CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 dicembre 2019, n. 31994
Indebito pensionistico – Contemporaneo godimento di pensione estera e di pensione integrata al minimo erogata dall’Inps – Comunicazione redditi derivanti dalla rendita estera
Rilevato
che con sentenza in data 10 ottobre- 7 novembre 2017 numero 2482 la Corte d’ Appello di Lecce riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta da L. A. R. per la dichiarazione di irripetibilità dell’indebito pensionistico percepito nel periodo dall’ 1 agosto 1995 al 31 luglio 2005, per effetto del contemporaneo godimento di pensione estera e di pensione integrata al minimo erogata dall’Inps, in base al disposto dell’articolo 8, ultimo comma, legge 153/1969;
che a fondamento della decisione la Corte territoriale esponeva che dall’esame della corrispondenza intercorsa tra la Cassa previdenziale elvetica (Cassa di compensazione svizzera) e l’Inps non si evinceva che l’INPS fosse a conoscenza già nell’anno 1999 della liquidazione della rendita estera e del suo ammontare.
Con lettera del 16 ottobre 1991 l’Istituto previdenziale estero aveva chiesto all’ INPS di sottoporre il R. a visita medica al fine di verificare il requisito sanitario per l’ottenimento della rendita estera; dello stesso tenore era la lettera del 20 agosto 1999, poi reiterata 26 novembre 1999.
Con lettera del 20 gennaio 2000 l’INPS aveva trasmesso la documentazione richiesta.
Non vi era prova che l’INPS dopo la predetta corrispondenza e prima dell’anno 2005 fosse venuto a conoscenza dell’effettiva liquidazione della rendita da parte dell’istituto estero; solo nel corso del 2005 l’INPS aveva provveduto alla ricostituzione della vecchia pensione di invalidità ordinaria e liquidato al suo posto una pensione internazionale priva dell’importo del trattamento di integrazione al minimo erogato sulla precedente pensione.
Dal settembre 1986, data di decorrenza della rendita estera, al luglio 2005, il pensionato non aveva invece comunicato all’Inps i redditi derivanti dalla rendita estera, pur essendo a tanto tenuto.
Era inapplicabile l’articolo 52 della legge 88/1989, che presupponeva un errore dell’istituto erogatore della prestazione previdenziale. La Suprema Corte con riferimento alle pensioni liquidate in regime internazionale aveva affermato la recuperabilità degli indebiti verificatesi con l’attribuzione dell’integrazione al minimo: nella predetta ipotesi l’Istituto previdenziale in forza della previsione dell’articolo 8 della legge 153/1969 era tenuto a porre in pagamento in via provvisoria— e salvo conguaglio— la pensione integrata al trattamento minimo. Il titolo attributivo dell’integrazione al minimo era provvisorio— in quanto destinato a venir meno in conseguenza della corresponsione del pro-rata da parte dell’organismo estero— senza che si potesse determinare un legittimo affidamento del pensionato nella definitività della attribuzione.
Inoltre – poiché non vi era prova del fatto che l’INPS fosse venuto a conoscenza prima del 2005 della liquidazione della prestazione estera— la richiesta di restituzione era avvenuta nel termine di cui all’articolo 13 comma 2 L. 412/1991
che avverso la sentenza ha proposto ricorso L. A. R., articolato in quattro motivi, cui ha opposto difese l’INPS con controricorso;
che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti — unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale – ai sensi dell’articolo 380 bis cod.proc.civ.
che la parte ricorrente ha depositato memoria
Considerato
che la parte ricorrente ha dedotto:
– con il primo motivo – ai sensi dell’articolo 360 numero 3 codice di procedura civile – violazione dell’articolo 52 della legge 88/1989, come interpretato dall’articolo 13 della legge 412/1991.
Ha esposto che il giudice dell’appello aveva escluso l’irripetibilità della modesta somma erroneamente versata dall’Inps unicamente sul rilievo che l’Inps non aveva commesso alcun errore, perché non era conoscenza della pensione estera.
