CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 luglio 2018, n. 17634
Tributi – Sospensione degli obblighi ed adempimenti tributari per eventi calamitosi – Eruzioni dell’Etna 2001-2002 – Previsione di pagamento rateizzato delle imposte sospese – Cartella di pagamento con il recupero immediato delle imposte sospese – Nullità
Rilevato che
Con sentenza indicata in epigrafe la Commissione tributaria della regione Sicilia ha annullato la cartella di pagamento, emessa ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e notificata nel 2006 a F.E. s.p.a., con la quale l’Ufficio di Catania della Agenzia delle Entrate aveva intimato il pagamento delle imposte dovute a titolo IRPEG ed Irap per l’anno 2000, Irap e imposta sostitutiva su plusvalenze per l’anno 2001; ritenute alla fonte e accessori per l’anno 2000 e 2001, Iva per gli anni 1990-1992.
I Giudici territoriali rilevavano che la società, avente sede nel Comune di Nicolosi, era stata interessata dagli eventi calamitosi delle eruzioni dell’Etna protrattisi dal luglio 2001 ad ottobre 2002 che avevano distrutto gli impianti funiviari, collocati lungo le pendici del vulcano, eventi a seguito dei quali erano stati emessi il D.M. 17.05.2005 e la I. 296/2006 che avevano disposto la sospensione degli obblighi ed adempimenti tributari. La L. n. 296 del 2006 con l’art. 1, comma 1011, era intervenuta a disciplinare la sospensione di detti obblighi a favore dei soggetti residenti nei comuni individuati con D.M. Economia e delle Finanze 14 novembre 2002, consentendo il pagamento del residuo importo (dopo l’abbattimento) in 304 rate, decorrenti dal 16.12.2005, secondo i termini e le modalità già previsti dal D.M. Economia e delle Finanze 17 maggio 2005. La cartella, emessa in violazione della sospensione degli obblighi fiscali, doveva quindi essere annullata, essendo tenuta la società ad adempiere al pagamento delle imposte sui redditi dovute per gli anni 2000- 2001 secondo le modalità disciplinate dalla L. n. 296 del 2006. La sentenza di appello è stata ritualmente impugnata per cassazione dalla Agenzia delle Entrate, deducendo un solo motivo.
Ha resistito la società con controricorso e memoria difensiva
La società di riscossione non si è costituita.
Considerato che
L’unico motivo formulato censura la sentenza di appello per violazione e falsa applicazione delle norme di legge (art. 163 DPr 1986/917; art. 9 l. 2000/212; artt. 1 e 4 d.l. 2002, conv. in l. 2002/286; DPCM 29.10.2022; DM 9.8.2001; D.M. Economia e Finanze 14 novembre 2002, integrato dal D.M. 17 maggio 2005.
La Agenzia ricorrente sostiene che il beneficio della sospensione dei termini in scadenza nel periodo dal 29.10.2002 fino al 31.3.2003, previsti da disposizioni di legge per i versamenti e l’adempimento degli obblighi di natura tributaria, originariamente disposto in via di urgenza dal D.P.C.M. 29 ottobre 2002, e quindi dal D.M. Economia e Finanze 14 novembre 2002, art. 1, commi 1 e 2, adottato ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 9, comma 2, su espressa previsione del D.L. n. 245 del 2002, art. 4, comma 1 e successivamente prorogato fino al 15.12.2005 (dal D.M. Economia e Finanze 17 maggio 2005, art. 1), non poteva trovare applicazione alla fattispecie concreta in quanto il termine ultimo per effettuare il versamento dell’Irpeg, Irap e imposta sostitutiva per l’anno 2001 scadeva nel periodo di sospensione (13/7/2001- 10/12/2001 stabilito dal D.M. 9/8/2001) e nello stesso periodo scadeva il primo acconto delle imposte dovute per il 20011 ed entro il 30.11.2001 il pagamento del secondo acconto; dunque la sospensione non poteva operare concernendo esclusivamente i versamenti da eseguirsi nei termini che venivano in scadenza nel periodo considerato dalle norme (29.10.2002- 15.12.2005), tanto da riconoscere la sospensione del versamento solo dell’ultima rata, da eseguirsi entro il 18.11.2002i né poteva trovare applicazione il D.M. 17/5/2005 che ha disciplinato il recupero delle imposte mediante rateizzazione, escludendo le sanzioni e gli interessi, in quanto relativo alla sola sospensione prevista dal D.M. 14.11.2002.
