CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 ottobre 2020, n. 21329
Tributi – ICI – Accertamento – Terreni ritenuti edificabili – Rideterminazione valori sulla base di stima giurata ed asseverata da un geometra – Legittimità
Rilevato che
1.La soc. D.R.E. proponeva ricorso avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma avverso quattro avvisi di accertamento riferiti a differenze di imposta ICI non versate in relazione agli anni 2008-2009 per terreni considerati edificabili siti in località «Punta di Palo » del Comune di Ladispoli
2. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso rilevando che analoga controversia avente ad oggetto terreni contigui a quello oggetto di causa era stata decisa dalla Commissione Tributaria in accoglimento delle ragioni del ricorrente.
3. Sull’impugnazione del Comune di Ladispoli la Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva l’appello rilevando che il valore di mercato, cui l’immobile era soggetto stante la sua potenzialità economica, era stato determinato da una perizia commissionata dal Comune ed allegata a ciascun avviso di accertamento.
4. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la contribuente affidandosi a due motivi. Il Comune di Ladispoli si è costituito depositando controricorso.
Ritenuto che
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e che è stato oggetto di discussione tra le parti e violazione dell’art. 5 comma 5 del d.lvo 504/1992. In particolare la sentenza viene censurata per non aver la CTR esaminato la questione dell’erroneità degli accertamenti che contrastavano con gli atti del Comune che aveva proceduto il 20/10/2010 alla rettifica in riduzione e poi alla conciliazione e per aver fondato la decisione sulla delibera della Giunta Comunale nr 401 che recepiva la perizia del geom. R. la quale si riferiva indistintamente a tutti i terreni di Ladispoli senza considerare parametri vincolanti, indici di edificabilità e destinazione d’uso.
1.2 Con il secondo motivo viene dedotto omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e che è stato oggetto di discussione tra le parti e violazione dell’art. 2697 cc per avere la CTR confermato l’accertamento basandosi su una perizia generica che era stata sconfessata dalle decisioni giudiziali e facendo riferimento ad una vendita che riguardava un terreno con valore di circa € 38 al mq. Ci si duole, inoltre, del fatto che la CTR non abbia considerato che l’area di fatto non era edificabile per motivi di impatto ambientale e che lo stesso Comune aveva determinato il valore di tali aree edificabili al massimo in € 7,00 al mq.
2. I due motivi da esaminarsi congiuntamente in quanto intimamente connessi sono infondati.
2 Ai sensi dell’art. 5 comma 5 d.lvo 504/1992 «per le aree fabbricabili il valore è costituito da quello venale comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione, avendo riguardo zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato della vendita di aree aventi analoghe caratteristiche>>.
2.1 Sulla scorta del consolidato insegnamento di questa Corte in tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, convertito con modificazioni nella L. n. 248 del 2005, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. n. 248 del 2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs n. 504 del 1992, art. 2, comma 1°, l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. (Cass. S.U. n. 25506/2006; Cass. n. 16714/2007; n. 20137/2012). E’ stato inoltre precisato (cfr. Cass. 1423/2011) che «l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo “ius aedificandi” o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 art. 59, comma 1, lett. f).»
2.2 Ciò premesso è circostanza pacifica che l’area oggetto di controversia ricade nella zona urbanistica G e precisamente sottozona G3 destinata ad alberghi, pensioni ed impianti ricettivi; sussiste quindi una indubbia potenzialità edificatoria sia pur limitata e conformata nelle scelte di trasformazione edilizia dalla particolare vocazione urbanistica dell’area.
2.3 Sul punto i giudici di seconde cure si sono uniformati ai principi sopra esposti e pertanto non sussiste alcuna violazione dell’art. 5 comma 5 del d.lvo 504/1992.
2.4 Venendo alla quantificazione del valore dell’immobile va rilevato che l’art. 59 1° comma lett g) della l.446/1997 riconosce ai Comuni in materia di ICI la facoltà di « determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di accertamento del comune qualora l’imposta sia stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato, secondo criteri improntati al perseguimento dello scopo di ridurre al massimo l’insorgenza di contenzioso».
2.5 La fissazione dei valori delle aree fabbricabili, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1°, non può avere altro effetto che quello di una autolimitazione del potere di accertamento ICI, atteso che il comune si obbliga a ritenere congruo il valore delle aree fabbricabili laddove esso sia stato dichiarato dal contribuente in misura non inferiore a quella stabilita nel regolamento comunale.
2.6 Quest’ultimo, dal canto suo, non è tenuto ad applicarli, ben potendo scegliere di adottare un diverso valore quale base imponibile. In tal caso, tuttavia, il Comune conserva i propri poteri in materia di accertamento e il contribuente, da parte sua, dovrà approntare elementi volti a sostenere la fondatezza del valore attribuito all’area ai fini del calcolo del tributo.
2.7 Nel caso di specie costituisce circostanza incontroversa che la Giunta Comunale di Ladispoli, con delibera nr. 401 del 30712/2008, abbia rideterminato i valori dei terreni oggetto di causa sulla base di una stima giurata ed asseverata da un geometra.
2.8 La CTR ha ritenuto congrua tale valutazione trasfusa in schede tecniche allegate agli avvisi di accertamento precisando che «non possono costituire parametro di riferimento valori determinati sulla base di accordi transattivi, non essendo questi rilevanti od opponibili se non per le parti e per l’oggetto della transazione, né valori utilizzati per l’esproprio, diverso essendo il fine dell’atto e riguardando aree diverse da quelle riguardanti la presente controversia>>.
2.9 Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nel denunciare il vizio motivazionale di cui all’art 360 ,1 comma nr 5 cpc i giudici di secondo grado non hanno omesso di valutare alcun fatto decisivo ai fini del decidere. La CTR ha mantenuto fermi i valori venali delle aree fabbricabili determinati unilateralmente dal Comune per aree omogenee non ritenendo gli argomenti e gli elementi concreti forniti dal contribuente idonei a giustificare una diversa valutazione. Le argomentazioni fatte valere con i motivi di censura formulati come violazione o falsa applicazione di legge si risolvono in realtà in una critica ai valori di stima indicati nella sentenza con giudizi e valutazioni che si sovrappongono all’accertamento di fatto compito dalla CTR insindacabile in sede di legittimità.
3. Conclusivamente il ricorso va rigettato.
4 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 1.400 per compensi € 200 per spese oltre rimborso forfettario e rimborso forfettario;
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13
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