CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 febbraio 2019, n. 3442
Tributi – IRES – Permuta terreni edificabili e immobili da costruire – Ricavi generati dai costi sostenuti per la costruzione degli immobili, ceduti in permuta in cambio dei suoli edificabili – Imputazione all’esercizio di competenza – Anno in cui si verifica il passaggio di proprietà degli immobili a seguito dell’ultimazione della costruzione
Rilevato che
1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con tre motivi contro la società A. s.r.l. in persona del l.r.p.t., e F.C. in proprio, per la cassazione della sentenza n. 44/25/12 della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, emessa il 14 febbraio 2012, depositata il 12 marzo 2012 e non notificata, che ha accolto parzialmente, sia l’appello principale dell’Agenzia delle Entrate, sia quello incidentale della società contribuente e di C.F., in controversia avente ad oggetto l’impugnativa degli avvisi di accertamento di maggiori ricavi ai fini Irpef, Irap ed Iva per gli anni di imposta 2001, 2004 e 2005;
2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. della Puglia (in seguito C.T.R.) esponeva che il sig. C.F., in proprio e quale amministratore pro tempore della società A. s.r.l., aveva proposto distinti ricorsi, poi riuniti innanzi alla C.T.P. di Foggia, con cui aveva impugnato gli avvisi di accertamento scaturiti a seguito del P.V.C. redatto in data 9/4/2008 dai funzionari del locale Ufficio dell’Agenzia delle Entrate;
con i predetti avvisi l’Amministrazione accertava per l’anno 2001, una maggiore imposta Iva per euro 194.613,35 in relazione alla permuta avente ad oggetto i terreni edificabili e gli immobili da costruire;
per l’anno 2004 l’Ufficio accertava un maggior reddito della società di euro 852.979,00, derivante dall’applicazione di una maggiore percentuale di ricarico (il 58,04% in luogo del 25%), da vendite non fatturate nei confronti di B.P. e dai maggiori ricavi risultanti dal preliminare della vendita P.E.;
per l’anno 2005 l’Agenzia determinava un maggior reddito della società pari ad euro 3.888.404,00, derivante da sottofatturazione per euro 1.891.546,13, dalla mancata fatturazione del valore di euro 1.946.131,59 della permuta (dei suoli edificabili in cambio degli immobili da costruire), nonché da costi non documentati, non di competenza e non inerenti;
sempre per l’anno 2005, l’Ufficio accertava la mancata effettuazione di ritenute d’imposta sul presunto utile distribuito a C.F., socio della I.F.G. s.r.l., a sua volta socia della A. s.r.l., nonché il presunto maggior reddito conseguito dal C. derivante dalla suddetta distribuzione degli utili;
la C.T.P. di Foggia, riuniti i ricorsi, in parziale accoglimento degli stessi ha ritenuto l’intervenuta decadenza dell’Agenzia dal potere di accertamento in relazione all’accertamento Iva per l’anno di imposta 2001, la regolare fatturazione della vendita B. per l’anno 2004, la fondatezza dei ricorsi avanzati da C.F. “attesa la sospensione degli atti prodromici nelle more del giudizio”, confermando la legittimità degli accertamenti nei confronti della società per l’anno 2005 e per l’anno 2004 (al netto della somma rinveniente dalla vendita B.);
avverso la sentenza della C.T.P. hanno proposto appello sia l’Agenzia delle Entrate in via principale, sia la società e C.F. in via incidentale;
3. il giudice di appello, accogliendo parzialmente gli appelli, ha ritenuto che l’accertamento relativo all’anno 2005 dovesse essere decurtato della somma di euro 1.946.131,59, corrispondente al valore del suolo ricevuto in permuta nel 2001 (pari al valore degli immobili successivamente realizzati) costituente un costo per la società, nonché della sottofatturazione calcolata dall’Ufficio con un ricarico del 58%, mentre dai preliminari di compravendita acquisiti risultava un ricarico del 25%;
anche per l’anno 2004, la C.T.R. ha ritenuto che la sottofatturazione dovesse essere calcolata nella percentuale del 25% e che le fatture intestate a B. Pasquale dovessero essere intese come riferibili alle figlie, non risultando alcun atto di vendita a nome di B. P.;
per l’anno 2001 la C.T.R. confermava la decisione di primo grado, non essendo applicabile alla fattispecie in esame la proroga biennale ex art. 10 L. n. 289/02, poiché la società aveva presentato istanza di condono, che non è stata contestata in alcun modo dall’Ufficio;