La censura è infondata.
In relazione al primo degli eventi vulcanici, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23.07.2001 è stato dichiarato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 5, comma 1, della legge 24.02.1992 n. 225, lo stato di emergenza nel territorio della provincia di Catania relativamente ai territori dei Comuni appositamente rientranti nei provvedimenti di accertamento della Prefettura, appositamente demandati a quest’ultima dal suddetto decreto.
Successivamente, ripetutisi gli eventi vulcanici ed eruttivi nel 2002, lo stato di emergenza, inizialmente dichiarato sino al 31.12.2001, veniva progressivamente prorogato, sempre in forza di Decreti ai sensi dell’art. 5, comma 1 legge 24.02.1992 n. 225, sino al 31.03.2004 e da ultimo, ancora, sino al 31.03.2005.
A tale proposito, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29.10.2002 (Gazz. Uff. 04.11.2002 n. 258) veniva dichiarato, sempre ai sensi e per gli effetti dell’art. 5, comma 1 L. n. 225/92, lo stato di emergenza nel territorio della provincia di Catania, in conseguenza dei gravi fenomeni eruttivi connessi all’attività vulcanica dell’Etna e degli eventi sismici concernenti la medesima area; con successiva Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29.11.2002 n 3254 (Gazz. Uff. 06.12.2002 n 286), parimenti adottata ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 L. n. 225/92, nonché ai sensi dell’art. 2, comma 2, del coevo decreto-legge 04.11.2002 n. 245 (poi successivamente convertito, con modifiche, in legge 27.12.2002 n. 286), si provvedeva ad adottare una serie di misure concrete in favore delle popolazioni colpite, al fine di alleviare i disagi provocati dagli eccezionali eventi calamitosi, disponendo all’art. 5, tra l’altro, per quanto di interesse dei ricorrenti, la sospensione dei termini di prescrizione, decadenza e quelli perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, anche previdenziali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione od eccezione, in scadenza nel periodo di vigenza delle dichiarazioni di emergenza”, prevedendo altresì la possibilità di sospendere, con provvedimento adottato ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 9, comma 2, i “termini per l’adempimento degli obblighi di natura tributaria”.
Lo stato di emergenza, già prorogato dall’articolo unico del D.P.C.M. 28 marzo 2003, dall’articolo unico del D.P.C.M. 4 marzo 2005, dall’articolo unico del D.P.C.M. 27 dicembre 2006 e dall’articolo unico del D.P.C.M. 10 febbraio 2008, è stato ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2008 dall’articolo unico del D.P.C.M. 25 luglio 2008.
Il D.M. Economia e Finanze 14 novembre 2002 (nel testo emendato dal D.M. 17 maggio 2005), emesso in attuazione della norma di legge richiamata, ha disposto che:
1. Nei confronti delle persone fisiche, anche in qualità di sostituti d’imposta, che, alla data del 29 ottobre 2002, avevano la residenza nei territori dei comuni indicati nei commi 5 e 6, sono sospesi, dal 29 ottobre 2002 al 15 dicembre 2005, i termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti tributari, scadenti nel medesimo periodo. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano altresì nei confronti dei soggetti, anche in qualità di sostituti di imposta, diversi dalle persone fisiche aventi sede legale o operativa nei territori dei comuni indicati nei commi 5 e 6.
Non è dubbio, pertanto che, dal significato letterale del testo normativo, la sospensione operi in relazione ai termini in corso che vengono a scadenza nel periodo indicato, e non certo a termini già scaduti per i quali non si pone neppure logicamente l’applicabilità di una “sospensione” della decorrenza, non essendo ormai più in corso.
