CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 ottobre 2018, n. 24513
Accertamento – Importazione imbarcazione – Diritti di confine – Riscossione – Decadenza del termine di revisione dell’accertamento
Fatto
Par.1 G. de M. impugnava l’avviso di accertamento suppletivo e di rettifica per il recupero dei diritti di confine non corrisposti al momento della importazione della imbarcazione, risultata, da accertamenti della G.d.F e da indagini penali, di proprietà del predetto, eccependo la insussistenza del presupposto soggettivo, poiché l’imbarcazione era stata noleggiata dopo lo sdoganamento dalla Dem Tours; ulteriormente contestando l’assenza di motivazione dell’atto impositivo e la violazione degli artt. 84 TULD e 221 C.D.C. per decadenza del termine di revisione dell’accertamento.
L’atto impositivo aveva accertato che il De M. aveva costituito a Malta una società di comodo (Marenol Shippling Limited) ed era amministratore unico della società DEM Tours s.a.s.; che la società maltese aveva esportato l’imbarcazione attraverso lo spedizioniere doganale F. A., consapevole del reale valore della stessa; che la compagnia assicurativa aveva attribuito un valore di 3.615.000 euro al natante; che il valore dichiarato era pari ad euro 413.165,00; che dall’indagine scaturiva una comunicazione di reato nei confronti di tutti i soggetti coinvolti, inoltrata in data 11.03.2005.
La C.T.P. di La Spezia accoglieva il ricorso. Avverso la sentenza di primo grado, l’ufficio proponeva appello che veniva respinto sul rilievo dell’intervenuta decadenza del potere impositivo.
Avverso la sentenza della C.T.R. della Liguria n. 100/7/11, l’amministrazione finanziaria ricorre per cassazione affidandosi ad un unico motivo Il contribuente non si è costituito.
Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Considerato che
Par. 2. Con una unica censura si denuncia la violazione degli artt. 84 TULD e dell’art. 221 CDC ex art. 360 n. 3 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha statuito la decadenza dell’Agenzia dal potere impositivo, benché il dies a quo faer la decorrenza del termine triennale coincidesse con la prima notizia criminis, desumibile dal verbale di sommarie informazioni del 24.01.2004 rese dall’ing. C., seguita dall’ulteriore comunicazione di notizia di reato inerente la fraudolenta dichiarazione del valore all’importazione dell’imbarcazione (My Vita II), nei confronti dello spedizioniere A. e del perito; che, pertanto, contrariamente a quanto affermato dai giudici territoriali, il termine di decadenza si sospende durante il corso del giudizio penale ed anche la possibile azione giudiziaria determina la proroga del termine quando ricorra una fattispecie prevista dalla legge nazionale come reato.
Par..3 La censura è fondata.
L’art. 221, nn. 3 e 4, del codice doganale comunitario (nella versione successiva alle modifiche apportate dal regolamento CE n. 2700/2000) stabilisce (paragrafo n. 3) che <<la comunicazione al debitore non può più essere effettuata tre anni dopo la data in cui è sorta l’obbligazione doganale. Detto termine è sospeso a partire dal momento in cui è presentato un ricorso a norma dell’articolo 243 e per la durata del relativo procedimento», aggiungendo (paragrafo n. 4) che <<qualora l’obbligazione doganale sorga a seguito di un atto che era nel momento in cui è stato commesso perseguibile penalmente, la comunicazione al debitore può essere effettuata, alle condizioni previste dalle disposizioni vigenti, dopo la scadenza del termine di cui al paragrafo 3>>.
(Cass., ord, n. 26045/16; n. 24674/15; n. 14016/12).
La norma contempla dunque due diverse ipotesi, a seconda che il mancato pagamento abbia o meno causa da un reato.
Nel caso in cui non risulti che il mancato pagamento abbia avuto causa da reato, il termine decorre dal momento in cui l’importo dei diritti doganali esigibile; nell’ipotesi, invece, in cui il mancato pagamento abbia avuto causa da reato, il termine decorre alle condizioni previste dalle disposizioni vigenti.
