CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 marzo 2018, n. 5129

Imposte indirette – IVA – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Omessi o tardivi versamenti – Sanzioni

Rilevato che

Con sentenza in data 18 febbraio 2016 la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo respingeva l’appello proposto dalla S.S.C. spa avverso la sentenza n. 899/4/14 della Commissione tributaria provinciale di L’Aquila che ne aveva respinto il ricorso contro la cartella di pagamento e l’avviso di liquidazione IVA ed altro 2010.

La CTR osservava in particolare che, trattandosi di omesso versamento di imposta dichiarata, la società contribuente non poteva avere alcun dubbio circa la motivazione della richiesta di pagamento erariale portata dalla cartella esattoriale impugnata né sul quantum debeatur.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo due motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Considerato che

Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione di legge ed omessa pronuncia in ordine alla questione, posta con il gravame, relativa all’atto al quale doveva adempiere.

La censura è inammissibile.

Va ribadito che:

«Il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto» (Sez. 5, Sentenza n. 7653 del 16/05/2012, Rv. 622441 – 01);

«La differenza fra l’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ. e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. consiste nel fatto che, nel primo caso, l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa, autonomamente apprezzabile, ritualmente ed inequivocabilmente formulata, mentre nel secondo, l’omessa trattazione riguarda una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione» (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 25714 del 04/12/2014, Rv. 633682 – 01);

«Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017, Rv. 643792 – 01).

Diversamente da quanto afferma la ricorrente, il giudice tributario di appello ha espresso un univoco giudizio meritale —non revisionabile in questa sede in base al principio di diritto di cui al terzo arresto giurisprudenziale citato- in ordine agli atti riscossivi impugnati ed al loro contenuto dispositivo, affermando che la contribuente non poteva nutrire alcun dubbio circa l’entità della somma da pagare.

Con il secondo morivo la ricorrente si duole di violazione/falsa applicazione ed omessa pronuncia, poiché la CTR non ha nemmeno considerato il motivo di gravame concernente l’emissione della cartella di pagamento impugnata prima del decorso del termine per l’adempimento spontaneo a seguito della preventiva comunicazione di pagamento.

La censura è infondata.

Va ribadito che:

«Non è configurabile il vizio di omessa pronuncia quando una domanda, pur non espressamente esaminata, debba ritenersi – anche con pronuncia implicita – rigettata perché indissolubilmente avvinta ad altra domanda, che ne costituisce il presupposto e il necessario antecedente logico – giuridico, decisa e rigettata dal giudice» (Sez. L, Sentenza n. 17580 del 04/08/2014, Rv. 631894 – 01);

«In materia di riscossione, ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997» (Sez. 5, Sentenza n. 13759 del 06/07/2016, Rv. 640341 – 01).

La sentenza impugnata si è adeguata -in parte implicitamente- al principio di diritto di cui al secondo arresto giurisprudenziale, affermando la fondatezza della pretesa erariale portata dalla cartella di pagamento impugnata e con ciò appunto escludendo la rilevanza, anche al fine delle sanzioni, della previa comunicazione di pagamento (rectius, di irregolarità).

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 10.000 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.