In precedenza, con riferimento al primo episodio sismico, era stato emesso il D.M. 9/8/2001 che, all’art. 1, prescrive:” Nei confronti dei soggetti indicati all’art. 2 dell’ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 25 luglio 2001, individuati con provvedimenti del prefetto di Catania, interessati dall’emergenza derivante dall’eruzione del vulcano Etna è disposta la sospensione degli adempimenti e dei versamenti fiscali dal 13 luglio 2001, fino al 10 dicembre 2001″. L’art. 2 prescrive che” con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le modalità di ripresa della riscossione delle somme sospese anche mediante rateizzazione”. Il decreto contiene dunque una riserva di fornire istruzioni in merito alle modalità di recupero.
L’argomentazione sostenuta dall’amministrazione finanziaria secondo la quale il D.M. 14.11.2002 citato non avrebbe previsto alcuna sospensione generalizzata degli adempimenti e dei versamenti tributari, ma solo di quelli che andavano a scadere nel periodo 29.10.2002-15.12.2002, è smentita, dunque, dalle disposizioni del D.M.9/8/2001, le quali hanno regolato la sospensione dei versamenti per determinati periodi ( anteriori a quelli indicati dall’ufficio e dal prefato D.M. 2002) correlati ad eventi sismici consecutivi.
Tanto premesso, secondo l’assunto dell’ufficio, il D.L. 245/2005 non menziona il precedente D.M. 9/8/2001, ma solo quello del 14/11/2002, ragion per cui la società intimata non poteva provvedere al pagamento secondo le modalità di rateizzazione indicate dal citato d.I..
Tuttavia, l’interpretazione restrittiva del d.l. 2005/245 condurrebbe, comunque, ad una declaratoria di illegittimità del recupero immediato delle imposte, maturate nel periodo di sospensione, secondo modalità individuate dall’amministrazione finanziaria anziché dal Ministro come previsto dall’art. 2 citato.
Inoltre, il principio secondo il quale le disposizioni fiscali di favore, che consentono una sospensione ovvero un’agevolazione (recupero rateizzato), sono norme di natura eccezionale e, pertanto, di stretta interpretazione, dunque non suscettibili di applicazione analogica, comporterebbe, in detta ipotesi, una discriminazione di trattamento tra i contribuenti, interessati dal medesimo fenomeno sismico (iniziato nel 2001 e protrattosi per anni), per i quali il termine di pagamento delle imposte scadeva nel periodo 13.07.2001-10.12.2001 e coloro il cui termine spirava invece in un periodo successivo, in quanto, benché tutti residenti nei medesimi comuni individuati dal Ministero e colpiti dai medesimi eventi sismici, nonché beneficiari di diversi periodi di sospensione del pagamento delle imposte, si esporrebbero, i primi, al mancato recupero in assenza di decreti attuativi (non colmabile dalle determinazioni dell’Agenzia) ed, i secondi, al recupero secondo le modalità disciplinate dal D.M. 14/11/2002.
Tuttavia, ritiene codesta Corte che, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, il D.M.17.05.2005, benché citi solo la sospensione di cui al D.M. 14.11.2002, debba trovare applicazione anche per i versamenti sospesi nel 2001, al fine di realizzare il principio di certezza delle situazioni giuridiche e di evitare discriminazioni fra soggetti che si trovano nella medesima condizione (cfr. Cass.n. 7330/2011). Del resto, l’interpretazione sostenuta dall’Ufficio esporrebbe la normativa a censure di illegittimità costituzionale, in assenza di coerenza interna al sistema tributario.
Le diversificazioni di regime tributario, in particolare per periodi di imposta sospesi per i medesimi motivi, devono essere supportate da giustificazioni adeguate e non si devono risolvere in arbitraria discriminazione (cfr. C. cost. 10/15, 201/14, 116/13, 223/12; S.U. n.11373/2017).
Quanto alla duplicazione della imposizione, la censura è contraddetta dalla stessa amministrazione secondo la quale, in presenza di pregressi pagamenti effettuati dalla contribuente secondo le modalità di cui al D.M. 17.05.2005, essa stessa avrebbe “in futuro” proceduto all’annullamento delle iscrizioni duplicate, il che implica che effettivamente, come asserito dalla società F.E. e dai giudici di seconde cure, la cartella reca importi già versati.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e la Agenzia fiscale deve essere condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
– rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 10.000,00, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.
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