CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 aprile 2019, n. 9665
Licenziamento individuale del dirigente – Nozione di giustificatezza della risoluzione si discosta, sia sul piano soggettivo che oggettivo, da quella di giustificato motivo – Parametri su cui misurare la legittimità del licenziamento – Rapporto fiduciario che lega il dirigente al datore di lavoro e sviluppo delle strategie di impresa che possono rendere nel tempo non pienamente adeguata la posizione del dirigente nella struttura – Esigenze di riorganizzazione aziendale non necessariamente coincidenti con l’impossibilità di continuazione del rapporto o con una situazione di crisi tale da rendere particolarmente onerosa detta continuazione
Rilevato
1. Che la Corte d’appello di Venezia, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato da P. P. s.p.a. al dirigente P. V. ed ha condannato la detta società al pagamento della indennità supplementare prevista dal CCNL Dirigenti Terziario, Distribuzione e Servizi nella misura di dieci mensilità della retribuzione globale di fatto, pari a complessivi € 249.573,01, oltre accessori; ha confermato l’accoglimento della domanda del V. relativa al pagamento della retribuzione del mese di marzo 2013 nella misura d € 19.285,00 oltre ad € 1.428,57 quale differenze sul tfr; ha confermato il rigetto della domanda di pagamento del premio di risultato per l’anno 2012 e di pagamento alle differenze sulla indennità di preavviso in ragione della rideterminazione della retribuzione globale di fatto;
2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso P. P. s.p.a. sulla base di cinque motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso e ricorso incidentale affidato a tre motivi ; P. P. s.p.a. ha depositato controricorso avverso ricorso incidentale ; entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.l.;
Considerato
Sintesi dei motivi di ricorso principale.
1. Che con il primo motivo di ricorso principale P. P. s.p.a. deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 41, comma 2. Cost. degli artt. 3 e 5 Legge n. 604 del 1966, dell’art. 1375 cod. civ. nonché degli artt. 31 e 36 C.C.N.L. Terziario 23.1.2008 come integrato dall’Accordo del 27.9.2011. Censura la decisione di secondo grado per avere escluso la giustificatezza del licenziamento del dirigente sulla base – assume – di un sindacato di merito sulla necessità/opportunità di soppressione della posizione lavorativa del V., sindacato non consentito alla stregua del principio di libertà di iniziativa economica dell’imprenditore tutelata dall’art. 41, comma 2, Cost.; evidenzia, inoltre, che secondo la giurisprudenza di legittimità in tema di licenziamento del dirigente il recesso datoriale, in tanto può ritenersi ingiustificato con conseguente diritto alla relativa indennità supplementare solo qualora si riveli fondato su un motivo pretestuoso, arbitrario o del tutto assente, ispirato unicamente all’intento di liberarsi della persona del dirigente;
2. che con il secondo motivo denunzia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti. Censura la decisione impugnata laddove, nell’escludere la veridicità delle ragioni che avevano sorretto la motivazione del licenziamento, aveva omesso di considerare la effettività della soppressione della posizione lavorativa del V. (responsabile area Marketing) circostanza, peraltro, data per presupposta in altra parte della motivazione;
3. che con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ. nonché degli artt. 31 e 36 c.c.n.I. Dirigenti Terziario 23 gennaio 2008 come integrato dall’Accordo 27.9.2011. Premette che la motivazione della sentenza di secondo grado si fonda sulla discutibilità di un trend economico negativo della società e che da tale assunto il giudice di appello ha tratto la convinzione della non veridicità delle ragioni addotte dal datore di lavoro a giustificazione del recesso e della violazione del criterio di correttezza e buona fede al quale parametrare il licenziamento. Sostiene che tale ricostruzione è frutto della inadeguata considerazione del complessivo contenuto della lettera di licenziamento, della esigenza ivi rappresentata di riduzione dei costi e che, in ogni caso, in base alla giurisprudenza di legittimità la sussistenza delle ragioni giustificative del licenziamento poteva essere riconosciuta ex post pur in assenza di relativa esplicitazione ( Cass. 3175/2013);
4. che con il quarto motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 2697 cod. proc. civ. censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto che il complessivo andamento economico aziendale fosse tendenzialmente migliorativo ed, in questa prospettiva, non giustificata la scelta della società di procedere alla riorganizzazione ed al licenziamento del dirigente V.. Assume che tale ricostruzione è frutto della mancata considerazione di risultanze istruttorie decisive e cioè del fatto che gli esercizi degli anni 2010, 2011 e 2102 si erano chiusi con dati negativi, che la società aveva adottato una serie di misure organizzative per fronteggiare la situazione, che aveva dato avvio a procedure di licenziamento collettivo soppressione di posizioni lavorative;
5. che con il quinto motivo deduce violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost. denunziando che alcuni passaggi motivazionali della sentenza di seconde cure concretavano motivazione apparente o illogica in particolare in punto di non veridicità delle ragioni alla base del recesso datoriale e della violazione della regola di correttezza e buona fede: Sintesi dei motivi di ricorso incidentale.
