CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 novembre 2021, n. 32214
Tributi – Imposte ipotecarie catastali – Avviso di liquidazione – Rideterminazione valore terreno – Natura edificabile
Fatti di causa
P. e C.V. impugnavano l’avviso di liquidazione n. 20121T003678000 concernente imposte ipotecarie catastali, con cui veniva rideterminato il valore di un appezzamento di terreno, dichiarato in atti di euro 20.000,00, ad euro 208.560,000, tenuto conto che dal certificato di destinazione urbanistica del Comune di Boscotrecase, il terreno era inserito in zona C- estensiva nuovi insediamenti ed in parte in zona C legge 197.
I contribuenti lamentavano, oltre al difetto di motivazione dell’atto impositivo, che l’edificabilità a cui si riferiva l’ente comunale era subordinata all’approvazione dei piani particolareggiati o di lottizzazione mai approvati a seguito dell’intervento di norme regionali e statali che avevano stabilito inedificabilità della zona vesuviana.
La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, con sentenza n. 10682 del 2015, accoglieva parzialmente il ricorso, fissando in euro/mq 30,00 il valore del suolo. I contribuenti appellavano la pronuncia dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, sostenendo l’assoluta inedificabilità del terreno. L’adita Commissione, con sentenza n. 1717/16, rigettava il gravame. I contribuenti ricorrono per cassazione svolgendo sette motivi, illustrati con memorie. L’Agenzia delle entrate non ha svolto difese. La Procura Generale presso la Corte Suprema di Cassazione ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 51 e 52 d.P.R. n. 131 del 1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in quanto la sentenza di appello ha ritenuto legittima la rettifica, nonostante si fondasse su atti posti a comparazione del tutto difformi da quello oggetto di revisione. Secondo i ricorrenti, i giudici di appello non riconoscerebbero né l’assoluta inconfrontabilità dell’atto posto a comparazione ( per l’atto n. 7775), né il meccanismo erroneo di valutazione utilizzato dall’Ufficio di Napoli nella rivalutazione dell’operazione di acquisto del terreno sito nel Comune di Boscotrecase (per l’atto n. 2809), la quale si sarebbe dovuta esprimere in una mera divisione tra il prezzo di acquisto del terreno e la sua superficie.
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per omessa pronuncia in merito alla mancata allegazione degli atti posti a comparazione e, comunque, in merito al difetto di motivazione dell’avviso, che era stato oggetto di contestazione in entrambi i gradi di giudizio.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per omessa pronuncia in merito alla contraddittorietà della sentenza di primo grado in relazione alla riconosciuta inedificabilità del terreno da cui sarebbe scaturito il mero abbassamento del valore dell’atto.
4. Con il quarto motivo si denuncia nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione “specifica”, relativa alle ragioni per le quali il giudice di appello ha ritenuto di rigettare l’eccezione relativa alla mancata allegazione degli atti comparativi, alla contraddittorietà della sentenza di primo grado ed alla illegittimità delle rivalutazioni, ovvero per apparenza della stessa, tanto da impedire l’individuazione della relativa “ratio decidendi”, con violazione degli artt. 132, comma 1, n. 4, e 156, comma 3, 118 disp.att. c.p.c., ai quali rinvia l’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, e dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., atteso che anche laddove si dovesse ravvisare la sussistenza di una pronuncia implicita di rigetto da parte del giudice di appello sulle domande in oggetto, in ogni caso nella sentenza impugnata mancherebbe una qualsivoglia indicazione in merito alle ragioni per le quali la Commissione Tributaria Regionale avrebbe ritenuto di assumere la decisione impugnata, posto che la scelta adesiva dei giudici di seconde cure alla sentenza di primo grado paleserebbe una “motivazione per relationem”.
5. Con il quinto motivo si denuncia omessa motivazione su fatti decisivi per il giudizio ex art. 360, comma 1, n.5, c.p.c., in quanto la sentenza impugnata avrebbe omesso di motivare sul mancato esame di alcuni punti decisivi della controversia, che attesterebbero la sussistenza di un vincolo assoluto di inedificabilità del terreno oggetto di rivalutazione.
6. Con il sesto motivo si denuncia omessa o insufficiente motivazione ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., in quanto i giudici di appello avrebbero omesso di esplicitare l’iter logico giuridico che li avrebbe determinati a ritenere integrati i presupposti previsti dalle disposizioni sulle quali l’avviso impugnato si fonda.
7. Con il settimo motivo si denuncia violazione dell’art. 92 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in quanto i giudici di appello avrebbero erratamente posto a carico del contribuente le spese di lite, benché l’attività svolta dalla Agenzia delle entrate nei gradi di merito fosse stata limitata e rappresentata da sole controdeduzioni.
8. Il ricorso è infondato e va rigettato per i principi di seguito enunciati.
8.1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso vanno trattati congiuntamente in quanto logicamente connessi.
Le critiche non hanno pregio.
a) I giudici di appello hanno respinto il gravame proposto dai contribuenti sulla base del principale ed assorbente rilievo che il terreno oggetto di compravendita ha una destinazione “non agricola”, essendo stato inserito, secondo la certificazione di destinazione urbanistica del Comune di Boscotrecase, in zona C – estensiva nuovi insediamenti – ed in parte in zona C – legge 187.