infine, in relazione all’accertamento sulle mancate ritenute da parte della società sulla distribuzione di utili per l’anno 2005 e sul reddito derivante al socio dalla stessa, secondo la C.T.R. esso andava confermato nei limiti in cui era stato confermato l’accertamento di maggiori redditi societari;
4. a seguito del ricorso, A. s.r.l., in persona del l.r.p.t., e F.C. resistono con controricorso e avanzano ricorso incidentale affidato ad un unico motivo;
5. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 16 gennaio 2019, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n. 168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n. 197;
6. il P.G. U.D.A. ha fatto pervenire conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, con conseguente assorbimento degli altri motivi e del ricorso incidentale;
Considerato che
1.1. con il primo motivo del ricorso principale, l’Agenzia delle Entrate denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 d.P.R. n. 917/1986, dell’art. 62 d.lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nonché l’omessa motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.;
secondo la ricorrente, il giudice di appello avrebbe erroneamente ritenuto che la permuta dei terreni edificabili in cambio di unità immobiliari da costruire fosse un’operazione fiscalmente neutra, attribuendo ai terreni il valore esattamente corrispondente ai ricavi accertati dall’Ufficio per il 2005, anno in cui si era perfezionato il trasferimento degli immobili ad A. e N.S., che avevano ceduto i terreni;
l’affermazione relativa al valore dei terreni è, però, priva di adeguata giustificazione e trascura che le stesse parti lo avevano stimato nel p.v.c. del 9 aprile 2008 in euro 568.102,59, cifra largamente inferiore al costo complessivo dei fabbricati, venuti ad esistenza nel 2005 (che i verbalizzanti avevano accertato in euro 1.946.131,00 con riferimento ai costi degli altri fabbricati del medesimo complesso edilizio);
la ricorrente Agenzia conclude, quindi, nel senso che i ricavi generati dai costi sostenuti dalla società per la costruzione degli immobili ceduti a titolo di permuta avrebbero dovuto essere assoggettati a tassazione Ires nell’anno 2005, in cui si era verificato il passaggio di proprietà;
1.2. il motivo è fondato;
1.3. in particolare, come rilevato dall’Agenzia ricorrente, l’operazione di permuta avrebbe comportato per la società costruttrice l’obbligo dell’immediata fatturazione ai fini dell’Iva di un importo pari al valore dei beni permutati fin dal momento della stipula dell’atto (nell’anno 2001), nonché la concorrenza del relativo ricavo alla determinazione del reddito dell’anno 2005, in cui il bene futuro era venuto ad esistenza, con il conseguente effetto traslativo della proprietà in capo ai soggetti che avevano ceduto il terreno edificabile;
nel caso di specie, quindi, i ricavi generati dai costi sostenuti per la costruzione degli immobili, ceduti in permuta in cambio dei suoli edificagli, avrebbero dovuto essere assoggettati a tassazione Ires nell’esercizio di competenza, cioè nell’anno 2005, in cui si era verificato il passaggio di proprietà degli immobili a seguito dell’ultimazione della costruzione degli stessi;
l’affermazione della C.T.R., relativa alla coincidenza del valore del suolo con i ricavi accertati in capo alla società per l’anno 2005, appare, quindi, non supportata da adeguata motivazione;
pertanto la sentenza impugnata va cassata affinché il giudice di appello motivi adeguatamente in ordine ai ricavi generati dai costi sostenuti per la costruzione degli immobili, ceduti in permuta in cambio dei suoli edificabili, che avrebbero dovuto essere assoggettati a tassazione Ires nell’esercizio di competenza;
2.1. con il secondo motivo, la ricorrente denunzia l’omessa motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.;
secondo la ricorrente, relativamente agli anni di imposta 2004 e 2005, la C.T.R. erroneamente aveva ridotto la percentuale di ricarico, dal 58% al 25%, ai fini del calcolo della sottofatturazione delle operazioni di vendita, poiché non aveva tenuto conto della documentazione extracontabile, “indicata alla pag. 9 del p.v.c.”, da cui era dato evincersi l’effettivo prezzo di vendita, di gran lungo maggiore del costo sostenuto;
2.2. il motivo è inammissibile;
2.3. la ricorrente non chiarisce quale sia la documentazione extracontabile cui farebbe riferimento il p.v.c. ed, in tal modo, non consente di valutare la decisività degli elementi sui quali la C.T.R. avrebbe omesso di motivare;