Sul punto, la Corte di giustizia ha chiarito che <<…l’importo dei dazi può essere comunicato dopo la scadenza del termine triennale qualora l’autorità doganale non abbia inizialmente potuto determinare l’importo esatto dei dazi legalmente dovuti a causa di un atto perseguibile a norma di legge, anche nell’ipotesi in cui tale debitore non sia l’autore dell’atto in questione» (Corte di giustizia 16 luglio 2009, C-124/08 e C-125/08, Gilbert Snauwaert e altri, punti 30 e 32, che, peraltro, fa riferimento alla dizione del paragrafo 4 antecedente alle modifiche apportate dal regolamento numero 2700/2000), successivamente ribadendo che la comunicazione al debitore può essere effettuata, “alle condizioni previste dalle disposizioni vigenti”, dopo la scadenza del termine triennale di cui al paragrafo 3, qualora l’obbligazione sorga a seguito di un atto perseguibile penalmente (Corte di giustizia 17 giugno 2010 in causa C-75/09, Agra srl).
La fissazione di una tale regola, che incide sull’accertamento dei diritti doganali si sovrappone alle regole nazionali, prevalendo su di esse, il che prescrizione per la riscossione dei diritti doganali, ma anche a quello di decadenza per la revisione dell’accertamento, stabilito dall’art. 11 del d.lgs. 374/90, in ovvia coerenza, del resto, con la loro ratio, che è quella di impedire che il decorso del tempo giovi a chi ha occultato il credito e di impedire altresì che giovi al debitore l’ostacolo all’azione amministrativa determinato dal procedimento di indagine penale (in termini, sia pure con riguardo alle omologhe norme stabilite dal regolamento CEE del Consiglio numero 1697 del 1979, vedi Cass. n. 9253/13).
Si deve, in particolare, ritenere che la causa di “sospensione” operi sino alla data di irrevocabilità del provvedimento che definisce il procedimento penale instaurato a seguito dell’ «atto perseguibile penalmente>> (Cass., ord. n. 615 del 2018; 26045/16; n. 24674/15; n. 14016/12).
Al riguardo, va evidenziato che, ai fini della proroga, occorre il duplice requisito che: a) la mera notizia di reato sia contenuta in un atto anche non comporta che la regola comunitaria si applica non soltanto al termine di penale, essendo condizione necessaria, ma anche sufficiente, la qualificabilità dell’atto stesso come reato: “ciò che viene in evidenza, quindi, non è l’evenienza postuma di una eventuale condanna o proscioglimento, bensì l’ipotesi delittuosa che sta alla base della notitia criminis” (Cass. n. 30710/11).
L’atto passibile di azione giudiziaria” è stato interpretato dalla giurisprudenza di legittimità in senso oggettivo, indipendentemente dalle persone cui venga imputato in sede penale, (Cass. 8362/06; 2598/06), col solo limite, come si è detto, che la menzionata “notitia criminis” che determina la proroga del termine triennale, sia intervenuta nel corso di tale termine, e non dopo la sua scadenza (ancorché l’atto accertativo possa essere notificato dopo), perché altrimenti – e a tale principio il Collegio convintamene aderisce – il termine di revisione dei dazi sarebbe privo di riferimento temporale, e dilatabile all’infinito.
Poiché nella specie la comunicazione dell’atto passibile di azione giudiziaria è intervenuta nel novembre 2004, cioè nel corso del triennio 2002-2005, la proroga del termine è stata correttamente applicata, con conseguente tempestività dell’avviso emesso il 4.02.2008 (Cass.: n. 8146 del 2003; n. 19193 del 2006; n. 20513 del 2006; n. 9763/2010; n. 5384/2012; n. 9253/2013; 24674/2015; n. 26045/2016; n. 615/2018).
Il ricorso va dunque accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla C.T.R. della Liguria in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Liguria in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
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