Ne consegue l’inammissibilità del primo mezzo che non coglie la ratio decidendi della pronuncia impugnata- in quanto i giudici del gravame confermano la legittimità dell’atto impositivo sulla base del fatto che il terreno era inserito nel piano regolare con una destinazione urbanistica specifica- e l’intondatezza delle censure, posto che questa Corte ha in più occasioni ritenuto che l’edificabilità di un area, per l’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte delle regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi ( ex plurimis v. Cass. n. 4952 del 2018, in tema di ICI).
b) I contribuenti lamentano, altresì, la violazione degli artt. 51 e 52 del d.P.R. n. 131 del 1986, ritenendo l’illegittimità della rettifica in quanto l’Ufficio avrebbe utilizzato, come criterio di comparazione, due contratti di compravendita solo citati negli estremi e non allegati, ed inidonei ad essere utilizzati come criterio di valutazione, atteso che i due contratti farebbero esclusivo riferimento a piccoli appezzamenti di terreno annessi a fabbricati abitabili di cui il prezzo al mq del mero terreno non avrebbe alcuna rilevanza ai fini comparativi con il terreno oggetto di rivalutazione, trattandosi di un terreno esclusivamente agricolo di mq. 5.214 dei quali ben 1.558 del tutto incoltivabili.
Con riferimento alla doglianza relativa al difetto di motivazione dell’atto impositivo per mancata allegazione degli atti, va ribadito il principio più volte sostenuto da questo giudice di legittimità secondo cui: “L’obbligo di motivazione degli atti impositivi sancito dall’art. 7 del cd. Statuto del contribuente, deve essere interpretato avendo riguardo ai canoni di legale collaborazione e buona fede, espressi dal successivo art. 10, la cui portata deve essere ricostruita alla luce dei principi di solidarietà economica e sociale e di ragionevolezza sanciti, rispettivamente, dagli artt. 2 e 3 Cost: ne deriva che sono irrilevanti le violazioni formali che non abbiano arrecato un’effettiva lesione della sfera giuridica del contribuente” (Cass. n. 11052 del 2018). I ricorrenti non hanno indicato i conseguenti pregiudizi derivati dalla omessa allegazione degli atti richiamati nell’avviso impugnato, anzi hanno dimostrato, articolando in maniera approfondita le proprie difese, di essere a conoscenza del contenuto degli atti richiamati ( di cui hanno precisamente riportato gli estremi a pag. 13 del ricorso per cassazione), contestando con precisione la loro rilevanza come criteri di comparazione.
Quanto alle contestazioni sulla inidoneità dei terreni valorizzati dal giudice del merito come criterio valutativo, peraltro non censurate ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ne va rilevata l’inammissibilità, involgendo incensurabili valutazioni in fatto riservate al giudice del merito, il quale ha evidenziato, con motivazione priva di vizi logici, che: “quanto agli altri due atti richiamati dall’Ufficio, gli stessi contribuenti risalgono al valore di euro 36,9 e di euro 34,7 al mq che ritengono non applicabile al loro caso perché riferiti ad appezzamenti di piccole dimensioni e, pertanto, non equivalenti alla compravendita che qui interessa”, concludendo “poiché non sono stati evidenziati altri elementi su cui basare la valutazione che questo giudice deve effettuare, se non quelli desumibili dagli atti di compravendita prodotti ai fini comparativi deve necessariamente convenirsi sulla correttezza della valutatone operata dal primo giudice.
8.2. Dai suddetti rilievi consegue il rigetto anche del terzo, del quarto e del sesto motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente in quanto logicamente connessi, atteso che i giudici di appello hanno argomentato, condividendo le conclusioni del giudice di primo grado, e sulla base dei rilievi difensivi prospettati dalle parti, come mancassero altri elementi su cui basare la valutazione se non quelli desumibili dagli atti compravendita prodotti ai fini comparativi, concludendo per la correttezza della valutazione operata dal primo giudice, che aveva fissato in euro 30,00 al mq il valore del terreno oggetto della controversia in esame.
Ne consegue che il giudice del merito non è incorso nei predicati vizi motivazionali, atteso che il rinvio alla decisione di primo grado è stato operato rendendo possibile ed agevole il controllo della motivazione, e dando conto della ritenuta pertinenza della motivazione richiamata in rapporto alle argomentazioni e alle censure delle parti ( di cui si è rilevato il difetto di allegazioni probatorie).
Il recepimento della prima decisione da parte del giudice di appello ha rappresentato pertanto l’esito di una nuova valutazione della fattispecie (Cass. n. 7347 del 2012; Cass. n. 3367 del 2011) e non una condivisione acritica di conclusioni espresse da altro giudice prive di ponderazione.
8.3. Il quinto motivo di ricorso è inammissibile, atteso che i contribuenti lamentano una generica insufficienza della motivazione con riferimento al mancato esame della legge regionale del 2003, che avrebbe riconosciuto un vincolo di inedificabilità assoluta su tutto il territorio vesuviano per rischio vulcanico, ma non hanno portato ad emersione, secondo i principi che regolano l’autosufficienza del ricorso per cassazione, il rivendicato inquadramento normativo con riferimento alla specifica fattispecie in esame.
L’inammissibilità rileva anche sotto un altro profilo, atteso che l’omesso esame di una disposizione legislativa non integra il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario quale vizio specifico denunciarle per cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012 (Cass. n. 27415 del 2018).
La critica, invece, sotto l’apparente deduzione di un vizio motivazionale mira, in realtà, ad una inammissibile rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice del merito.
8.4. In ragioni dei suddetti rilievi il settimo motivo di ricorso è infondato, non sussistendo le “gravi ed eccezionali ragioni” per giustificare la compensazione ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c. delle spese di giudizio, oltre al fatto che il sindacato di legittimità sulle pronunce dei giudici di merito è diretto solamente ad evitare che possa risultare violato il principio secondo cui le spese di lite non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass. n. 26912 del 2020), circostanza nella specie non ravvisabile.
9. In definitiva, il ricorso va rigettato. Nulla va disposto per le spese di lite, in mancanza di attività difensiva della parte intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1, quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello pagato per il ricorso principale, a norma dell’art. 1 comma 1 bis, dello stesso art. 13 se dovuto.