CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 giugno 2020, n. 10711
Accertamento – Irpef, Irap e Iva – Presunzione di maggior reddito – Art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e art. 51, comma 2, n. 2, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 – Applicabilità a tutti i contribuenti
Rilevato che
1. con la sentenza n. 11/02/11 del 11/02/2011, la Commissione tributaria regionale delle Marche (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 244/02/08 della Commissione tributaria provinciale di Ancona (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da M.D.M. avverso l’avviso di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2004;
1.1. come emerge anche dalla sentenza impugnata e per quanto ancora interessa in questa sede, l’avviso di accertamento era stato emesso sulla base della presunzione di cui all’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e all’art. 51, comma 2, n. 2, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, a seguito del controllo dei conti correnti riconducibili al contribuente;
1.2. la CTR motivava il rigetto dell’appello dell’Ufficio osservando che: a) «l’eventuale applicazione retroattiva della normativa sopravvenuta ha impedito alla parte di adottare comportamenti atti ad impedire la presunzione poi applicata»; b) «l’entità delle movimentazioni finanziaria appaiono contenute e tali da escludere comportamenti finanziari non coerenti da parte del contribuente»;
2. l’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;
3. M.D.M. resisteva con controricorso.
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 32, primo comma, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, come modificato dall’art. 1, comma 402, della I. 30 dicembre 2004, n. 311, e dell’art. 51, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che la presunzione stabilita dalle norme in esame si estende anche ai lavoratori autonomi; e ciò anche prima e indipendentemente dalla previsione dell’art. 1, comma 402, della I. n. 311 del 2004;
2. il motivo è parzialmente fondato;
2.1. secondo un orientamento della S.C., cui questo collegio ritiene di dovere aderire, la presunzione (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma dell’art. 32, primo comma, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti come è reso palese dal richiamo, operato dal citato art. 32, anche all’art. 38 del medesimo d.P.R., riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche (attinente ad ogni tipologia di reddito di cui esse siano titolari);
2.1.1. la previsione in oggetto si articola nel modo che segue: a) i «dati ed elementi» attinenti ai rapporti bancari possono essere utilizzati nei confronti di tutti i contribuenti destinatari di accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 del d.P.R. n. 600 del 1973 (persone fisiche, titolari di reddito determinato in base alle scritture contabili, redditi di soggetti diversi dalle persone fisiche, redditi accertati d’ufficio); b) la presunzione secondo cui i versamenti ed i prelevamenti sono considerati ricavi o compensi può essere utilizzata nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, soggetti all’obbligo di tenuta delle scritture contabili (con la correzione apportata dalla Corte Cost. con la sentenza n. 228 del 2014 che ha dichiarato l’illegittimità della presunzione di maggiori compensi desumibile dai prelevamenti effettuati dai titolari di reddito di lavoro autonomo);
2.1.2. pertanto, mentre l’operazione bancaria di prelevamento conserva validità presuntiva nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia adempiendo l’onere di dimostrare che «ne hanno tenuto conto ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine» (così, sostanzialmente, Cass. n. 1519 del 20/01/2017; conf. Cass. n. 29572 del 16/11/2018; nel senso indicato si veda anche Cass. n. 22931 del 26/09/2018, nonché la giurisprudenza ivi richiamata);
2.2. la CTR non si è conformata ai superiori principi di diritto, ritenendo erroneamente l’interpretazione retroattiva di una disposizione sopravvenuta che, in realtà, quanto meno in parte qua, ha unicamente precisato quanto già previsto dalla normativa previgente;
2.3. peraltro, come si evince dalla stessa sentenza impugnata, l’accertamento bancario ha riguardato sia versamenti che prelevamenti e, come più sopra evidenziato, a seguito dell’intervento di Corte costituzionale n. 228 del 2014, la presunzione di maggiori compensi desumibili dai prelevamenti non può essere applicata ai lavoratori autonomi, qual è pacificamente M.D.M.;
2.4. ne consegue che il motivo va accolto per ciò che concerne i versamenti e rigettato per quanto concerne i prelevamenti;
3. con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 32, primo comma, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973 e degli artt. 2697 e 2728 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che, a fronte della presunzione di cui all’art. 32 cit., la prova contraria gravante sul contribuente non può consistere nella semplice entità “contenuta” delle movimentazioni bancarie prese in considerazione dall’Ufficio, ma deve essere specifica;
4. il motivo, che va affrontato con esclusivo riferimento ai versamenti per quanto si è detto in precedenza, è fondato;
4.1. ai sensi degli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, i versamenti operati dal lavoratore autonomo su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi salvo che il contribuente, che voglia superare la presunzione posta dalle predette disposizioni a favore dell’Erario – che non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici -, di fornire non una prova generica, ma una prova analitica (cfr. Cass. n. 26111 del 30/12/2015 e la giurisprudenza ivi richiamata; si veda anche Cass. n. 15857 del 29/07/2016), idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non siano riferibili ad operazioni imponibili, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (in termini, Cass. n. 18081 del 04/08/2010; Cass. n. 10480 del 03/05/2018);
4.2. a fronte di tale onere probatorio gravante sul contribuente corrisponde l’obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie – in quanto il giudizio di ragionevolezza dell’inferenza dal fatto certo a quello incerto è già stato stabilito dallo stesso legislatore con la previsione, in tale specifica materia, della presunzione (Cass. n. 21800 del 20/09/2017) – e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica;
4.2.1. al riguardo si ricorda, altresì, che questa Corte ha anche precisato che in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, il contribuente può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, dovendo in questo caso il giudice di merito «individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) al movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nel tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative» (Cass. n. n. 11102 del 05/05/2017);
4.3. nel caso di specie, la CTR si è limitata ad affermare che «l’entità delle movimentazioni finanziarie appaiono contenute e tali da escludere comportamenti finanziari non coerenti da parte del contribuente», ma non ha effettuato, con riferimento alle singole movimentazioni, quella verifica rigorosa richiesta dalla legge in relazione alla specifica giustificazione offerta dal contribuente;
5. con il terzo motivo di ricorso, proposto in via subordinata, si deduce insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., evidenziando che i prelevamenti non avrebbero potuto riferirsi alle spese familiari, già detratte dall’Ufficio in sede di accertamento;
6. il motivo resta assorbito in ragione dell’accoglimento parziale (con riferimento ai soli versamenti) del primo motivo, con conseguente conferma della sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso l’imputabilità a ricavi dei prelevamenti;
5. in conclusione, vanno accolti, nei limiti di cui in motivazione, il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo; la sentenza impugnata va cassata con riferimento ai motivi accolti e rinviata alla CTR delle Marche, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata relativamente ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale delle Marche, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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