CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 settembre 2019, n. 22237
Tributi – IVA – Accertamento parziale – Accertamento integrativo – Mancata indicazione degli elementi sopraggiunti – Irrilevanza – Legittimità
Fatti di causa
F. di C. C. & c. S.n.c. definì mediante adesione un primo avviso di accertamento, con il quale l’Agenzia delle Entrate recuperò a tassazione maggiori redditi ai fini delle imposte dirette, dell’IRAP e dell’IVA nell’anno 2004, ed impugnò innanzi al giudice tributario altro avviso di accertamento, mediante il quale venne recuperata l’IVA sulle fatture registrate per operazioni inesistenti nel medesimo periodo.
L’impugnazione venne integralmente accolta in primo grado; l’Agenzia delle Entrate propose quindi appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che lo accolse, con sentenza depositata il giorno 8 febbraio 2011, affermando che i due avvisi di accertamento parziali erano fondati su presupposti diversi e, quindi, non risultava alcuna duplicazione della pretesa fiscale.
Avverso la detta sentenza, F. di C. C. & c. s.n.c. (erroneamente appellata in ricorso «F. di C. C. & c. s.n.c.») ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo deduce F. di C. C. & c. s.n.c. la violazione dell’art. 43 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 57, comma 4, del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, atteso che la commissione tributaria regionale ha ritenuto legittimo il secondo avviso di accertamento impugnato dalla contribuente, nonostante difettasse l’indicazione dei nuovi elementi di cui sarebbe venuto a conoscenza l’ufficio dopo la notifica del primo avviso.
2. Con il secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 41 -bis del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 54, comma 5, del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, poiché il giudice di merito ha erroneamente considerato i due avvisi di accertamento come parziali, mentre nessuno dei due atti era stato emesso in presenza dei relativi presupposti per definirlo tale.
2.1. I due motivi, meritevoli di esame congiunto, sono entrambi infondati.
Questa Corte ha già chiarito che all’accertamento parziale di cui all’art. 41 -bis, comma 1, del d.p.r. n. 600 del 1973 – alla quale in materia di IVA corrisponde l’art. 54, comma 5, del d.p.r. n. 633 del 1972 – può fare seguito un successivo accertamento, senza che sia necessario che vengano indicati gli elementi sopraggiunti, come prescritto per l’accertamento integrativo dall’art. 43 del medesimo d.p.r. che risponde a diverse finalità; l’accertamento parziale, invero, a differenza di quello generale previsto dall’art. 43 del ridetto d.p.r. n. 600 del 1973, non richiede la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte della Amministrazione, da indicare in modo specifico a pena di nullità del nuovo accertamento (Cass. 01/10/2018, n. 23685).
Va soggiunto che secondo l’orientamento di questa Corte, l’accertamento parziale ai fini IVA, ai sensi dell’art. 54, comma 5, del d.p.r. n. 633 del 1972, è uno strumento diretto a perseguire la sollecita emersione della materia imponibile, laddove le attività istruttorie non richiedano, per la loro oggettiva consistenza, ulteriori valutazioni, sicché può essere fondato pure su una verifica generale, che abbia dato luogo ad un unico processo verbale di constatazione, in quanto la segnalazione degli organi indicati costituisce un semplice atto di comunicazione, distinto dall’attività istruttoria, da esso necessariamente presupposta (Cass. 28/10/2015, n. 21992; Cass. 05/02/2009, n. 2761)
2.2. Orbene, nella vicenda all’esame il giudice di merito ha accertato che l’Agenzia delle Entrate, sulla scorta della “segnalazione” contenuta in un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, notificò alla contribuente un primo avviso di accertamento parziale relativo alle maggiori imposte dirette, all’IRAP e all’IVA (quest’ultima imposta dovuta per le operazioni ritenute esistenti dall’Amministrazione e, tuttavia, non contabilizzate dalla contribuente) ed un secondo accertamento, con il quale venne invece recuperata l’IVA dovuta sulle fatture spiccate per operazioni ritenute inesistenti e, però, contabilizzate dalla contribuente.
Dunque, a differenza di quanto affermato dalla ricorrente, non si è registrato un primo avviso di accertamento, successivamente integrato ai sensi dell’art. 43, comma 3, del d.p.r. n. 600 del 1973, bensì due distinti avvisi di accertamento parziali, notificati sulla scorta della medesima segnalazione proveniente dalla Guardia di Finanza, in forza dei richiamati art. 41 -bis del d.p.r. n. 600 del 1973 e art. 54, comma 5, del d.p.r. n. 633 del 1972.
Inammissibile, infine, si mostra la censura della ricorrente nella parte in cui afferma che gli avvisi spiccati dall’amministrazione finanziaria, per il loro contenuto intrinseco, non sarebbero incasellabili nell’ambito di quelli parziali ex art. 41-bis del d.p.r. n. 600 del 1973, poiché detta doglianza difetta della necessaria specificità ex art. 366, comma primo, n. 6), c.p.c., non essendo stati riprodotti integralmente gli atti in discussione in seno al ricorso in esame.
3. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito ed agli accessori di legge.
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