CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 luglio 2021, n. 18964
Tributi – Condono – Legge 289/2002 – Proroga di due anni dei termini per la notifica dell’atto di accertamento
Ritenuto in fatto
Con sentenza n. 2323/21/2014, depositata il 14.7.2014, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia rigettava l’appello proposto da G. Costruzioni s.r.I., nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza della Commissione Tributaria provinciale di Enna che aveva rigettato il ricorso della contribuente su un avviso di accertamento con il quale, ai fini Irpeg, Irap e Iva e relativamente all’anno di imposta 2001, era stata rettificata la dichiarazione dei redditi presentata dalla società; l’ufficio recuperava a tassazione alcuni costi e l’iva portata in detrazione, contestando l’omessa fatturazione e registrazione di ricavi.
La Commissione tributaria regionale della Sicilia ha ritenuto che nella fattispecie non operasse la previsione di cui all’art. 9 della legge 289/2002 in quanto la disposizione in materia di condono e dei conseguenti effetti estintivi non poteva trovare applicazione qualora alla data di entrata in vigore della legge fosse stato notificato il processo verbale di constatazione, con applicazione della previsione di cui all’art. 10 della medesima legge che aveva prorogato di due anni i termini per la notifica dell’atto di accertamento; nel merito la CTR ha ritenuto la sussistenza della pretesa impositiva.
Avverso la pronuncia la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidando il suo mezzo a quattro motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita depositando controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente censura la sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 2 terdecies del DL 143/2003.
Lamenta che la CTR non aveva rilevato che alla data del 12.8.2003 (di conversione del DL 143/2003) il processo verbale di constatazione non aveva dato luogo a un accertamento o ad una rettifica nei confronti del contribuente.
2. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 43 del DPR 600/73 e 57 del DPR 633/72.
Evidenzia che l’art. 10 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 non ha alcuna valenza di norma di sistema del procedimento tributario, richiesta dall’art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, per la derogabilità dei termini di decadenza dall’accertamento fissati dall’art. 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dall’art. 57 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
2.1. Le censure da esaminarsi preliminarmente, sono suscettibili di trattazione congiunta.
Esse non sono fondate.
Sono incontestati sia la notifica alla contribuente del PVC il 13.11.2001 che dell’avviso di accertamento il 25.11.2008.
La notifica del verbale di constatazione costituisce causa ostativa al condono c.d. tombale per anni pregressi a norma della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 14, anche per i contribuenti che non abbiano ancora ricevuto il conseguente avviso di accertamento alla data di entrata in vigore del D.L. 24 giugno 2003, n. 143, art. 1, comma 2 terdecies, introdotto dalla Legge di Conversione 1 agosto 2003, n. 212.
Infatti questa previsione ha la funzione di precisare la portata del principio, escludendo l’efficacia preclusiva del verbale previamente notificato solamente nel caso in cui l’esito positivo della verifica fiscale sia smentito da una contraria determinazione dell’ufficio impositore, ovvero l’avviso di accertamento emesso dall’ufficio sia stato annullato per “autotutela”, il che non si è verificato nella fattispecie in esame (Cfr. Cass.14945/19; Cass.23840/2017; Cass. 34/2015, Cass. 13442/2012; Cass. 8616/2011).
2.2. Né può ritenersi che l’amministrazione fosse decaduta dal potere impositivo.
L’art. 10 della legge n. 289 del 2002, concede agli uffici finanziari una proroga di due anni dei termini per l’accertamento, fissati dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, (in materia di tributi diretti) e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, (in materia di IVA), nei confronti dei contribuenti “che non si avvalgono delle disposizioni recate dagli artt. da 7 a 9” della stessa legge.
Le disposizioni richiamate contemplano varie forme di condono fiscale per anni pregressi (rispettivamente, definizione automatica dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo, integrazione degli imponibili dichiarati e definizione automatica); le quali non si applicano – fra l’altro, e per quanto interessa – ai soggetti che, come la ricorrente, hanno ricevuto notifica di un processo verbale di constatazione con esito positivo, ossia con accertamento di maggiore imponibile, prima dell’entrata in vigore della norma agevolativa (art. 7 cit., comma 3, lett. c; art. 8 cit., comma 10, lett. a; art. 9 cit., comma 14, lett. a).
Questa Corte (Cass. civ. Sez. V, 23 luglio 2010, n. 17395), su una controversia analoga a quella in esame, ha precisato che posto che la legge concede proroga all’ufficio per l’accertamento nei confronti dei contribuenti “che non si avvalgono” dei benefici recati dalle suddette disposizioni di favore, all’interprete non è lecito distinguere fra soggetti che non intendono e soggetti che non possono avvalersene, poiché l’espressione “non avvalersi”, secondo il significato proprio delle parole (art. 12 preleggi), descrive ugualmente gli atteggiamenti di chi non voglia e di chi non possa accedere al beneficio indicato, non essendo specificata nella legge alcuna riserva.