6. che con il primo motivo di ricorso incidentale P. V. deduce violazione dell’art. 115, comma 1, cod. proc. civ. censurando la sentenza impugnata per avere escluso il diritto al premio di risultato per l’anno 2012; si duole, in particolare, dell’omessa considerazione da parte del giudice di appello del fatto che esso V. aveva espressamente contestato l’esistenza della pretesa policy secondo la quale il premio incentivante spettava solo in favore dei dipendenti rimasti in servizio al momento della relativa erogazione;
7. che con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 132, comma 2, cod. proc. civ. e dell’art 111, comma 6, Cost. per motivazione apparente e/o manifestamente illogica censurando la sentenza impugnata per avere respinto i motivi di impugnazione relativi alle voci retributive richieste sul rilievo che il V. si era limitato a rinviare ai conteggi senza alcuna spiegazione in ordine alle ragioni che giustificavano il credito. Assume, al contrario, che tale circostanza risultava smentita sia dal contenuto dell’atto di appello che conteneva uno specifico paragrafo relativo a tali emolumenti e che occorreva considerare che il gravame sul punto avverso la sentenza di primo grado era inteso a denunziare la omessa statuizione e motivazione da parte del giudice di prime cure;
8. che con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 2121 cod. civ. censurando la sentenza impugnata per avere omesso di considerare, nella determinazione dell’indennità supplementare la maggior mensilità di preavviso dallo stesso richiesta;
9. che i primi due motivi del ricorso principale, esaminati congiuntamente, per evidente connessione, sono infondati ;
9.1. che la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che in ipotesi di licenziamento individuale del dirigente d’azienda al quale, ai sensi dell’art. 10 della Legge 15/07/1966 n. 604, non trova applicazione la disciplina limitativa del potere di licenziamento, di cui alla legge n. 604/1966 cit. e la legge 20/05/1970 n. 300, la nozione dì giustificatezza della risoluzione, si discosta, sia sul piano soggettivo che oggettivo, da quella di giustificato motivo, trovando la sua ragion d’essere, da un lato, nel rapporto fiduciario che lega il dirigente al datore di lavoro in virtù delle mansioni affidate, dall’altro, nello stesso sviluppo delle strategie di impresa che rendano nel tempo non pienamente adeguata la concreta posizione assegnata al dirigente nella articolazione della struttura direttiva dell’azienda. (Cass. 27199 del 26/10/2018); in particolare è stato precisato che le ragioni oggettive concernenti esigenze di riorganizzazione aziendale non debbono necessariamente coincidere con l’impossibilità della continuazione del rapporto o con una situazione di crisi tale da rendere particolarmente onerosa detta continuazione, dato che il principio di correttezza e buona fede, che costituisce il parametro su cui misurare la legittimità del licenziamento, deve essere coordinato con la libertà di iniziativa economica, garantita dall’art. 41 Cost. ( Cass. 02/10/2018 n. 23894; Cass. 20/06/2016 n. 12668; Cass. 08/03/2012 n. 3628; Cass. 22/10/2010 n. 21748; Cass. 26/07/2006 n. 17013). Il giudice del merito deve dunque limitarsi al controllo sull’ effettività delle scelte imprenditoriali poste a base del licenziamento non potendo sindacare il merito di tali scelte, garantite dal precetto costituzionale di cui all’art. 41 Cost.. L’ esigenza, economicamente apprezzabile in termine di risparmio, della soppressione di una figura dirigenziale in attuazione di un riassetto societario integra, pertanto, la nozione di giustificazione del licenziamento del dirigente richiesta delle norme collettive ove non emerga, alla stregua di dati obiettivi, la natura discriminatoria o contraria a buona fede della riorganizzazione (v. Cass. 24/7/2017 n. 18177, Cass. 21/06/2016, n. 12823; Cass. 20/06/2016, n. 12668; Cass. 09/07/2015, n. 14301; Cass. 03/06/2013, n. 13918; Cass. 22/10/2010 n. 21748; Cass. 29/01/1999;
9.2. che il giudice di appello si è attenuto a tali principi dovendosi escludere, per le ragioni che si andranno ad evidenziare, un sindacato nel merito della scelta datoriale in contrasto con la garanzia costituzionale di libertà di iniziativa economica. La Corte di merito, infatti, sulla scorta dei dati tratti dalla relazione peritale che evidenziavano un andamento economico sostanzialmente positivo dell’impresa ha ritenuto non comprensibili le ragioni del dedotto riassetto organizzativo finalizzato ad una più economica gestione della impresa puntualizzando che l’unico riassetto organizzativo realmente emerso (in seguito alla fusione delle due società, n.d.r.) era quello che implicava la presenza del dirigente e non la sua estromissione dall’impresa (v. sentenza, pag. 14 ultimo capoverso); ha