CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 ottobre 2020, n. 21297
Tributi – Imposta di registro – Sentenza del tribunale relativa a sequestro conservativo su immobili – Pagamento dell’imposta – Responsabilità solidale delle parti – Eclusione del litisconsorte facoltativo estraneo al rapporto di causa
Rilevato che
– in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di liquidazione dell’imposta proporzionale di registro emessa dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di C.A. con riferimento ad una sentenza emessa dal Tribunale di Messina (n. 3098 del 04/12/2004) nel giudizio promosso da F.C. per convalida di sequestro conservativo sugli immobili di proprietà di A.M., nel quale la A. spiegava intervento volontario per ottenere l’esclusione dal sequestro dell’immobile da lei precedentemente acquistato, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR accoglieva l’appello agenziale avverso la sfavorevole sentenza di primo grado ritenendo che l’imposta di registro fosse dovuta anche dall’A. quale parte di quel giudizio;
avverso tale statuizione gli eredi dell’A. propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui non replica l’intimata;
– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale i ricorrenti hanno depositato memoria.
Considerato che
1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 57 del d.P.R. n. 131 del 1986, sostenendo che avevano errato i giudici di appello a ritenere la de cuius solidalmente obbligata al pagamento dell’imposta di registro con riferimento alla sentenza del Tribunale di Messina n. 3098 del 04/12/2004, emessa nel giudizio vertente tra altre parti ed in cui la stessa aveva solo spiegato intervento volontario per vedersi riconoscere un diritto autonomo e distinto da quelle delle parti in causa e, quindi, totalmente estraneo al rapporto considerato nella sentenza.
2. Il motivo è fondato e va accolto.
3. Pur dovendosi ribadire la natura solidale ex art. 57 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, della responsabilità tributaria (cfr., in questo senso, Cass. 19 novembre 2014, n. 24623 e Cass. 12 novembre 2014, n. 24098: quest’ultima precisa altresì che non sussiste litisconsorzio necessario tra i vari condebitori d’imposta nella lite tributaria ed il contraddittorio è regolarmente costituito anche con la partecipazione al giudizio di uno solo dei coobbligati solidali), l’obbligazione solidale prevista dall’art. 57 del d.P.R. n. 131 del 1986 per il pagamento dell’imposta dovuta in relazione ad una sentenza emessa in un giudizio con pluralità di parti, non grava, quando si tratti di litisconsorzio facoltativo, sui soggetti che non siano parti del rapporto sostanziale oggetto del giudizio, assumendo rilievo non la sentenza in quanto tale, ma il rapporto racchiuso in essa, quale indice di capacità contributiva. Ne consegue che il presupposto della solidarietà non può essere individuato nella mera situazione processuale del soggetto che, pur avendo partecipato al giudizio, sia rimasto totalmente estraneo al rapporto considerato nella sentenza (Cass. 8 ottobre 2014, n. 21134; analogamente si è espressa Cass. 5 dicembre 2014, n. 25790, secondo cui, ai fini dell’imposta di registro, occorre avere riguardo al rapporto sostanziale, in quanto è esso ad essere l’indice della capacità contributiva colpita dall’imposta), dovendosi invece avere riguardo esclusivamente, ai fini della verifica della debenza o meno dell’imposta, pur nascente da una sentenza, alla situazione sostanziale che ha dato causa alla sentenza registrata. In caso di litisconsorzio facoltativo, infatti, pur nell’identità delle questioni, ben può permanere l’autonomia dei rispettivi titoli, dei rapporti giuridici, delle singole causae petendi e dei singoli petita, con la conseguenza che le cause, per loro natura scindibili, restano distinte (Cass. 14 dicembre 2015, n. 25178; in termini anche Cass., n. 16891 del 2009; n. 16745 del 2010; n. 14112 del 2010; n. 4805 del 2011; n. 1710 del 2018).
4. Pertanto, l’imposta non colpisce la sentenza in quanto tale, ma il rapporto in esso racchiuso, quale indice di capacità contributiva, ed il presupposto della solidarietà non può essere individuato nella mera situazione processuale del soggetto che, pur avendo partecipato al giudizio, sia rimasto totalmente estraneo al rapporto considerato nella sentenza (in questo senso Cass. 31 luglio 2007, n. 16917).
5. A tale conclusione è pervenuta la stessa Agenzia delle entrate che nella risoluzione n. 82/e del 21 novembre 2003, fornendo risposta ad un interpello avanzato in fattispecie analoga a quella in esame – di intervento di un soggetto in un giudizio vertente tra altre parti, in ipotesi di litisconsorzio facoltativo -, dopo aver dato atto dell’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, richiamando il principio espresso da Cass. n. 4805 del 2011, ha affermato che «il rapporto di solidarietà passiva previsto dall’articolo 57 del TUR debba trovare applicazione solo con riferimento alle parti del processo coinvolte nel rapporto sostanziale considerato nella sentenza, con esclusione, pertanto, dei soggetti che a detto rapporto risultano estranei», con la conseguenza che «al contribuente istante, ed agli altri soggetti intervenuti volontariamente nel procedimento e rimasti estranei al giudicato della sentenza, non possa essere esteso il principio di solidarietà passiva previsto per il pagamento dell’imposta dovuta per la registrazione della sentenza in esame, ancorché tale soggetto sia comunque chiamato al pagamento delle spese processuali» e che «La responsabilità solidale per il pagamento dell’imposta graverà, pertanto, nel caso di specie, esclusivamente sui soggetti coinvolti nel rapporto sostanziale del procedimento e, dunque, sull’attore del procedimento e sul convenuto».
6. Il secondo motivo di ricorso, con cui i ricorrenti hanno dedotto un vizio di motivazione, ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per avere i giudici di appello, con motivazione anche apparente, omesso di considerare la sostanziale estraneità della contribuente A. al giudizio vertente tra altre parti processuali, deve ritenersi assorbito.
7. Alla stregua delle considerazioni svolte, il primo motivo di ricorso va accolto, assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con accoglimento dell’originario ricorso della contribuente.
8. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, mentre le spese dei gradi di merito vanno compensate tra le parti in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso dei contribuenti.
Condanna l’intimata al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei compensi ed agli accessori di legge, compensando le spese dei gradi di merito.
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