CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 ottobre 2022, n. 28942
Lavoro – Cessione di azienda – Inefficacia – Duplicità di rapporti – Diritto del lavoratore illegittimamente ceduto di ricevere, da parte del cedente, le normali retribuzioni
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Venezia, per quanto qui rileva, in accoglimento dell’appello di T. I. S.p.A., ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa città e respinto le domande di L.C., P.C., R.F., O.C., L.B. accolte in primo grado;
2. il Tribunale di Venezia, infatti, dato atto della persistenza dei rispettivi rapporti lavorativi – a seguito di sentenza di questa Corte n. 17863/2014 di rigetto del ricorso della società contro le sentenze del Tribunale e della Corte d’Appello di Venezia di accertamento della nullità della cessione a TNT Logistics (poi Ceva Logistics) dei contratti di lavoro tra i lavoratori e la società T., con condanna di T. a reintegrare i detti lavoratori in mansioni equivalenti alle precedenti – con sentenza n. 486/2017 aveva condannato T. alla corresponsione delle retribuzioni dal 17/1/2017 fino all’effettivo ripristino del rapporto;
3. il giudice di appello ha motivato il rigetto della pretesa dei lavoratori per avere questi stipulato con la apparente “cessionaria” un accordo transattivo con accettazione dell’erogazione di un incentivo all’esodo, richiamando, a conforto della soluzione adottata, la sentenza di questa Corte n. 6755/2015;
4. per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso, affidato a quattro motivi, gli originari ricorrenti; ha resistito con controricorso TIM – T. I. s.p.a.;
5. il P.G. ha depositato conclusioni scritte per l’accoglimento del ricorso;
Considerato che
1. con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione degli artt. 2112 e 1406 ss. c.c., per avere la Corte d’appello ritenuto che, anche nel caso di cessione di ramo di azienda priva dei requisiti di cui all’art. 2112 c.c., in assenza del consenso dei lavoratori alla cessione del contratto, ove gli stessi proseguano a svolgere la propria attività a favore del cessionario il rapporto con quest’ultimo si configurerebbe come prosecuzione di quello facente capo al cedente, e non sarebbe un nuovo e distinto rapporto;
2. con il secondo deducono violazione degli artt. 1372 e 2727 c.c. per avere la Corte di merito induttivamente inferito una volontà dei ricorrenti risolutiva del rapporto giuridicamente in atto con la cedente T. dal fatto che avevano impugnato il licenziamento intimato dalla cessionaria Ceva Logistics e conciliato la relativa controversia, senza verificare se vi fossero stati comportamenti incompatibili con l’asserita volontà dismissiva del rapporto con T.;
3. con il terzo motivo, subordinato, deducono omesso esame di fatti decisivi risultanti dagli atti di causa che dimostravano inequivocabilmente la volontà dei lavoratori di ribadire la persistenza dei rapporti in capo a T. ed ottenere il ripristino della funzionalità;
4. con il quarto deducono violazione degli artt. 1362 e 1364 c.c. per avere la Corte ritenuto che la ridetta conciliazione intervenuta tra i ricorrenti e Ceva Logistics, riguardante ogni diritto o pretesa che gli stessi potevano vantare nei confronti di detta società, compresi quelli eventuali derivanti dalla “cessione del ramo d’azienda da T. I. S.p.a. a Ceva Logistics s.r.l.” comportasse rinuncia ad ogni diritto o pretesa, derivante da tale vicenda, anche nei confronti di T. I.,
5. risulta dagli atti che:
– i lavoratori sono passati alle dipendenze di TNT, successivamente denominata Ceva, ai sensi dell’art. 2112 c.c. con decorrenza 1/3/2003;
– il trasferimento, impugnato in sede giudiziale, è stato dichiarato illegittimo dal Tribunale di Venezia con sentenza n. 576/2006, confermata dalla locale Corte d’Appello con sentenza n. 624/2009 e dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 17863/2014;
– i ricorrenti sono stati destinatari di provvedimento di licenziamento disposto da Ceva nel mese di gennaio 2012, hanno impugnato il licenziamento ed ottenuto sentenza di reintegrazione nel posto di lavoro;
– la relativa causa è stata poi conciliata con verbale 28/2/2013;
– a far data dal 4/3/2016 T. provvedeva al ripristino dei rapporti;
– il 17/1/2017 T. comunicava la cessazione dei rapporti lavorativi;
– risultano intervenute inter partes, oltre alla citata sentenza n. 17863/2014, le sentenze di questa Corte n. 26262/2021, n. 19833/2021, n. 8162/2020, n. 8163/2020;
6. il primo motivo di gravame, in continuità con le predette pronunce, è fondato;
7. deve innanzi tutto essere esclusa l’inammissibilità del mezzo, per supposta novità della questione relativa alla duplicità, piuttosto che unicità, del rapporto di lavoro in oggetto, avendo essa a pieno titolo costituito parte cruciale del dibattito processuale, come risulta dalla sentenza impugnata;
