CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 novembre 2019, n. 28441
Riliquidazione della pensione integrativa – Indennità di arricchimento professionale e di autoaggiornamento – Computo
Rilevato
che, con sentenza del 2 maggio 2013, la Corte d’Appello di Roma nel pronunziarsi in sede di gravame avverso la decisione resa dal Tribunale di Roma di accoglimento della domanda proposta da P.C., F.C. e V.M., nei confronti dell’INPS, avente ad oggetto la riliquidazione della pensione integrativa loro spettante quali dipendenti dell’Istituto nel ruolo di avvocati ai sensi dell’art. 5 del Regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza dell’Istituto medesimo, adottato con delibera del 12.6.1970 e successivamente modificato con delibera del 30.4.1982, su una base di computo comprensiva della quota degli onorari maturati nel corso degli ultimi dodici mesi antecedenti al 30.9.1999 nonché delle indennità di arricchimento professionale e di autoaggiornamento, in parziale riforma della predetta decisione, rigettava la pretesa relativa alla computabilità della quota degli onorari;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto la computabilità delle indennità di arricchimento professionale e di autoaggiornamento risultando queste qualificabili come emolumenti fissi e continuativi rientranti nella nozione di retribuzione utile ai fini del computo della pensione integrativa, in difetto di tempestiva eccezione sul punto e di contestazione dell’erogazione delle stesse in misura fissa da parte dell’INPS e, di contro, di dover escludere la computabilità della quota degli onorari stante la legittimità della modifica della disciplina regolamentare che, a far data dal 30.4.1982, che la ammette solo con riferimento all’importo mensile ottenuto rapportando a mese la media degli importi erogati nel triennio precedente la cessazione dal servizio o la data della domanda di riscatto;
che per la cassazione di tale decisione ricorrono gli originari istanti, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, l’INPS, che, a sua volta, propone ricorso incidentale articolato su un unico motivo, cui hanno resistito con controricorso i ricorrenti principali;
Considerato che
con l’unico motivo, i ricorrenti principali, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 30, comma 2, dell’accordo collettivo approvato con d.P.R. 411/1976 e 5 e 27 del Regolamento per il trattamento di previdenza integrativa del personale INPS, deducono l’erroneità dell’orientamento espresso dalla Corte territoriale per cui la pensionabilità degli onorari, conseguente al riconoscimento del carattere fisso e continuativo, è riconducibile alla delibera modificativa della disciplina regolamentare, implicando l’applicabilità della stessa, che, ai fini del computo della pensione integrativa, considera, non la quota maturata con riguardo alla retribuzione dell’ultimo anno, bensì l’importo mensile risultante dalla parametrazione a mese della media degli importi erogati nel triennio precedente alla cessazione del rapporto, dovendo, al contrario, ritenersi la pensionabilità degli onorari ed il riconoscimento del carattere fisso e continuativo degli stessi derivante direttamente dalle pronunzie rese in epoca antecedente alla predetta modifica regolamentare dal Consiglio di Stato, a partire dalla sentenza n. 120/1980, discendendone l’applicabilità, ai fini della computabilità degli onorari nella base di calcolo della pensione integrativa, della disciplina originaria che attribuisce rilevanza all’importo maturato nell’ultimo anno di retribuzione; che, dal canto suo, l’Istituto ricorrente incidentale, con l’unico motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 5 del Regolamento di previdenza e quiescenza INPS, 88, 89 e 90 del CCNL 1994/1997, parte economica biennio 1994/1995, per l’Area della dirigenza e delle specifiche categorie professionali appartenenti al comparto degli Enti pubblici non economici, censura la decisione resa dalla Corte territoriale sotto il profilo dell’erronea qualificazione delle indennità di arricchimento professionale e di autoaggiornamento come aventi carattere fisso e continuativo;
che l’unico motivo del ricorso principale si rivela infondato, ritenendo il Collegio di dover dare continuità all’orientamento accolto da questa Corte con la sentenza 3775/2012, che riconduce alla modifica della disciplina regolamentare di cui alla delibera n. 99 del 30.4.1982 l’ammissibilità dell’inclusione della quota onorari, come calcolata sulla base del criterio della media triennale adottato con la predetta delibera, nella base di computo della pensione integrativa, allineandosi alla giurisprudenza amministrativa, in precedenza competente, che una volta imposta la regola della computabilità con la decisione n. 120/1980 e con le altre che a quella hanno fatto seguito, si è poi espressa nel senso della legittimità della soluzione assunta con la modifica aziendale (cfr. Consiglio di Stato, sez VI, 6.11.1997, n. 1607, 10.8.2000, n. 4406, 30.3.2004, n. 1700, e n. 2181/2006) rilevando, per un verso, che il riferimento alla media rapportata a mese delle quote di onorari erogate nell’ultimo triennio precedente la data di cessazione dal servizio risulta coerente con la regola generale rinvenibile per analogia nell’art. 2121 c.c. essendo tali onorari assimilabili ai premi di produzione o alla partecipazioni agli utili disciplinate dalla norma del codice, per altro verso, che il riferimento degli artt. 27 e 34 del Regolamento per il trattamento di previdenza e dì quiescenza del personale dell’INPS alla “ultima retribuzione spettante” al dipendente, non esclude affatto che la base di calcolo possa essere variabile e quindi che la quota onorari “spettante” sia quella individuata, con criterio logico, in base alla media dell’ultimo triennio; che, a sua volta, l’unico motivo del ricorso incidentale deve ritenersi inammissibile, risultando la censura mossa del tutto inconferente rispetto alla ratio decidendi su cui la Corte territoriale ha fondato la propria decisione, concernente, da un lato, la tardività dell’eccezione intesa ad escludere il carattere fisso e continuativo delle indennità in questione, per essere le stesse competenze accessorie la cui erogazione è subordinata alla ricorrenza di specifici requisiti, dall’altro, il difetto di contestazione della circostanza dedotta dagli originari istanti per cui quelle indennità erano state costantemente corrisposte in misura fissa;
che, pertanto, il ricorso principale va rigettato ed il ricorso incidentale dichiarato inammissibile, con conseguente compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente e incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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