CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 luglio 2022, n. 21241
Pubblica Amministrazione – Docenti – Contratto a tempo determinato – Illegittima apposizione del termine – Anzianità lavorativa maturata -Progressione retibutiva – Principio di non discriminazione
Rilevato che
1. La Corte d’Appello di Venezia, adita con autonomi appelli dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e da G.G. e gli altri dipendenti indicati in epigrafe, in parziale riforma della sentenza del giudice di primo grado, che aveva accolto la domanda avanzata dai dipendenti di riconoscimento a fini economici dell’anzianità lavorativa maturata sulla base di contratti a termine, ha limitato il riconoscimento stesso ai soli servizi prestati successivamente al 10 luglio 2001 ed ha condannato il Ministero al pagamento delle differenze retributive nei limiti della prescrizione quinquennale;
2. la Corte territoriale ha premesso che gli originari ricorrenti, tutti assunti con contratti a tempo determinato, avevano agito in giudizio per ottenere, oltre all’applicazione del principio di non discriminazione ai fini dell’applicazione della progressione retributiva in relazione ai rapporti a termine intrattenuti, anche la dichiarazione di illegittimità dei termini apposti ai contratti medesimi e la conversione dei medesimi, oltre al risarcimento per il ricorso abusivo ai contratti a termine;
3. il giudice d’appello, richiamata la giurisprudenza della Corte di Giustizia e di questa Corte, ha ritenuto corretto il riconoscimento dell’anzianità maturata con la medesima progressione del personale assunto a tempo determinato, non essendo la disparità di trattamento giustificata da ragioni oggettive inerenti il contenuto della prestazione;
4. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il MIUR sulla base di un unico motivo, al quale non hanno opposto difese i litisconsorti indicati in epigrafe, rimasti intimati;
5. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione;
Considerato che
1.il ricorso denuncia, con unico motivo formulato ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70CE, degli artt. 485 e 489 e 569 D.Igs. 16/4/1994 n.297, osservando che la Corte territoriale ha confuso la fattispecie relativa alla ricostruzione della carriera operata dopo l’immissione in ruolo con la differente questione della progressione stipendiale rivendicata dal lavoratore assunto a tempo determinato, in virtù dell’anzianità acquisita per effetto dei contratti a termine stipulati, cui faceva riferimento la giurisprudenza citata dalla Corte territoriale e rileva che i principi affermati nelle norme richiamate sono stati ritenuti compatibili con la disciplina eurounitaria;
3. il ricorso è inammissibile, come già ritenuto in fattispecie analoga da Cass. n. 11910/2021, perché le censure svolgono considerazioni non riferibili all’azione effettivamente esperita e, quindi, prive di specifica necessaria attinenza al decisum;
4. occorre premettere che, come affermato in motivazione da Cass. n. 17314/2020 e da Cass. n. 31149/2019, l’anzianità di servizio maturata sulla base di contratti a tempo determinato può essere fatta valere dal personale docente ed amministrativo della scuola sia per rivendicare, in relazione ai contratti a termine intercorsi fra le parti, le maggiorazioni retributive connesse all’anzianità stessa, sia per richiedere, successivamente all’immissione in ruolo ed alla stipula del contratto a tempo indeterminato, la ricostruzione della carriera ed il riconoscimento, a fini giuridici ed economici, del servizio in precedenza prestato;
5. si tratta di pretese che, seppure fondate entrambe sulla clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 99/70/CE, non sono sovrapponibili, sia perché fondate su elementi costitutivi diversi (in un caso la sola successione dei contratti a termine, nell’altro la prestazione a tempo determinato seguita dall’immissione in ruolo), sia in quanto non coincidenti sono le disposizioni legali e contrattuali che vengono in rilievo;
5.2. in particolare, per la prima delle due azioni, il quadro normativo e contrattuale interno è rappresentato dai CCNL succedutisi nel tempo che, nel ribadire un criterio già indicato da dall’art. 526 del d.lgs. n. 297/1994, parametra la retribuzione spettante all’assunto a tempo determinato a quella «iniziale» prevista per il personale di ruolo (cfr. Cass. n. 22558/2016, richiamata da numerose successive pronunce), mentre la ricostruzione della carriera successiva all’immissione in ruolo trova la sua disciplina negli artt. 485 e seguenti del d.lgs. n. 297/1994 per il personale docente e negli artt. 569 e seguenti del richiamato T.U. (cfr. Cass. n. 31149/ 2019 e Cass. n. 31150/2019);
5.3. il giudice, quindi, in un caso è tenuto a verificare la compatibilità con il diritto dell’Unione della disciplina contrattuale che, in pendenza di rapporto a termine, non assegna alcun rilievo all’anzianità di servizio maturata, nell’altro se sia giustificata l’abbattimento dell’anzianità stessa che il legislatore nazionale ha operato riconoscendo solo parzialmente l’anzianità medesima, una volta concluso il contratto a tempo indeterminato;
6. la Corte territoriale ha dato atto del contenuto originario delle domande, proposte da assunti a tempo determinato non ancora immessi in ruolo per ottenere, in pendenza di rapporto a termine, il medesimo trattamento riservato al personale di ruolo e ha anche rilevato che gli stessi avevano agito per l’accertamento della conversione del contratto a termine in un rapporto a tempo indeterminato;
7. oggetto del giudizio, quindi, non risulta essere la domanda di ricostruzione della carriera ex art. 485 d.lgs. n. 297/1994: a fronte delle affermazioni contenute in sentenza, atte ad individuare i termini della domanda originariamente proposta, il Ministero non allega, in termini di autosufficienza, mediante trascrizione e localizzazione della domanda originariamente contenuta nel ricorso introduttivo, l’avvenuta proposizione di una domanda in termini di ricostruzione della carriera dopo l’immissione in ruolo;
8. la ratio decidendi della sentenza impugnata è fondata sull’assenza di ragioni oggettive che giustifichino la diversità di trattamento, giuridico ed economico, fra assunti a tempo determinato e indeterminato nell’arco temporale in cui si svolge il rapporto a termine e, rispetto a detta ratio, del tutto inconferenti sono le considerazioni sviluppate nel ricorso;
9. la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che nel giudizio di cassazione i motivi devono avere i caratteri della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le ragioni perle quali quel capo è affetto dal vizio denunciato;
9.1. se ne è tratta la conseguenza che la proposizione di censure prive di specifica attinenza al decisum è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi, richiesta dall’art. 366 n.4 cod. proc. civ., e determina l’inammissibilità, in tutto o in parte del ricorso, rilevabile anche d’ufficio (cfr. fra le tante Cass. n. 20910/2017, Cass. n. 17125/2007, Cass. S.U. n. 14385/2007);
10. non occorre provvedere sulle spese perché i litisconsorti indicati in epigrafe sono rimasti intimati;
11. non occorre dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
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