evidenziato che non emergeva alcuna relazione tra la soppressione della figura del direttore Marketing e la situazione emergente dal conto economico (v. in particolare, sentenza pag. 16 ultimo capoverso); ha ritenuto che la soppressione della figura di responsabile marketing non appariva giustificata neppure in relazione al dedotto incremento dei costi del personale conseguente alla internalizzazione dei costi dei servizi in quanto tale iniziativa andava letta in un’ottica evidentemente espansiva e non funzionale ad una loro riduzione, come invece emergente dalla lettera di licenziamento (sentenza, pag. 18 penultimo capoverso). Da quanto ora osservato si evince, dunque, che la valutazione di non giustificatezza del licenziamento non è frutto di un sindacato sul merito delle scelte aziendali ma dall’accertamento del difetto di nesso di causalità tra la situazione rappresentata nella lettera di licenziamento e la soppressione del posto di responsabile marketing. Tale accertamento di fatto esclude sia la effettività della riorganizzazione conseguente all’asserito trend negativo dei bilanci della società sia la stessa sussistenza delle complessive ragioni di ordine economico collegate alla soppressione del posto conseguendone la violazione da parte della società datrice di lavoro del criterio di correttezza e buona fede, vale a dire del parametro al quale è ancorata la giustificatezza del recesso datoriale. Né tale accertamento risulta inficiato dalla censura articolata con il secondo motivo che denunzia l’omesso esame del fatto rappresentate dalla effettività della soppressione del posto del V. e della riassegnazione delle sue mansioni posto che tale circostanza risulta essere stata ben presente alla Corte di merito che alla stessa ha fatto ripetutamente riferimento ( v. sentenza, pag. 9, secondo capoverso e pag. 14 ultimo capoverso )e che, come riconosce lo stesso ricorrente, costituisce presupposto la cui sussistenza è data per scontata dalla Corte di merito ( ricorso, pag. 12 primo capoverso);
10. che il terzo motivo di ricorso principale è inammissibile in quanto non articolato con modalità idonee alla valida censura della decisione in punto di interpretazione del contenuto della lettera di recesso datoriale. Come chiarito da questa Corte, infatti, l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione. In questa prospettiva è stato, infatti, puntualizzato che ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato mentre la denuncia del vizio di motivazione dev’essere, invece, effettuata mediante la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza. In ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra ( Cass. 03/09/2010 n. 19044; Cass. 12/07/2007 n. 15604, in motivazione; Cass. 22/02/2007 n. 4178) dovendosi escludere che la semplice contrapposizione dell’ interpretazione proposta dal ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata rilevi ai fini dell’annullamento di quest’ultima (Cass. 06/06/2013 n. 14318; CI 22/11/2010 n. 23635); Parte ricorrente non ha osservato tali prescrizioni in quanto si è limitato alla generica deduzione di violazione delle regole legali di interpretazione della lettera di licenziamento senza specificare in cosa consistesse la illogicità della interpretazione della Corte di merito; in ogni caso, è ulteriormente da evidenziare che la Corte di merito ha dimostrato di tenere ben presente la finalità di riduzione dei costi ( v. sentenza, pag., 18) laddove la ha giudicata in contrasto con la iniziativa evidentemente espansiva della società;
11. che il quarto motivo di ricorso è inammissibile. La questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ. si risolve nel sollecitare una generale rivisitazione del materiale di causa e nel chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione, alla stregua del novellato art. 360, n.5 cod.proc.civ. (applicabile, ratione temporìs, alla fattispecie qui scrutinata), come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte (v.Cass. Sez. Un. n.8053/2013 cit.). E’ ancora da evidenziare che le circostanze delle quali parte ricorrente denunzia, in sintesi, l’omesso esame quali i risultati negativi del bilancio degli anni 2010/2011/2012, altre misure riorganizzative adottate ecc… risultano, comunque, espressamente considerati dalla Corte di merito e ritenuti prive della significatività probatoria pretesa dalla odierna ricorrente;
