CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 giugno 2018, n. 14394
Plurimi contratti a progetto – Genericità del progetto e divaricazione tra le mansioni indicate nel negozio e quelle effettivamente svolte – Sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato – Società in house avente natura pubblicistica – Società a totale partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali – Criteri di natura pubblicistica in tema di reclutamento del personale
Rilevato che
La Corte d’Appello di Palermo, a conferma della pronuncia del Tribunale di Marsala, ha accertato la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra la B.A. S.p.A. e G.B., intercorso in forza di due contratti a progetto, il primo a far data dal 22/1/2009, il secondo stipulato il 5/5/2009, entrambi nulli per l’assenza dei requisiti essenziali del tipo contrattuale (genericità del progetto e divaricazione tra le mansioni indicate nel negozio e quelle effettivamente svolte).
Ha condannato la Società a riassumere il lavoratore in servizio con inquadramento nel profilo professionale 3 B, Area tecnico-amministrativa del c.c.n.I. Federambiente, a corrispondergli le differenze retributive per l’intero periodo, a versare i contributi previdenziali omessi, e a pagargli infine a titolo risarcitorio, l’indennità pari a tre mensilità dell’ultima retribuzione di fatto.
Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione la Società B.A. S.p.A., con un’unica censura, cui resiste con tempestivo controricorso, illustrato da memoria, G.B..
Considerato che
Con l’unica censura, formulata ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, cod. proc. civ., parte ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 62 e 69 d.lgs. n. 2003, 1 d.lgs. n. 368/2001, anche in relazione agli artt. 35 e 36 del d.lgs. n. 165/2001, 18 comma 2 bis d.l. n. 112/2008 (convertito nella I. n. 133/2008, introdotto dall’art. 19 del d.l. n. 78/2009, convertito nella I. n. 102/2009) e 25 d.l. n. 1/2012 conv. nella I. n. 27/2012”. La censura si appunta sulla ritenuta natura di Società in house providing della B.A. S.p.a. alla quale, diversamente da quanto affermato dalla Corte territoriale, andrebbe attribuita natura pubblicistica, essendo presenti in essa tutti i requisiti (scopo pubblicistico, assenza di soci privati, controllo analogo degli enti locali soci sulla società e sui servizi alla stessa affidati) ritenuti necessari per la sua configurazione giuridica nel senso voluto dalla parte ricorrente.
La censura va accolta.
Invero, come già sottolineato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 3621/2018, in tema di società partecipate, la partecipazione pubblica non muta la natura di soggetto privato della società la quale, quindi, resta assoggettata al regime giuridico proprio dello strumento privatistico adoperato, salve specifiche disposizioni di segno contrario o ragioni ostative di sistema che portino ad attribuire rilievo alla natura pubblica del capitale impiegato e del soggetto che possiede le azioni della persona giuridica (cfr. fra le più recenti Cass. S.U. n. 24591/2016 e con riferimento ai rapporti di lavoro Cass. S.U. n. 7759/2017). Nella specie la disposizione di segno contrario, come posto in evidenza dalla citata pronuncia n. 3621/2018 intervenuta proprio in materia di società in house, è rappresentata dall’art. 18 del d.l. n. 112/2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133/2008 che, nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla legge n. 102/2009 di conversione del d.l. n. 78/2009, al comma 1 estende alle società a totale partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali i criteri stabiliti in tema di reclutamento del personale dall’art. 35, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, ed al comma 2 prescrive alle «altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo» di adottare «con propri provvedimenti criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità», prevedendo, inoltre, al comma 2 bis che «le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale si applicano, in relazione al regime previsto per l’amministrazione controllante, anche alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311»
Era stato accertato nel giudizio di merito che i contratti di lavoro a termine di G.B. con B.A. S.p.a. erano stati stipulati rispettivamente il 22/1/2009 e il 5/5/2009, dunque in pieno regime di divieto di conversione dei contratti a termine illegittimamente prorogati.
Pertanto la Corte territoriale, nel caso in esame, non ha tenuto conto che il divieto di conversione in capo alle società pubbliche partecipate, sancito dalla I. n. 112/2008, convertita in I. n.133/2008, all’art. 18, co.2 bis, introdotto dall’art. 19 del d.l. n. 78/2009, convertito nella I. n. 102/2009, è applicabile al caso in esame, in quanto la novella legislativa vigeva dal 22/10/2008 ed i contratti di cui è causa erano stati stipulati in data successiva.
In definitiva, essendo la censura fondata, il ricorso va accolto. La sentenza va cassata e la causa decisa nel merito, con rigetto dell’originaria domanda. Le spese dell’intero processo, tenuto conto delle oscillazioni in tema della giurisprudenza di merito e del recente assestarsi della giurisprudenza di legittimità in materia di società in house, vanno compensate.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda. Compensa le spese dell’intero processo.
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