CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 febbraio 2019, n. 3275
Tributi locali – ICI – Immobili – Accertamento – Omessa dichiarazione – Riscossione – Presupposti
Esposizione dei fatti di causa
1. L’Agenzia del Demanio impugnava tre avvisi emessi dal comune di Concordia sul Secchia per omessa dichiarazione Ici per gli anni di imposta 2005-2007, relativamente ad otto immobili, quattro dei quali definiti opere idrauliche, sul presupposto che soggetti passivi di imposta erano la Regione Emilia -Romagna e l’AIPO, quali utilizzatori dei beni ed essendo comunque il demanio esente ai sensi dell’art. 3, comma 2, d.lgs n. 504/92.
La C.T.P. di Modena respingeva il ricorso riducendo al minimo le sanzioni.
La sentenza impugnata dall’ente contribuente, veniva confermata dalla CTR dell’Emilia Romagna, sul presupposto che, alla luce dell’art. 3 d.lgs 504/92, soggetti passivi di imposta sono il proprietario ovvero il titolare di diritti reali di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie degli immobili.
L’Agenzia del demanio ricorre per la cassazione della sentenza della CTR Campania n. 500/10/2014 svolgendo due motivi.
L’amministrazione comunale resiste con controricorso e deposita memorie ex art. 380 bis c.p.c.
Esposizione delle ragioni di diritto
2. Col primo motivo, si denuncia violazione degli artt. 1 c. 2 e 3 d.lgs n. 504/92 ex artt. 360 n. 3 c.p.c., per avere i giudici territoriali ritenuto che non fosse riconducibile tra i soggetti passivi di imposta l’utilizzatore del bene, quando, al contrario, l’art. 1 del d.lgs citato dispone che il presupposto dell’imposta comunale sugli immobili è il possesso dei fabbricati sui territori dello stato, argomentando che il successivo comma 3 aggiunge – tra i soggetti passivi di imposta – il proprietario ed il titolare dei diritti reali ovvero il concessionario delle aree demaniali.
3.Con la seconda censura si lamenta violazione dell’art. 7 comma 1 d.lgs n. 504/92 ex art. 360 n. 3 c.p.c., per avere i giudici territoriali escluso il demanio dall’elenco tassativo dei soggetti esenti.
Deduceva al proposito di avere diritto all’esenzione trattandosi di beni appartenenti al Demanio dello Stato.
5. La prima censura è priva di pregio. Per quanto qui di interesse, è soggetto passivo ICI ex art. 3, comma 1, d. lgs. n. 504 del 1992 “il proprietario di immobili di cui al comma 2 dell’articolo 1, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie, sugli stessi, anche se non residenti nel territorio dello Stato o se non hanno ivi la sede legale o amministrativa o non vi esercitano l’attività”. Ne consegue che ove il proprietario del bene ne abbia concesso il godimento ad un terzo, soggetto passivo del tributo resta il concedente, ai sensi dell’art. 3 del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, non potendosi ravvisare in tale rapporto una cessione di usufrutto o una concessione, come erroneamente asserito dal ricorrente.
6. La seconda censura è parimente infondata. In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per gli immobili posseduti dallo Stato e dagli enti pubblici ivi indicati, spetta soltanto se l’immobile è adibito ad un compito istituzionale riferibile, in via diretta ed immediata, allo stesso ente che lo possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale (e che sarebbe perciò soggetto passivo dell’imposta ai sensi dell’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1992) e non a compiti istituzionali di soggetti pubblici diversi, cui pure l’ente proprietario abbia in ipotesi l’obbligo, per disposizione di legge, di mettere a disposizione l’immobile, restando però del tutto estraneo alle funzioni ivi svolte (Cass. n.8496/2010; n. 10483 del 2016).
Rileva, in proposito, il principio costantemente affermato in sede di legittimità per cui – in materia di ICI – l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, norma agevolatrice e, dunque, di stretta interpretazione, non opera in caso di utilizzo indiretto dell’immobile da parte dell’ente proprietario; ancorchè per finalità di pubblico interesse e senza fine di lucro (Cass. nn. 16797/2017; 14912/16; 12495/14; 7385/12 ed altre).
Secondo questa Corte (Cass. 20776/05; 5485/08; 6711/15; 14226/15 ed altre) l’esenzione dall’imposta, prevista dall’art. 7, comma primo, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, è subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività istituzionali ai fini dell’esenzione, e di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte dello Stato, di enti territoriali o enti pubblici.
Sotto il primo profilo, si è stabilito (Cass. 20776/05, cit.) che il requisito oggettivo”non può essere desunto esclusivamente sulla base di documenti che attestino “a priori” il tipo di attività cui l’immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività sia svolta per compiti istituzionali; ne consegue che “il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, rientra tra quelle esenti “ (Cass. 14226/15; Cass. sez. 6-5, ord. 27 settembre 2016, n. 19039 ed altre pronunce coeve; Cass. sez. 5, 2 aprile 2015, n. 6711; Cass. sez. 5, 13 marzo 2015, n.5062).
Ne consegue che l’Agenzia del demanio non può invocare l’esenzione per il solo fatto dell’assunzione di posizioni soggettive di competenza statale o regionale e dello svolgimento di attività di natura non commerciale, dovendo invece provare di essere un’istituzione organicamente inserita nell’apparato amministrativo statale o regionale, ancorché dotata di personalità giuridica propria (Cass.n. 8496/2010, 14912/2016).
Al contrario, la ricorrente risulta avere la natura di ente pubblico economico del Ministero dell’economia e delle finanze, dotato di autonomia economica e gestionale, che in quanto tale non rientra tra i soggetti di cui all’art. 7, comma 1, lett. a, d. lgs. 504/92.
Per il principio della soccombenza, le spese del presente giudizio vanno poste a carico della ricorrente.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso;
– Condanna l’agenzia del Demanio alla refusione delle spese di lite del presente giudizio che liquida in euro 1.700,00, oltre rimborso forfettario e accessori come per legge.
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