CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 giugno 2020, n. 10791
Indennità di accompagnamento – Spese della doppia fase – Accertamento tecnico preventivo ed opposizione – Parametri numerici della tabella ex D.M. n. 55/2014
Rilevato che
il Tribunale di Roma, in accoglimento della opposizione ad accertamento tecnico preventivo obbligatorio (ex art. 445 bis c.p.c.) proposto nei confronti dell’INPS da A.S., ha accertato il diritto di quest’ultimo a percepire l’indennità di accompagnamento a decorrere dal 27 giugno 2011 in poi ed ha condannato l’INPS alle spese della doppia fase, liquidandole in complessivi euro 2.600,00 oltre spese generali nella misura del 15%; la cassazione della sentenza è chiesta da A.S. sulla base di due motivi, illustrati anche da memoria;
l’INPS ha rilasciato procura in calce alla copia notificata del ricorso;
Considerato che
con il primo motivo, si denuncia la violazione e o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 111, comma 7, Cost., in ragione del fatto che il Tribunale ha liquidato le spese della doppia fase (accertamento tecnico preventivo ed opposizione) complessivamente in Euro 2.600,00, più accessori di legge, senza distinguere gli importi riferibili a ciascun procedimento con ciò violando i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in tema di necessaria specificazione delle liquidazioni relative ai diversi gradi di giudizio; inoltre, la legge sarebbe stata violata anche perché così facendo il giudice non si è attenuto alla regola di prendere in considerazione i parametri numerici della tabella di volta in volta applicabile, così come ovviamente quelli generali (art. 4 d.m.) e, quindi, ha in concreto liquidato una somma che, in relazione all’attività professionale descritta in ricorso, si mostra inferiore sia ai valori medi (Euro 8.045,00 ed Euro 7.340,00) che a quelli minimi ( Euro 3.260,00 ed Euro 3.107,00) previsti dal d.m. n. 55 del 2014, per cui, pur applicando le riduzioni previste per le cause previdenziali, il Tribunale non avrebbe potuto liquidare meno di Euro 910,50 per la fase di a.t.p.o. ed Euro 2567,50 per la fase di opposizione; con il secondo motivo si denunciano, complessivamente, violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. e dell’art. 111, commi 2 e 6 Cost,, in relazione al medesimo art. 111, comma 7, nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 1 seconda parte, d.m. n. 55 del 2013 e dell’art. 13, comma 7, l. n. 247 del 2012, in relazione all’art. 111, comma 7, Cost.; sostanzialmente si addebita alla sentenza impugnata, sempre in ragione della complessiva liquidazione effettuata, di non aver dato conto delle ragioni di riduzione degli importi previsti <<di regola>> per quei procedimenti, ciò in contrasto con i principi di trasparenza e legalità che presiedono all’esercizio di poteri discrezionali da parte del giudice;
i motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono fondati nella parte in cui imputano alla sentenza impugnata di aver violato i minimi previsti dal d.m. n. 55 del 2014, applicabile ratione temporis; deve premettersi che, ai fini dell’individuazione degli scaglioni applicabili per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali il valore della causa va determinato ai sensi dell’art. 13 c.p.c., comma 1, di talché, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni (Cass. S.U. n. 10455 del 2015);
applicando tali principi al caso in esame, il valore della causa va individuato tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00, in tale scaglione rientrando l’ammontare di due annualità della prestazione richiesta; i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva e quattro per la causa di merito, vanno individuati in Euro 911,00 per la fase di istruzione preventiva (risultanti dalla somma di Euro 270,00 per studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4) e, trattandosi di causa inquadrabile nella tab. 4 (cause di previdenza), in Euro 2.251,00 per il giudizio di merito (risultanti dalla somma di Euro 442,50 per la fase di studio, Euro 370,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 475,50 per la fase istruttoria e/o di trattazione ed Euro 962,00 per la fase decisionale, dovendosi ridurre le prime due e la fase decisionale del 50% e la fase istruttoria del 70%, ancora ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 art. 4, cit.);
con riguardo alla fase istruttoria e/o di trattazione, la riduzione va operata sottraendo il 70% all’importo del parametro medio, dovendo così interpretarsi il disposto del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, che testualmente prevede un riduzione “fino al 70 per cento” dell’importo liquidato per tale fase (Cass. n. 28977 del 2018; Cass. n. 29130 del 2019); avuto riguardo all’importo dianzi delineato, balza evidente come la liquidazione delle spese contenuta nell’impugnata sentenza sia inferiore a detti minimi, né risulta alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità, nel caso concreto, di alcuni compensi stabiliti dal citato D.M. n. 55 del 2014, in relazione alle singole fasi processuali, nonostante che in tema di liquidazione delle spese processuali, ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.m. n. 55 del 2014, il giudice possa non rispettare i limiti minimi e massimi delle tariffe purché ne dia apposita motivazione (cfr. in tal senso Cass. n. 11601/18);
pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata nei sensi sopra esposti e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito liquidando le spese del giudizio di merito in complessivi Euro 3.162,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%;
tenuto conto dell’accoglimento solo in minima parte della domanda e della consequenziale sussistenza dei presupposti della soccombenza reciproca (cfr. in tal senso Cass. n. 21684 del 2013), le spese del presente giudizio di legittimità vanno interamente compensate tra le parti; in considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e cassa nei sensi di cui in motivazione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di merito in Euro, 3.162,00, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge. Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
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