12. che il quinto motivo di ricorso è infondato. E’ noto che la motivazione meramente apparente – che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante – sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico -giuridico alla base del decisum. E’ stato, in particolare, precisato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. Un. 03/11/2016 n. 22232), oppure allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. 07/04/2017 n. 9105) oppure, ancora, nell’ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. 18/09/2009 n. 20112). Tali carenze, che l’odierna parte ricorrente assume sulla base di considerazioni del tutto generiche ed assertive, non sono riscontrabili nella sentenza in esame della quale sono agevolmente ricostruibili i percorsi argomentativi che hanno condotto alla ricostruzione fattuale e le conseguenze giuridiche che ne sono state tratte; la deduzione di omessa apparente motivazione deve avere, infatti, riguardo al complessivo percorso logico giuridico che sorregge il decisum e non può incentrarsi, come sembra fare parte ricorrente, sulla pretesa incomprensibilità di talune affermazioni ove comunque le ragioni fondanti la statuizione siano, sulla base dell’esame complessivo della decisione, ricostruibili, come avvenuto nel caso di specie;
13. che in relazione al ricorso incidentale è opportuno premettere che, per quel che qui rileva, in primo grado il V. aveva chiesto: a) la condanna della società al pagamento della indennità sostitutiva del preavviso calcolata secondo quanto disposto dall’art. 2121 cod. civ. nonché dei relativi riflessi sul tfr; b) l’accertamento del diritto \x alla retribuzione variabile per l’anno 2012 con i relativi riflessi sul tfr.
La sentenza impugnata, nel confermare la sentenza di primo grado che aveva rigettato tali domande, ha osservato che : a) << a prescindere dai rilievi di parte appellata (relativi alla carenza dei presupposti riguardanti le spettanze per festività non godute, il valore del benefit dato dal godimento dell’immobile utilizzato dal dirigente, oltre che la questione centrale del premio 2012)la parte appellante non svolge alcuna considerazione in relazione alla motivazione del primo giudice: si limita a rinviare ai conteggi senza alcuna spiegazione delle ragioni che giustifichino il credito>>”( sentenza, pag. 19); b) in ordine al premio incentivante la clausola relativa prevedeva l’approvazione da uno speciale organismo composto dagli amministratori delle società del gruppo, della candidatura da parte del dirigente di almeno una risorsa per la posizione ” Middle Managment”. Nessuna deduzione era stata svolta in primo grado sulla esistenza e conoscenza della policy in cui si stabilisce che il premio è erogato solo al dipendente non cessato dal servizio (sulla validità di tale clausola non è stata svolta alcuna deduzione) per cui le deduzioni formulate solo in seconde cure risultavano inammissibilè per violazione del divieto di novum in appello; inoltre, per come pacifico, alla data di cessazione del rapporto nessuna liquidazione del detto premio o pagamento erano stati effettuati e tale rilievo assorbiva ogni ulteriore questione ( v. sentenza pag. 19 e sg.);
14. che, tanto premesso, il primo motivo del ricorso incidentale si rivela inammissibile in quanto parte ricorrente, nel criticare la decisione di appello per avere ritenuto non contestata in prime cure la esistenza e conoscenza della policy da parte del V. non dimostra mediante l’adeguata esposizione della vicenda processuale e la trascrizione degli atti nelle parti di pertinenza, l’errore ascritto al giudice di merito in ordine all’applicazione del principio di non contestazione, come prescritto (Cass. 13/10/2016 n. 20637; Cass. 09/08/2016 n. 16665; Cass. 18/07/2007 n. 15961). A tale scopo non risulta sufficiente la trascrizione delle controdeduzioni a verbale riportata nel ricorso per cassazione occorrendo anche la trascrizione della memoria di costituzione della società dalla quale risultava la puntuale allegazione della circostanza che si assume contestata (v. Cass. 15961/2007 cit. cit., Cass. 16655/2016 cit. ) ;
15. che parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso incidentale. E’ innanzitutto da escludere che la sentenza sul punto di presenti viziata per omessa motivazione o motivazione apparente posto che il giudice di appello indica chiaramente le ragioni del rigetto della censura in sintesi riconducibili al difetto di specificità della stessa essendosi l’appellante limitato a rinviare ai conteggi <<senza alcuna spiegazione circa le ragioni che giustifichino il credito >> (sentenza pag.19 , terzo capoverso). In ordine al denunziato error in procedendo collegato alla asseritamente errata interpretazione del motivo di gravame è da premettere che, secondo recenti approdi della giurisprudenza di legittimità, quando con il ricorso per cassazione, venga dedotto un vizio di attività del giudice di merito il sindacato del giudice di legittimità investe direttamente l’invalidità denunciata, mediante l’accesso diretto agli atti sui quali il ricorso è fondato, indipendentemente dalla sufficienza e logicità della eventuale motivazione esibita al riguardo, posto che, in tali