L’articolo 52 faceva dipendere il diritto di ritenzione dalla concorrenza di tre elementi: il pagamento indebito di emolumenti pensionistici; l’errore dell’Inps; la buona fede del percipiente, elementi tutti certamente ricorrenti.
Sulla base dei documenti in atti non poteva esservi alcun ragionevole dubbio sul fatto che l’INPS già nell’anno 1999 fosse in possesso dei dati necessari al ricalcolo della pensione; egli aveva fatto affidamento sulla legittimità delle attribuzioni per il decorso del biennio previsto dall’ articolo 13 legge 412/1991, senza che si potesse ipotizzare alcuna forma di dolo;
– con il secondo motivo – ai sensi dell’articolo 360 numero 3 codice di procedura civile – violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 codice di procedura civile. Il ricorrente ha imputato alla Corte territoriale di avere ignorato il quadro probatorio documentale, affermando che dai documenti non si evinceva che l’INPS fosse a conoscenza nell’anno 1999 della definitiva liquidazione della rendita estera e del suo ammontare. Dai documenti risultava, invece, che I’ INPS era a conoscenza della rendita estera: i dati erano chiaramente esposti nelle note in date 23 giugno 1989, 19 novembre 1999, 20 gennaio 2000. In particolare la nota del 19 novembre 1999 certificava la definitività della rendita estera.
– con il terzo motivo— ai sensi dell’articolo 360 nr. 4 cod.proc.civ.— violazione degli articoli 132 e 161 cod.proc.civ per omessa motivazione circa le ragioni del mancato esame di documenti decisivi. Si assume che il mancato esame dei documenti aveva determinato una motivazione apparente ed irrazionale.
— con il quarto motivo— ai sensi dell’articolo 360 numero 3 codice di procedura civile— violazione dell’articolo 38, commi sette ed otto, legge 28 dicembre 2001 numero 448.
Il ricorrente ha dedotto che nella fattispecie di causa ricorreva l’ipotesi di irripetibilità o di parziale irrepetibilità prevista e disciplinata dalle suddette norme;
che ritiene il Collegio si debba dichiarare inammissibile il ricorso;
che, invero, il primo motivo, con il quale si assume la sussistenza nella fattispecie concreta dell’errore dell’INPS, tale da determinare la irripetibilità dell’indebito previdenziale secondo la disciplina dell’articolo 52 L. 88/1989, non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata. Il giudice dell’appello non ha applicato, invero, la norma dell’articolo 52 legge 88/1989, conformandosi alla giurisprudenza di questa Corte- a partire da Cass. Sez. U, Sentenza 22 maggio 1995 n. 1967 (seguita da Cass. sez. lav. 06.11.1996 nr. 9709; n. 11011 del 1996; 14.08.2001 nr. 11113)- secondo cui la ripetibilità della somma versata a titolo di integrazione al minimo della pensione liquidata dall’INPS e non più dovuta a seguito della liquidazione della pensione estera è ammissibile senza che possa farsi questione di errori commessi dall’Istituto- come previsto dal citato articolo 52- in quanto essa discende dal particolare meccanismo liquidatorio disciplinato dal citato art. 8 legge n. 153 del 1969.
Tale meccanismo è caratterizzato da una liquidazione provvisoria, che attiene alla concessione dell’anticipazione sulla pensione, e dal riassorbimento dell’integrazione al minimo in relazione agli importi di “prò – rata” eventualmente corrisposti dagli organismi assicuratori esteri. Si tratta, pertanto, di una disciplina speciale che contiene in sé, come fisiologica, l’ipotesi, al momento della attribuzione dell’anticipazione, che si debba addivenire ad una nuova determinazione in sede di concessione della prestazione definitiva, e, quindi, a conguagli.