8. nel merito, questa Corte ha affermato (v. tra le molte, Cass. n. 17784/2019; Cass. n. 21158/2019) che:
– soltanto un legittimo trasferimento d’azienda comporta la continuità di un rapporto di lavoro che resta unico ed immutato, nei suoi elementi oggettivi, esclusivamente nella misura in cui ricorrano i presupposti di cui all’art. 2112 c.c. che, in deroga all’art. 1406 c.c., consente la sostituzione del contraente senza consenso del ceduto;
– l’unicità del rapporto viene invece meno, qualora, come appunto nel caso di specie, il trasferimento sia dichiarato invalido, stante l’instaurazione di un diverso e nuovo rapporto di lavoro con il soggetto (già, e non più, cessionario) alle cui dipendenze il lavoratore continui di fatto a lavorare;
– per insegnamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità l’unicità del rapporto presuppone la legittimità della vicenda traslativa regolata dall’art. 2112 c.c., sicché, accertatane l’invalidità, il rapporto con il destinatario della cessione è instaurato in via di mero fatto, tanto che le vicende risolutive dello stesso non sono idonee ad incidere sul rapporto giuridico ancora in essere, rimasto in vita con il cedente (sebbene quiescente per l’illegittima cessione fino alla declaratoria giudiziale);
– il trasferimento del medesimo rapporto si determina solo quando si perfeziona una fattispecie traslativa conforme al modello legale; diversamente, nel caso di invalidità della cessione (per mancanza dei requisiti richiesti dall’art. 2112 c.c.) e di inconfigurabilità di una cessione negoziale (per mancanza del consenso della parte ceduta quale elemento costitutivo della cessione), quel rapporto di lavoro non si trasferisce e resta nella titolarità dell’originario cedente;
– pure a fronte di una duplicità di rapporti (uno, de iure, ripristinato nei confronti dell’originario datore di lavoro, tenuto alla corresponsione delle retribuzioni maturate dalla costituzione in mora del lavoratore; l’altro, di fatto, nei confronti del soggetto, già cessionario, effettivo utilizzatore), la prestazione lavorativa solo apparentemente resta unica: giacché, accanto ad una prestazione materialmente resa in favore del soggetto con il quale il lavoratore, illegittimamente trasferito con la cessione di ramo d’azienda, abbia instaurato un rapporto di lavoro di fatto, ve n’è un’altra giuridicamente resa, non meno rilevante sul piano del diritto, in favore dell’originario datore, con il quale il rapporto di lavoro è stato de iure (anche se non de facto, per rifiuto ingiustificato del predetto) ripristinato;
– nello stesso senso è stato ribadito il consolidato orientamento circa l’interesse a far valere giudizialmente l’insussistenza di un trasferimento di ramo d’azienda da parte del lavoratore ceduto, nonostante la prestazione di lavoro resa in favore del cessionario e le eventuali vicende risolutive del rapporto con il medesimo, siccome irrilevanti (Cass. n. 13617/2014; Cass. n. 17736/2016; Cass. n. 25144/2017; Cass. n. 2281/2018);
9. di conseguenza, la transazione col terzo si configura quale res inter alios acta, priva di diretta efficacia sul rapporto con la “cedente” T., rapporto del quale è stata accertata la giuridica continuità per effetto dell’inefficacia della cessione del ramo di azienda giudizialmente accertata;
10. l’affermazione dell’inidoneità dell’atto transattivo relativo al rapporto (di fatto) instaurato con C. ad incidere sul rapporto con la società cedente risulta coerente con i più recenti approdi della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 29092/2019, Cass. n. 16793/2020, Cass. n. 16792/2020, Cass. n. 16710/2020) i quali, come detto, sulla scia di Cass. Sez. Un. n. 2990/2018, ricostruiscono la vicenda connessa ad una cessione di azienda dichiarata inefficace come connotata da una duplicità di rapporti (l’uno, di continuità giuridica, con il soggetto cedente, l’altro, di fatto, con il soggetto cessionario), e riconoscono il diritto del lavoratore illegittimamente ceduto di ricevere, da parte del cedente (nel caso di specie T. I.) le normali retribuzioni, insuscettibili di decurtazioni per aliunde perceptum;
11. tale orientamento è assolutamente prevalente e tale da far ritenere superate le diverse statuizioni di cui alle sentenze di questa Corte n. 6755 e n. 9803 del 2015 invocate dalla società ricorrente;
12. rimangono assorbiti gli ulteriori motivi;
13. si impone pertanto l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, con cassazione della decisione con rinvio ad altro giudice di secondo grado per il riesame della vicenda alla luce dei principi richiamati;
14. al giudice del rinvio, che si individua nella Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione, è demandato altresì il regolamento delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione.
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