d’altro canto, il giudice di appello fornisce una motivazione adeguata in ordine alla riduzione della percentuale di ricarico e della conseguente sottofatturazione, sostenendo che dai preliminari delle vendite acquisiti agli atti risulterebbe una percentuale di ricarico del 25%, affermazione che non è specificamente contestata dall’Agenzia ricorrente (che si limita ad invocare l’efficacia probatoria di ulteriore – e non meglio individuata – documentazione extracontabile);
3.1. con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 62, comma 1, d.lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., nonché la violazione dell’art. 21 d.lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.;
deduce la ricorrente che i giudici di appello avrebbero omesso di pronunciarsi sull’eccezione d’inammissibilità del ricorso di C.F., che avrebbe tardivamente impugnato l’atto impositivo emesso nei suoi confronti, in violazione dei termini di cui aIl’art. 21 d.lgs. n. 546/92;
3.2. il motivo è inammissibile;
3.3. in primo luogo, l’Agenzia delle Entrate deduce di aver eccepito l’inammissibilità del ricorso del contribuente con uno specifico motivo di appello, sul quale la C.T.R. avrebbe omesso di pronunciarsi;
deve, però, rilevarsi che il motivo, sotto tale profilo, è inammissibile, avendo la C.T.R. deciso direttamente nel merito, con ciò implicitamente rigettando l’eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso;
come più volte ribadito da questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. n. 20311/2011, Cass. n. 3756/2013);
“non ricorre, quindi, il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (Nella specie, la S.C. ha ravvisato il rigetto implicito dell’eccezione di inammissibilità dell’appello nella sentenza che aveva valutato nel merito i motivi posti a fondamento del gravame)” (Sez. 5, Ordinanza n. 29191 del 06/12/2017);
nella specie non vi è, quindi, omessa pronuncia censurabile ai sensi degli artt. 112 e 360, comma 1, n.4 c.p.c.;
in relazione alla denunciata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. (rectius n.4, trattandosi di violazione di norma processuale), l’Agenzia ricorrente sostiene che l’avviso di accertamento, notificato il 18 agosto 2008, è stato impugnato dal contribuente il 7 luglio 2009, allorquando il (termine di cui all’art. 21 d.lgs. n. 546/92, considerata anche la sospensione feriale, era irrimediabilmente spirato, con conseguente inammissibilità del ricorso introduttivo;
deve premettersi che nel giudizio tributario l’inammissibilità del ricorso introduttivo può essere rilevata anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (cfr. Cassazione civile sez. trib., 3 novembre 2010, n. 22319);
è stato anche detto che tale inammissibilità non può essere eccepita per la prima volta dinanzi a questa Corte quando la valutazione della fondatezza della eccezione implica un accertamento di fatto (Cassazione civile sez. trib., 30 dicembre 2010, n. 26391;Cass. n. 7410/11; Cass. 12/2010);
di conseguenza anche tale profilo di doglianza risulta inammissibile, poiché, implicando un accertamento in fatto, riguardante la data d’inoltro del ricorso in prime cure ai fini dell’osservanza, o meno, del termine di legge per la notifica dell’atto impositivo, non può essere per la prima volta esaminato in questa sede (non riportando, per altro, la notifica dell’atto impositivo e gli altri atti sui quali si fonda);
4.1. passando all’unico motivo di ricorso incidentale, C.F. denunzia l’omessa o insufficiente motivazione, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., della sentenza impugnata in relazione a fatti controversi e decisivi per il giudizio, consistenti nell’aver imputato direttamente al ricorrente incidentale, che era socio della società ICF s.r.l., a sua volta socia dell’A. s.r.l., il maggior reddito accertato nei confronti di tale ultima società;
4.2. il motivo è inammissibile;
4.3. invero, esso è carente in specificità, poiché, nel silenzio sul punto della sentenza impugnata, il ricorrente incidentale non allega di aver sollevato tale questione con il ricorso introduttivo, né di averla ribadita in appello;
in conclusione, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale, dichiarati inammissibile il secondo ed il terzo, nonché l’unico motivo del ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla C.T.R. della Puglia, in diversa composizione, per un nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara inammissibili il secondo ed il terzo, nonché l’unico motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla C.T.R. della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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