CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 novembre 2018, n. 28069
Tributi – Reddito d’impresa – Accertamento – Riscossione – Stima forfettaria di costi e ricavi – Contenzioso tributario
Rilevato che
Con sentenza n. 60/27/17 depositata in data 16 gennaio 2017 la Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione distaccata di Foggia, accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 962/4/15 della Commissione tributaria provinciale di Foggia che aveva parzialmente accolto il ricorso di R.L. contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2010.
La CTR osservava in particolare che le pretese erariali erano fondate, con eccezione della somma dovuta per IVA, dovendosi comunque decurtarle del 30%, quale stima forfetaria dei costi di produzione dei ricavi accertati.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la contribuente deducendo due motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate che peraltro propone ricorso incidentale con un motivo.
Considerato che
Con il primo motivo —ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.- la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo controverso, poiché la CTR non ha considerato le proprie difese ed allegazioni documentali puntualmente riscontranti quelle dell’agenzia fiscale con effetto contro probatorio, in particolare circa il fatto, appunto decisivo e controverso, dell’assenza di profitto derivante dalle operazioni di cessione di beni oggetto della lite.
La censura, previa riqualificazione, deve affermarsi fondata.
Il vizio motivazionale dedotto, per come si presenta effettivamente e del resto per come esposto nello stesso motivo di ricorso in esame, non integra infatti un vizio motivazionale “relativo”, come da intitolazione della ricorrente, bensì “assoluto” (motivazione apparente).
Tale riqualificazione deve ritenersi pienamente consentita a questa Corte, in virtù del principio di diritto secondo il quale «L’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato» (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4036 del 20/02/2014, Rv. 630239).
Ciò posto, il vizio di attività così “ritenuto”, appare evidente secondo i principi di diritto, da ribadire, che:
–«La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01);
-«La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
La motivazione della sentenza impugnata rientra paradigmaticamente nelle gravi anomalie argomentative individuate in detti arresti giurisprudenziali e dunque, concretizzando un chiaro esempio di “motivazione apparente” ossia del tutto mancante, si pone sicuramente al di sotto del “minimo costituzionale”.
La CTR pugliese infatti ha così suffragato la decisione: «L’appello è parzialmente fondato. Invero il maggiore reddito risultante dalla fattura di euro 200.000 pari ad euro 166.667 in quanto l’ulteriore somma rappresenta l’IVA da dover versare all’erario. Tale somma va poi decurtata del 30% quale presunto costo per la produzione di maggiori ricavi di euro 166.667. Non può essere riconosciuto il presunto reddito di euro 21.501 in quanto tale reddito poteva ritenersi legittimo solo ove in danno del contribuente non fosse stato accertato alcun reddito, cosi da rappresentarsi come antieconomica l’attività del contribuente. Ma una volta accertato il maggiore reddito di cui alla fattura di euro 200.000 è evidente che l’attività del contribuente non è più antieconomica. In virtù di quanto innanzi esposto il maggiore reddito pertanto da accertare in capo all’appellato è di euro 116.670 sul quale deve essere quantificata l’IVA e le imposte dovute».
Tali considerazioni/affermazioni, a parte la tautologica scarsa comprensibilità, sono all’evidenza apodittiche, assertive, al più rappresentative del convincimento del giudice tributario di appello, ma non estrinsecano il percorso argomentafivo che lo induce a tale convincimento e pertanto nel loro —limitato- ordito realizzano un tipico esempio di “motivazione apparente”, così come denunciato nella censura de qua.
La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al primo motivo del ricorso principale, assorbiti il secondo motivo del ricorso principale ed il motivo di ricorso incidentale, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo motivo ed il motivo unico del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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