CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 luglio 2019, n. 18085
Tributi – IVA – Appalto lavori su immobili abitativi – Imposta addebitata in fattura in rivalsa – Aliquota eccedente quella applicabile – Diritto del cessionario alla detrazione – Esclusione
Rilevato che
– Con sentenza n. 2730/1/17 depositata in data 15 maggio 2017 la Commissione tributaria regionale del Lazio (in seguito, la CTR) rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 502/1/16 della Commissione tributaria provinciale di Viterbo (in seguito, la CTP), che aveva accolto il ricorso proposto dalla società C. I. Srl (in seguito, la contribuente) contro il diniego di rimborso IVA 2012, emesso in quanto la contribuente aveva indebitamente detratto l’IVA erroneamente addebitata nella misura ordinaria (del 21% al tempo) e non in misura agevolata (al 4%) in relazione a fatture ricevute da soggetti terzi in forza di contratti di appalto;
– In particolare, la CTR confermava la decisione di primo grado ritenendo illegittimo il diniego di rimborso e, avverso tale decisione, ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo un unico motivo. La contribuente non si è difesa, restando intimata.
Considerato che
– Con l’unico motivo – dedotto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – l’Agenzia ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 16, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972 e della Tabella A, II Parte allegata, per aver la CTR ritenuto che l’applicazione dell’IVA agevolata non sia tassativa e cogente, ma necessiti di formale richiesta da parte dell’emittente;
– Il motivo è fondato. La Corte reitera l’insegnamento secondo cui «In caso di operazione erroneamente assoggettata ad IVA (nella specie ad un’aliquota eccedente quella applicabile) non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata e fatturata atteso che, ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 ed in conformità all’art. 17 della sesta direttiva del Consiglio CEE del 15 maggio 1977, n. 77/388/CEE (come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia), l’esercizio del relativo diritto presuppone l’effettiva realizzazione di un’operazione assoggettabile a tale imposta nella misura dovuta» (Cass, Sez. 6-5, Ordinanza n. 15178 del 02/07/2014, Rv. 631556 – 01; conforme Cass, Sez. 5, Sentenza n. 9942 del 15/05/2015, Rv. 635435 – 01);
– La decisione della CTR collide con tale principio di diritto. I giudici di appello si diffondono sull’assenza agli atti di una dichiarazione attestante il possesso dei requisiti per l’agevolazione, ma, a ben vedere, è incontestata la destinazione abitativa degli immobili oggetto dei contratti di appalto. Infatti, è la stessa CTR ad accertare in sentenza non solo che destinazione abitativa dei cespiti risulta dal catasto, ma anche che i contratti di cui alle fatture contestate hanno ad oggetto la costruzione proprio di case, ossia abitazioni, a riscontro del dato catastale. E’ dunque acquisito che le fatture contestate dall’Amministrazione sono state emesse per operazioni che, ai sensi della Tabella A allegata al d.P.R. n. 633/1973 (ndr Tabella A allegata al d.P.R. n. 633/1972) prevedono l’applicazione dell’IVA agevolata nella misura del 4% e, conseguentemente, la contribuente non poteva detrarre la maggior IVA corrispondente all’aliquota ordinaria, erroneamente applicata;
– Questa Corte ha infatti superato il risalente orientamento secondo cui l’IVA addebitata in rivalsa può essere detratta dal cessionario nonostante l’erroneo assoggettamento ad imposta dell’operazione da parte del cedente (Cass. 18 febbraio 1999, n. 1348). Si è così consolidato l’orientamento contrario secondo cui l’imposta sul valore aggiunto illegittimamente addebitata in fattura al cessionario soggetto d’IVA da parte del cedente, a titolo di rivalsa, e che è stata pagata per il semplice fatto di essere stata indicata in fattura, non può essere detratta dal cessionario stesso, nonostante l’erroneo assoggettamento dell’operazione ad imposta da parte del cedente (Cass. 26 ottobre 2001, n. 13222; conformi Cass. 17 giugno 2013, n. 15068; 26 maggio 2009, n. 12146; 16 luglio 2003, n. 11110; 5 giugno 2003, n. 8959). A tale orientamento questo Collegio intende dare continuità in quanto conforme alla disciplina euro-unitaria. Come affermato da Cass. 26 ottobre 2001, n. 13222, “il punto è infatti regolato dalla Direttiva del Consiglio n. 77/388, e ha formato oggetto di numerose pronunce della Corte Europea, alle quali lo Stato italiano è tenuto ad uniformarsi. In base alla citata direttiva, nel caso – diverso ma senza dubbio analogo – di operazioni esenti, il soggetto che le effettua non è ammesso alla detrazione per l’imposta relativa a beni e servizi relativi. Nell’applicare questo principio la Corte di giustizia ha stabilito che l’esercizio del diritto di detrazione contemplato dalla sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, non si estende all’imposta dovuta esclusivamente per il fatto di essere indicata nella fattura (sentenza 13 dicembre 1989 in causa C 342/87, tra Genius Holding BV e Staatssecretaris van Financien)”. Portare in detrazione l’iva adducendo l’erroneità della fattura dì addebito, comporterebbe quindi sostenere il diritto di detrazione dell’imposta che sia dovuta esclusivamente per il fatto di essere indicata nella fattura, contrariamente al principio di diritto affermato dalla Corte di Giustizia» (Cass, Sez. 5, Sentenza del 20/2/2015 n. 3448);
– Pertanto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata viene cassata, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame del profilo accolto, dei profili eventualmente assorbiti, e per il regolamento della spese di lite.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo accolto e a quelli rimasti assorbiti, e per il regolamento delle spese di lite.
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