CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 novembre 2020, n. 24793
Tributi – Imposte sui redditi – Riscossione – Cartella di pagamento – Notifica effettuata a mani del socio di società di persone dopo l’estinzione della stessa per cancellazione da registro imprese – Validità
Svolgimento del processo
La Commissione tributaria provinciale di Asti , con sentenza n.70/15 ,sez. 2, accoglieva il ricorso proposto dalla GPO sas di P.D. & C. e dai soci P.D. e P.V.E. avverso gli avvisi di accertamento T7L011301623/2013T7L011301624/2013 – T7L021301597 /2013 relativi ad Irpef, Iva ed Irap 2009.
Avverso detta decisione l’Agenzia delle entrate proponeva appello innanzi alla CTR Piemonte che, con sentenza 879/2017, accoglieva l’impugnazione.
Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione P.D. sulla base di due motivi.
L’Agenzia delle entrate ha depositato atto di costituzione.
La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente contesta la sentenza impugnata sostenendo che la notifica dell’accertamento effettuata nei confronti della società già estinta e di esso socio accomandatario sarebbe inesistente.
Con il secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 12 ,comma 7, legge 212/2000 per essere stato notificato l’avviso di accertamento prima di 60 giorni a far data dal rilascio del PVC.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che in tema di cartelle esattoriali, è valida la notifica effettuata a mani di uno dei soci della società di persone dopo la sua estinzione a seguito di cancellazione dal registro delle imprese, giacché – analogamente a quanto previsto dall’art. 65, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973 per il caso di morte del debitore e di notifica effettuata impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso, con effetti valevoli nei confronti degli eredi – essa trova fondamento nel fenomeno successorio che si realizza con riferimento alle situazioni debitorie gravanti sul dante causa, con ciò realizzandosi comunque lo scopo della citata disciplina, che è quello di rendere edotto almeno uno dei successori della pretesa validamente azionata nei confronti della società. (Cass. 31037/17; Cass. 25487/18; Cass. 23534/19).
Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Nel caso di specie è pacifico che l’accertamento non è avvenuto a seguito di ispezioni presso i locali della società ma è stato effettuato “a tavolino” presso gli uffici dell’Amministrazione.
A tale proposito questa Corte ha già avuto occasione di affermare che “l’ambito di applicabilità dei «diritti e delle garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali» stabiliti dall’articolo 12 dello statuto dei diritti del contribuente, postula, a norma del 1° comma della norma, lo svolgimento di accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali» del contribuente (ex plurimis Cass. Sent. n. 7957 del 4 aprile 2014; Cass. Sent. 13.6.2014 n. 13588; Cass. 26 settembre 2012, n. 16354, Cass. 4 dicembre 2013, n. 22700).
La ragione sta nel fatto che, in questi casi, lo statuto di diritti e garanzie fa da contrappeso all’invasione della sfera del contribuente, nei luoghi di sua pertinenza, dando corpo ad una specifica esigenza di dare spazio al contraddittorio, al fine di conformare ed adeguare l’interesse dell’amministrazione alla situazione del contribuente.
Differente è, invece, l’ipotesi in esame, in cui la pretesa impositiva sia scaturita dall’esame degli atti sottoposti all’amministrazione dallo stesso contribuente e dall’amministrazione esaminati in ufficio. (Cass. 11539/16).
Da ciò discende che le ipotesi del controllo eseguito presso la sede del contribuente e del controllo c.d. a tavolino non possono essere assimilate giacché, “la naturale vis expansiva dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra fisco e contribuente non giunge fino al punto da imporre termini dilatori all’azione di accertamento che derivi da controlli fatti dall’Amministrazione nella propria sede, in base ai dati fomiti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente” (Cass. 11539/16 vedi anche Cass. 18103/18 e Cass. 27732/18).
Il ricorso va in conclusione respinto. Nulla per le spese. Si dispone la condanna al pagamento del doppio contributo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso condanna il ricorrente al versamento del doppio contributo.
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