Le deduzioni della parte ricorrente, volte a rappresentare l’errore dell’INPS, non pongono, dunque, in discussione la ratio deciderteli, fondata sulla inapplicabilità del suddetto articolo 52 legge 88/1989;
– quanto al secondo ed al terzo motivo, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, giova premettere, ai fini del giudizio di rilevanza della censura, che questa Corte nel sostenere la specialità del regime di ripetibilità di cui all’articolo 8 legge 153/1969 non ha mancato di rilevare che la ripetibilità delle somme viene a cessare dal momento in cui l’Istituto previdenziale sia stato posto in condizioni di accertare la non- debenza della prestazione e di provvedere al recupero in uno spazio di tempo equitativamente indicabile in un anno, sulla base di quanto stabilito dall’art. 13, comma secondo, della legge 30.12.1991 n. 412 ed in applicazione dei principi fissati dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 166 del 1996, in relazione alla fattispecie di cui all’articolo 6 comma 11 quinquies legge 638/1983, che poneva problematiche analoghe ( Cass., sentt. 9709/1996; 11011/1996 e 11113/2001, citate). In tali pronunce ( Cass. sent. nr. 9709/1996) si è altresì precisato che l’INPS non può sospendere l’erogazione della integrazione al minimo a seguito della liquidazione di una pensione estera se non dopo la ricezione di apposta comunicazione da parte dell’istituzione estera sulla decorrenza e sulla misura di quella prestazione e che, stante l’assenza di una specifica previsione normativa, non ha l’obbligo di richiedere periodicamente informazioni presso l’ente assicurativo estero.
Tanto premesso in diritto, la sentenza impugnata ha accertato in fatto che l’INPS venne a conoscenza della definitiva liquidazione della pensione estera soltanto dall’anno 2005.
Tale accertamento di fatto è stato fondato tanto sulla medesima corrispondenza della quale la parte ricorrente assume il mancato esame ( nota del 20 gennaio 2000) che sul contenuto di ulteriore corrispondenza intercorsa tra l’INPS e l’ente elvetico negli anni 1991,1992,1994 e 1999. Trattandosi di accertamento di fatto, il sindacato di questa Corte può essere sollecitato nei limiti di deducibilità del vizio di motivazione ovvero con la specifica allegazione di un fatto storico, oggetto di discussione tra le parti ed avente rilievo decisivo, non esaminato nella sentenza impugnata. I motivi, pur nella formale denuncia di una violazione di diritto e di un vizio di assenza di motivazione, nei contenuti devolvono a questo giudice di legittimità un non- consentito riesame del merito. Essi si fondano su un documento già esaminato dal giudice dell’appello o sul mancato esame di meri elementi istruttori ( note del 23 giugno 1989 e del 19.11.1999, riprodotte in ricorso), dei quali neppure è specificata la decisività rispetto al fatto accertato sulla base della corrispondenza esaminata in sentenza.
Quanto al quarto motivo, la inammissibilità consegue al rilievo di novità della censura giacché la questione della irripetibilità dell’indebito previdenziale alla luce della disciplina dell’articolo 38 della legge 28.12.2001 nr. 448 non risulta affrontata nella sentenza impugnata e la parte ricorrente non ha specificato attraverso quali atti difensivi essa era stata sottoposta al giudice del merito. Invero ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto (nella specie, entità del reddito del pensionato ed assenza del dolo) – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (per tutte: Cassazione civile sez. lav., 28/07/2008, n.20518);
– che ,pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con ordinanza in camera di consiglio ex articolo 375 cod.proc.civ.;
– che la parte ricorrente è esente dal pagamento delle spese, avendo reso dichiarazione ex articolo 152 disp. att. cod.proc.civ. ( dichiarazione sostitutiva di certificazione allegata all’odierno ricorso);
– che il ricorrente, ammesso al patrocinio a spese dello Stato con delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del 15.12.2017, non è tenuto al versamento dell’ulteriore importo del contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1-quater DPR 115/2002, stante la prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 del medesimo decreto (ex plurimis: Cassazione civile, sez. VI, 12/04/2017, n. 9538)
P.Q.M.
Dichiara la inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della NON sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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