CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 febbraio 2019, n. 3376
Infortunio in itinere – “Normale” percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro – Rischio elettivo – Interruzione del nesso di causalità tra il lavoro e l’evento subito
Rilevato
che con sentenza in data 3-18 ottobre 2016 numero 2319 la Corte d’Appello di Bari riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva accolto la domanda proposta da A.B., dipendente dell’INAIL, nei confronti del datore di lavoro per il pagamento delle prestazioni derivanti dall’infortunio in itinere subito in data 1 giugno 2005 mentre raggiugeva con la propria autovettura, partendo dalla abitazione in Cuceglio Canavese (TO), il luogo di lavoro in Cirié (TO); per l’effetto rigettava la domanda;
che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che ai sensi dell’ articolo 12 decreto legislativo numero 38/2000 era indennizzabile l’infortunio occorso durante il «normale» percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate.
Per normale percorso si intendeva quello più breve e diretto nonché delimitato entro un ragionevole arco temporale.
Dalla consulenza d’ufficio espletata nel grado di appello risultava che il percorso seguito dal B. non trovava ragionevole spiegazione sotto due distinti aspetti.
In primo luogo, esso non era il più breve; dalla comparazione tra il tragitto seguito e quello indicato dall’INAIL risultava che quest’ultimo avrebbe comportato un risparmio in termini di tempo pari a 12 minuti e di distanza tra l’abitazione e la sede lavorativa di 11 chilometri.
Il rischio di tornanti – (che interessava un tratto di due soli chilometri del percorso più breve ed, alla stregua della documentazione fotografica, non risultava particolarmente allarmante) – non era tale da giustificare il diverso tragitto percorso, in assenza di indicazioni più specifiche (ad esempio, circa il tasso di incidenti in quel tratto o la natura della strada).
In secondo luogo era emerso che il B. in occasione del sinistro pur trovandosi sulla strada statale 460 in direzione di Ciriè aveva effettuato irragionevolmente una deviazione all’altezza dello svincolo per L., immettendosi sulla strada provinciale 267 in direzione di tale Comune. Ivi giunto, aveva poi proseguito lungo il Viale E., fino a raggiungere la rotonda dove era avvenuto l’incidente.
La deviazione non era dipesa da una causa di forza maggiore, da esigenze improrogabili o dall’attuazione dì una direttiva del datore di lavoro.
Vi era, dunque, un’ipotesi di rischio elettivo, causato dal lavoratore per scelte personali tali da interrompere il nesso di causalità tra il lavoro e l’evento subito.
che avverso la sentenza ha proposto ricorso A.B., articolato in un unico motivo, cui ha opposto difese l’INAIL con controricorso;
che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti – unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’articolo 380 bis codice di procedura civile
Considerato
che con l’unico motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’articolo 360 numero 5 codice di procedura civile – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo. Ha assunto che il ragionamento della Corte territoriale – secondo cui il percorso più breve e diretto era quello indicato dall’INAIL – era fuorviante ed illogico. La scelta del percorso non era stata arbitraria ed ingiustificata: egli aveva preferito una strada più agevole e priva di tornanti, il che comportava un aggravio di tempo di poco più di dieci minuti. Alla luce della minima differenza con i percorsi alternativi non si poteva ritenere un aumento del rischio né una deviazione arbitraria ed animata da finalità personali; più semplicemente, il percorso era stato scelto perché ritenuto più congeniale per distanza, tempo e traffico del momento;
che ritiene il Collegio si debba dichiarare la inammissibilità del ricorso;
che, invero, l’accertamento del giudice del merito della esistenza di una ipotesi «di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate» – escludente la copertura assicurativa a tenore dell’articolo 12 D.Lgs 38/2000, applicabile ratione temporis – in ragione dell’apprezzamento del percorso «normale» e delle cause della deviazione da esso, costituisce accertamento di fatto censurabile in questa sede di legittimità nei limiti di deducibilità del vizio di motivazione. Parte ricorrente, pur articolando il ricorso in termini di violazione dell’articolo 360 nr. 5 cod.proc.civ., non allega alcun fatto storico, oggetto di discussione tra le parti e di rilievo decisivo, non esaminato nella sentenza impugnata ma si limita a contestare la decisione assunta contrapponendo al giudizio espresso dal Collegio d’appello, in ordine alla sussistenza di una ipotesi di rischio elettivo, una diversa valutazione delle ragioni della deviazione dal percorso normale e della loro apprezzabilità e rilevanza. In tal modo sollecita questo giudice di legittimità ad un non-consentito riesame del merito;
che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere definito con ordinanza di inammissibilità in camera di consiglio ex articolo 375 cod.proc.civ.;
che le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi dell’art. 1 co. 17 L. 228/2012 ( che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
Dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 200 per spese ed € 2.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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