CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 giugno 2020, n. 10787
Cartelle esattoriali emesse in relazione all’ordinanza- ingiunzione – Cartelle prive della indicazione dell’organo competente per l’impugnazione – Nessuna effettiva limitazione del diritto di difesa – Esclusa la nullità dell’atto – Mera irregolarità, che impedisce il verificarsi di preclusioni processuali a seguito del mancato rispetto del termine, in ragione della scusabilità – Onere dell’opponente di dimostrare la decisività dell’errore stesso – Scusabilità non rende l’atto incompleto impugnabile in ogni tempo
Rilevato che
1. Con la sentenza n. 696 del 2017 la Corte di appello di Torino respingeva il gravame proposto dalla O. srl e da G.C.A., avverso la pronuncia n. 140 del 21.4.2016 resa dal Tribunale di Alessandria, con la quale erano state rigettate le doglianze formulate con riguardo alle cartelle esattoriali emesse in relazione all’ordinanza- ingiunzione n. 701/2002 (adottata a seguito dell’accertamento di irregolarità inerenti a rapporti di lavoro contestate dalla DTL), il cui importo, a titolo di sanzioni amministrative ed ulteriori maggiorazioni, era stato rimodulato sulla base delle decisioni del Tribunale di Genova n. 4724/2011 e dalla Corte di appello della stessa città n. 977/2015.
2. Per quello che interessa in questa sede, i giudici di seconde cure rilevavano che era ininfluente, ai fini della proposta eccezione di nullità, la circostanza che le cartelle fossero prive della indicazione dell’organo competente per l’impugnazione, come previsto dall’art. 7 co. 2 legge n. 212 del 2000, perché le cartelle opposte esplicitavano chiaramente l’ente creditore e le ragioni poste a fondamento della riscossione, tanto è che erano state regolarmente impugnate, sicché dal difetto di motivazione delle cartelle stesse (il cui contenuto è regolato dall’art. 25 DPR n. 602/1973) sulla base del modello del Ministero competente -DM 28.6.1999) non era derivata alcuna effettiva limitazione del diritto di difesa che risultava anzi pienamente esercitato dagli interessati.
3. Avverso la decisione di secondo grado proponevano ricorso per cassazione O. srl e G.C.A., con istanza preliminare di riunione con il ricorso RG n. 5900/2016, affidato ad un solo motivo, cui resistevano con controricorso l’A. -Agenzia delle Entrate Riscossione ed il Ministero del lavoro e delle politiche Sociali.
4. Il PG non rassegnava conclusioni scritte.
5. I ricorrenti depositavano memoria.
Considerato che
1. Con l’unico articolato motivo i ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 co. 2 legge n. 212 del 2000, anche in riferimento agli artt. 24 e 3 Cost., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., perché le argomentazioni della Corte territoriale confliggevano con il tenore letterale del comma 2 dell’art. 7 della legge n. 212/2000, che non precisa se la natura del credito debba essere tributaria o sanzionatoria e che risponde ad una evidente ratio di tutela dei soggetti sottoposti al potere impositivo dello Stato. Deducono che la redazione della cartella esattoriale per crediti sanzionatori delle (allora) DTL doveva avvenire nel rispetto di quanto previsto dall’art. 25 DPR n. 602 del 1973 che risulta applicabile anche ai crediti erariali non aventi natura tributaria, a seguito della unificazione ed estensione della riscossione tramite ruoli attuata con il D.lgs. n. 46/1999, mediante l’istituzione di un’unica procedura ed un unico modello di cartella esattoriale. Sostengono, quindi, che anche le cartelle esattoriali aventi ad oggetto sanzioni amministrative per la violazione di norme in materia di lavoro subordinato devono rispondere ai requisiti stabiliti dall’art. 7 legge n. 212 del 2000, che richiede l’indicazione delle “modalità”, del “termine” e dell’organo giudiziale o dell’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti negoziali.
2. Preliminarmente va disattesa l’istanza di riunione, avanzata dai ricorrenti e ribadita in sede di memoria, del presente procedimento con quello recante il n. RG 5900/2016, chiamato anche esso all’odierna udienza camerale.
3. Le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. n. 1521 del 2013) hanno statuito che la riunione delle impugnazioni, che è obbligatoria, ai sensi dell’art. 335 c.p.c. ove esse investano lo stesso provvedimento, può altresì essere facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro provvedimenti diversi ma fra loro connessi, quando la loro trattazione separata prospetti l’eventualità di soluzioni contrastanti, siano ravvisabili ragioni di economia processuale ovvero siano configurabili profili di unitarietà sostanziale e processuale delle controversie (cfr. anche Cass. n. 27550 del 2018).
4. Nel caso in esame il Collegio non ritiene di procedere alla chiesta riunione, pur trattandosi di vicende connesse, perché i due ricorsi hanno ad oggetto sentenze di secondo grado diverse; riguardano provvedimenti impugnati differenti e con soggetti coinvolti parzialmente eterogenei. Non si pongono problemi di economia processuale essendo, poi, entrambi i ricorsi stati fissati per la decisione nella medesima odierna adunanza camerale.
5. Venendo allo scrutinio dell’unico motivo di impugnazione, va osservato che esso è infondato.
6. A prescindere, infatti, dalla questione della applicabilità o meno dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000 anche alle cartelle esattoriali non emesse in materia tributaria, deve rilevarsi che l’omessa indicazione in tali fattispecie di cartelle, dell’autorità alla quale proporre opposizione e del relativo termine, determina non già la nullità dell’atto, bensì una mera irregolarità, che impedisce il verificarsi di preclusioni processuali a seguito del mancato rispetto del termine ex art. 22 legge 24.11.1981 n. 689 in ragione della scusabilità dell’errore in cui l’interessato sia eventualmente incorso, avendo, tuttavia, l’opponente l’onere di dimostrare (e il giudice il dovere di rilevare) la decisività dell’errore stesso, la cui scusabilità non rende l’atto incompleto impugnabile in ogni tempo (Cass. n. 1372 del 2013; Cass. n. 19189 del 2006 e, in materia tributaria, con esplicito riferimento all’art. 7 della legge n. 212 del 2000 cfr. Cass. n. 19675 del 2011).
7. Correttamente, quindi, nella gravata sentenza è stata esclusa ogni ipotesi di nullità della cartella perché priva del giudice competente per l’impugnazione, essendo stata questa ritualmente e tempestivamente opposta e non essendo stata dimostrata alcuna lesione del diritto di difesa, nel merito della pretesa, da parte degli opponenti.
8. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
9. Al rigetto segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
10. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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