In sostanza, tra i contribuenti che non si avvalgono dei benefici di cui alla norma in esame vanno ricondotti non solo quelli che, pur potendo, non hanno aderito alla disposizione agevolativa, ma anche coloro che non hanno potuto avvalersene in quanto, alla data di entrata in vigore della previsione, erano stati già raggiunti da un processo verbale di constatazione con esito positivo (Cass. 33775/2019; Cass. 14630/2019; Cass. 17621/2018; Cass. 3816/2018).
2.3. Né può invocarsi la necessità di un diniego formale. Questa Corte ha più volte affermato che: in tema di condono fiscale, qualora il contribuente abbia presentato richiesta di definizione amministrativa ex art. 9 bis della l. n. 289 del 2002, la mancata notificazione del provvedimento motivato di rigetto dell’istanza di condono non comporta alcuna decadenza a carico dell’Amministrazione finanziaria, né si traduce in una violazione del diritto di difesa del contribuente, poiché questi, a norma dell’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, può proporre tutte le censure deducibili avverso il provvedimento presupposto, a lui non notificato (Cass. 7454/2003; Cass. 7673/2012; Cass. 15881/2016).
3. Con il primo motivo la ricorrente deduce l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per omesso esame e insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio.
Lamenta che la CTR non aveva motivato sui motivi di appello con specifico riferimento alla decadenza dal potere impositivo e alla imputazione del pagamento ricevuto dal debitore
4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. omessa, insufficiente motivazione sui fatti controversi e decisivi per il giudizio. Eccepisce che la CTR non aveva rilevato che la somma di €198.000.000 era stata accettata quale parte del maggior danno subito e che la stessa non era soggetta a fatturazione a fini IVA.
Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta.
Esse sono inammissibili.
La CTR ha osservato che “conformemente a quanto riferito dall’Agenzia ai sensi dell’articolo 9 comma 14 della legge n 289/2002, la preclusione all’accertamento non può trovare applicazione se letteralmente alla data di entrata in vigore della legge sia stato notificato processo verbale di constatazione con esito positivo…. relativamente al quale non è stata perfezionata la definizione ai sensi degli articoli 15 e 16 della presente legge. Nel caso in esame non sussistono dubbi sulla insussistenza della preclusione visto che, in primo luogo, il PVC era stato redatto il 13.11.2001 per essere notificato subito dopo alla GPF ed infine perché al momento di entrata in vigore la legge ovvero I’1 gennaio 2003 non era ancora avvenuta la definizione ai sensi della legge sopra citata. Inoltre, tale definizione automatica ex articolo 9 può garantire l’esclusione da ogni accertamento nel momento in cui l’amministrazione abbia notificato un provvedimento che precisi di non dover procedere nei suoi confronti Ciò però non era venuto nell’ipotesi oggetto di decisione per cui rendendosi impossibile l’applicazione dell’articolo 9 comma 10 la contribuente non si era liberata dalla possibilità di subire le verifiche del caso La CTR ha, inoltre osservato, con riferimento al merito: Al riguardo non sussistono dubbi sullo svolgimento dei fatti: Il 19 aprile 2002 tra la società appellante e il signor La Placa era stato stipulato un contratto di appalto per dei lavori di recupero ed adeguamento di immobili di proprietà del secondo. Tuttavia né i lavori né i pagamenti venivano effettuati in maniera regolare. Proprio in merito a questi ultimi, per quanto di nostro interesse al pagamento del solvens in favore della società per lire 198 milioni comprensivi di IVA, il L.P. non riceveva la corrispondente fatturazione. Così per tutelarsi il suddetto informava le autorità di competenza esposto a cui seguiva il verbale di constatazione della GdF che trovava ricavi non dichiarati per lire 180 milioni più IVA, IRPEG e IRAP. Nel verbale poteva leggersi che la GPF aveva dichiarato che l’agenzia avesse errato a ritenere che l’importo fosse da ricondurre a prestazioni di servizi effettuati e che la somma si riferisse ad un maggior danno subito, riservandosi per la sua esatta quantificazione al momento il conteggio finale dei lavori. Sul punto facendo affidamento il codice di rito, all’articolo 1193 codice civile può leggersi che tra le facoltà del debitore c’è quella di dichiarare quale debito soddisfare. Poiché L.P. aveva dichiarato di pagare i corrispettivi per l’appalto, il pagamento non poteva che imputarsi al suddetto titolo di tal che l’Agenzia ha agito nella maniera più corretta”
La sentenza è diffusamente e puntualmente motivata, sicchè si sottrae alle censure.
Va da sé che è irrilevante la sentenza del Tribunale di Enna che ha giudicato sul rapporto civilistico derivante dal contratto tra la GPF Costruzioni e L.P.P. e che non condiziona in alcun modo la pretesa fiscale, perché altro è l’imputazione del soggetto debitore che ha effettuato il pagamento e altro è la correttezza dell’imputazione medesima sulla quale è avvenuta la ripresa.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna G. Costruzioni s.r.l. al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 4.100,00 oltre alla spese prenotate a debito.
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