CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 luglio 2018, n. 17656
Avvocati – Patrocinio a spese dello Stato – Difensore appartenente ad un distretto diverso da quello del magistrato incaricato – Liquidazione del compenso – Criteri
Motivi in fatto e diritto della decisione
Con atto depositato il 16 settembre 2009 l’Avv. L. F. ha proposto al GUP del Tribunale di Taranto istanza di liquidazione del compenso a lui spettante per l’attività difensiva svolta nell’interesse di S. E..
Con decreto del 24 marzo 2010 il giudice adito ha liquidato l’importo di € 3.350,00, oltre ad una somma ulteriore per il consulente di parte.
L. F. ha proposto opposizione contro il summenzionato decreto.
Con decreto del 3 settembre 2013 il Presidente del Tribunale di Taranto ha in parte accolto l’opposizione, riconoscendo l’ammontare di € 12.480,00 a titolo di onorario del difensore e di € 1.000,00, per spese di consulenza di parte.
L. F. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
Il Ministero della Giustizia ha depositato “atto di discussione per la partecipazione alla discussione orale”.
1. Con i quattro motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente stante la stretta connessione, L. F. lamenta la violazione o falsa applicazione degli articoli 80, 82, 83 e 102 del d.P.R. n. 115 del 2002.
Innanzitutto, egli contesta il fatto che il Presidente del Tribunale di Taranto non abbia riconosciuto in suo favore le spese ed indennità relative all’accesso al carcere di Augusta, ove il suo assistito era detenuto, nonostante gli esborsi sostenuti fossero stati inferiori a quelli che un difensore iscritto all’albo di Taranto, Brindisi o Lecce avrebbe dovuto, comunque, affrontare e che sarebbero stati rimborsati per legge.
Inoltre, il ricorrente si duole della circostanza che non siano state liquidate le spese che avrebbero dovuto essere in ogni caso ammesse con riferimento all’attività svolta all’interno del distretto interessato da un avvocato del luogo.
L. F. contesta, altresì, il mancato riconoscimento degli esborsi affrontati per inviare le informative ed il rigetto della richiesta di pagare le somme spettanti all’avvocato domiciliatario ed al consulente di parte direttamente a questi ultimi.
Infine, il ricorrente lamenta la modestia del compenso riconosciuto al consulente di parte.
I motivi sono infondati.
Ai sensi dell’articolo 82 del d.P.R. n. 115 del 2002 “L’onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall’autorità giudiziaria con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti relative ad onorari, diritti ed indennità, tenuto conto della natura dell’impegno professionale, in relazione all’incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa.
Nel caso in cui il difensore nominato dall’interessato sia iscritto in un elenco degli avvocati di un distretto di corte d’appello diverso da quello in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del merito o il magistrato davanti al quale pende il processo, non sono dovute le spese e le indennità di trasferta previste dalla tariffa professionale”.
L’articolo 102 del d.P.R. n. 115 del 2002 prescrive, invece, che “Chi è ammesso al patrocinio può nominare un consulente tecnico di parte residente nel distretto di corte di appello nel quale pende il processo.
Il consulente tecnico nominato ai sensi del comma 1 può essere scelto anche al di fuori del distretto di corte di appello nel quale pende il processo, ma in tale caso non sono dovute le spese e le indennità di trasferta previste dalle tariffe professionali”.
Queste disposizioni sono chiare nel riconoscere al soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato il diritto di nominare un difensore ed un consulente di parte che non operino all’interno del distretto di corte di appello ove è in corso il giudizio, ma, al contempo, stabiliscono che tale patrocinio non copre alcuni oneri, nello specifico “le spese e le indennità di trasferta previste dalla tariffa professionale” (per l’affermazione di un principio simile, pur se nella vigenza del testo previgente del decreto de quo Cass., Sez. 3, n. 22178 del 20 ottobre 2009).
Si tratta di previsioni esplicite e di portata generale, dettate per esigenze di contenimento della spesa pubblica e che contemperano in maniera ragionevole questo interesse con il diritto del singolo a scegliere liberamente il proprio difensore.
Non può trovare, quindi, accoglimento la richiesta del ricorrente di riconoscere il rimborso delle spese sostenute per l’accesso al carcere di Augusta perché inferiori a quelle che avrebbe affrontato un difensore iscritto all’albo di Taranto, Brindisi o Lecce, considerato che, in tal modo, la normativa summenzionata sarebbe aggirata e sostanzialmente disapplicata, dovendosi ritenere che il legislatore abbia voluto privilegiare, nella sua discrezionalità, gli avvocati del distretto ove si procede sulla base di una presunzione assoluta e non sindacabile di maggiore sostenibilità dei relativi costi per l’Erario.
D’altronde, è una mera ipotesi di L. F. che eventuali professionisti pugliesi avrebbero pagato le somme dallo stesso ipotizzate muovendosi con le modalità da lui individuate.
Deve pure escludersi il rimborso delle spese che avrebbe sostenuto per spostarsi un professionista del distretto in questione poiché, così facendo, si accoglierebbe una istanza di riconoscimento parziale di esborsi che l’articolo 82 del d.P.R. n. 115 del 2002 vieta siano posti a carico dello Stato.
Quanto alla contestazione concernente il mancato riconoscimento delle spese affrontate per inviare le informative, si osserva che la liquidazione effettuata dal Presidente del Tribunale di Taranto è, con evidenza, omnicomprensiva di ogni profilo riguardante le stesse e, dunque, pure delle spese de quibus.
Non ha pregio neppure la critica al rigetto della richiesta di pagare le somme spettanti all’avvocato domiciliatario ed al consulente di parte direttamente a questi ultimi.
Infatti, l’articolo 91 del d.P.R. n. 115 del 2002 stabilisce l’incompatibilità fra l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e il fatto di essere assistiti da più di un difensore, con la conseguenza che, quindi, il diritto al compenso spetta solo all’unico avvocato del soggetto interessato. Tale avvocato, perciò, diviene il soggetto titolato in via esclusiva ad interagire con la Pubblica Amministrazione con riferimento a tutti i profili che interessano il suddetto patrocinio a spese dello Stato.
Infine, la doglianza relativa alla modestia del compenso riconosciuto al consulente di parte si presenta inammissibile perché generica e in quanto il ricorrente non ha precisato che l’importo attribuito sia inferiore ai minimi previsti dalla legge.
2. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
3. Alcuna statuizione deve essere assunta sulle spese di lite, non avendo il Ministero della Giustizia svolto idonea attività difensiva.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’articolo 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’articolo 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata, trattandosi di ricorso per cassazione la cui notifica si è perfezionata successivamente alla data del 30 gennaio 2013 (Cass., Sez. 6-3, sentenza n. 14515 del 10 luglio 2015).
P.Q.M.
– rigetta il ricorso;
– ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’articolo 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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