 17472/2017).
Va poi aggiunto che la legittimazione del sostituito d’imposta ha trovato conferma nell’art. 16- octies d.l. 91/2017, conv. l. 123/2017, che ha testualmente incluso nel perimetro di godimento del beneficio ex art. 1, comma 665, I. 190/2014 «i titolari di redditi di lavoro dipendente nonché i titolari di redditi equiparati e assimilati a quelli di lavoro dipendente in relazione alle ritenute subite»; il limite introdotto dalla norma sopravvenuta laddove autorizza il rimborso fino a concorrenza dell’apposito stanziamento con riduzione del 50% in ipotesi di eccedenza delle richieste non incide sul titolo della ripetizione, ma unicamente sull’esecuzione dello stesso, delineandosi come un posterius rispetto all’odierno giudizio.
La sentenza impugnata, pertanto, non ha errato nel riconoscere il rimborso al sostituito d’imposta interessato dal sisma del 13.12.1990 che ne aveva fatto specifica richiesta.
Quanto alla questione relativa all’onere della prova del versamento delle imposte da parte del sostituto che l’Agenzia ha pure contestato nella censura anzidetta, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata, è appena il caso di evidenziare che rispetto a tale questione la CTR non risulta avere espresso alcun avviso e che l’Agenzia avrebbe semmai dovuto prospettare il vizio di omessa pronunzia su specifico motivo di appello non preso in esame dal giudice di merito.
Censura che non risulta proposta dall’Ufficio nel ricorso per cassazione in cui si prospetta unicamente la violazione del principio in tema di onere della prova.
Con il terzo motivo l’Agenzia prospetta la violazione dell’art. 9 c. 17 l. n. 289/2002 e dell’art. 21 c.2 d.lgs. n. 546/1992, nonchè dell’art. 1 c. 665/2014, degli artt. 12 e 14 delle preleggi e dell’art. 112 c.p.c. Il motivo è manifestamente infondato.
La giurisprudenza di questa Corte si è ormai consolidata nel senso che in tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, prevista dall’art. 9, comma diciassettesimo, legge n. 289 del 2002, a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, essa può avvenire con due modalità: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10 per cento del dovuto da effettuarsi entro il 16 marzo 2003; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90 per cento di quanto versato al medesimo titolo. Ciò per effetto dell’intervento normativo citato, cui va riconosciuto il carattere di “ius superveniens” favorevole al contribuente, tale da rendere quanto già versato non dovuto “ex post”– Cass. n. 9577/2012-. Peraltro, la legge n. 190 del 2014, art. 1, comma 665 (Legge di stabilità 2015, vigente dal 1 gennaio 2015), da ultimo ha stabilito: “I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’art. 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, e successive modificazioni. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 …”
Si tratta, all’evidenza, di una disposizione legislativa che ha normativizzato l’orientamento giurisprudenziale sopra ricordato -cfr. Cass. n. 15027/2017-. Alla stregua di tale quadro normativo deve dunque escludersi la tardività dell’istanza di rimborso presentata il 24.12.2007, tenuto conto della decorrenza del termine biennale sopra ricordato.
Il ricorso va quindi rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore della parte controricorrente in euro 1000,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% dei compensi, oltre accessori come per legge.
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