casi, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto (Cass. 13/08/2018 n. 20716; Cass. 21/04/2016 n. 8069; Cass 30/07/2015 n. 16164). E’ stato tuttavia precisato che nei casi in cui la Corte è anche giudice del fatto, potendo accedere direttamente all’ esame degli atti processuali del fascicolo di merito, si prospetta preliminare ad ogni altra questione quella concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’ esame ed all’ interpretazione degli atti processuali (Cass. 20/07/2012 n. 12664). In applicazione di questo principio costituiva pertanto onere della parte ricorrente in appello di trascrivere non solo il contenuto del mezzo di impugnazione ma anche la parte motiva della sentenza di primo grado con riferimento alla statuizione oggetto di censura il cui contenuto costituisce l’imprescindibile termine di riferimento per la verifica in concreto del rispetto del paradigma di cui agli artt. 342 e 343 cod. proc. civ.. Ciò in coerenza con la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, al fine della valida impugnazione di un capo di sentenza, non è sufficiente che nell’atto d’appello sia manifestata una volontà in tal senso, ma è necessario che sia contenuta una parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico (Cass. 15/06/2016 n. 12280; Cass. 22/09/2015 n. 18704; Cass. Sez. Un. 9/11/2011 n. 23299). La mancata trascrizione del contenuto della sentenza di primo grado impedisce, quindi, anche a prescindere dal rilievo della riproduzione solo parziale dell’atto di appello la necessaria verifica di pertinenza e specificità delle censure articolate con il motivo di gravame ed in definitiva della astratta idoneità delle stesse ad incrinare il fondamento logico giuridico delle argomentazioni di prime cure che sorreggono la statuizione sul punto;
16. che il terzo motivo di ricorso è anch’esso inammissibile in quanto non sorretto, in violazione del disposto dell’art. 366 comma 1 n. 3 cod. proc. civ. ,dalla esposizione della vicenda di causa in termini idonei a consentire alla Corte la verifica della fondatezza della censura articolata;
17. che a tutto quanto sopra consegue il rigetto del ricorso principale e e la declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale con compensazione delle spese di lite;
18. che sussistono i presupposti per l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228 nei confronti di entrambe le parti ricorrenti;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 02 ottobre 2018, n. 23894 - La disciplina limitativa del potere di licenziamento di cui alle l. n. 604 del 1966 e l. n. 300 del 1970 non è applicabile, ai sensi dell'art. 10 della prima delle leggi citate, ai dirigenti…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 maggio 2019, n. 12786 - Per la esclusione della giusta causa di licenziamento è frutto della valutazione di non proporzionalità della sanzione espulsiva, trova applicazione l'art. 18 Legge n. 300/1970 cit., come modificato…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 25 novembre 2019, n. 30668 - Nel regime di tutela obbligatoria, in caso di licenziamento inefficace per violazione del requisito di motivazione ex art. 2 comma 2 della legge n. 604 del 1966 trova applicazione l'art. 8 della…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 11 gennaio 2019, n. 523 - Il termine di sessanta giorni previsto a pena di decadenza dall'art. 6 della legge n. 604 del 1966 si applica all'impugnazione di ogni licenziamento per ragioni riconducibili nell'ambito della…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 2117 depositata il 24 gennaio 2023 - Al licenziamento per giustificato motivo oggettivo trova applicazione l'art. 7 della legge n. 604 del 1966, nel testo modificato dalla legge n. 92 del 2012 e ratione temporis vigente, in…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 06 febbraio 2020, n. 2862 - Il combinato disposto degli artt. 4 e 5 dell'Accordo interconfederale del 10 gennaio 2014 (T.U. sulla Rappresentanza, applicabile ratione temporis), deve essere interpretato nel senso che il diritto…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Antiriciclaggio: i nuovi 34 indicatori di anomalia
L’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) con il provvedimento del 12 maggio 202…
- La non vincolatività del precedente deve essere ar
La non vincolatività del precedente deve essere armonizzata con l’esigenza di ga…
- Decreto Lavoro: le principali novità
Il decreto lavoro (decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 “Misure urgenti p…
- Contenuto dei contratti di lavoro dipendenti ed ob
L’articolo 26 del decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 ha introdotti impo…
- Contratto di lavoro a tempo determinato e prestazi
L’articolo 24 del decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 ha modificato la d…