CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 febbraio 2019, n. 3445
Tributi – Accertamento – Studi di settore – Riscossione – Contenzioso tributario
Fatti di causa
l’odierno ricorrente, A.S., riceveva dall’Agenzia delle Entrate di Salerno l’avviso di accertamento n. REQ010801560, mediante il quale, anche sul fondamento di studio di settore, gli si contestavano maggiori ricavi nell’anno 2006, per l’ammontare di Euro 146.534,00, in relazione all’attività di pescheria che gestiva, conseguendone maggiori tributi proporzionali a titolo di Irpef, Iva ed Irap, oltre sanzioni.
Il contribuente promuoveva procedura di accertamento con adesione, che però non produceva risultato, per quanto l’Ufficio finanziario avesse ritenuto congruo un abbattimento del 51% dei ricavi accertati, ed introduceva quindi impugnativa giurisdizionale, contestando l’attendibilità dei risultati ai quali l’Agenzia era pervenuta attraverso un’applicazione degli studi di settore avulsa dalla concreta realtà dell’impresa gestita.
L’adita Commissione Tributaria Provinciale di Salerno affermava doversi escludere ogni automatismo nell’applicazione degli studi di settore, che non sono idonei ad integrare, di per sé, presunzioni gravi, precise e concordanti. In conseguenza accoglieva il ricorso ed annullava l’accertamento. L’Agenzia delle Entrate impugnava la decisione innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Napoli, sezione staccata di Salerno, che accoglieva parzialmente il ricorso. La CTR osservava che l’Ufficio finanziario non aveva fondato il proprio accertamento sulla applicazione automatica dello studio di settore, che pure da solo rivelava “notevoli incongruenze” ma, d’altro canto, rilevava pure come il contribuente avesse parzialmente giustificato lo scostamento, riscontrato dall’Agenzia, tra i ricavi dichiarati e quelli calcolati mediante gli studi di settore.
In conseguenza, ricordato che l’Agenzia già aveva concordato sulla riduzione della percentuale di ricarico calcolata, la CTR riteneva che detta percentuale dovesse essere ridotta al 50%. Inoltre, in considerazione del parziale accoglimento delle giustificazioni addotte dal contribuente, riteneva corretto ridurre anche i ricavi accertati nella misura del 60%.
Avverso la decisione assunta dalla Commissione Tributaria Regionale di Napoli, sezione staccata di Salerno, ha proposto ricorso per cassazione S.A., affidandosi a cinque motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Ragioni della decisione
Occorre innanzitutto esaminare una questione preliminare.
L’Agenzia delle Entrate contesta la procura conferita dal ricorrente, il quale avrebbe nominato due difensori ma, ipotizza l’Ufficio finanziario, che quello che ha provveduto ad autenticare il mandato, l’Avv. M.P., non sarebbe un cassazionista. Risulta essere orientamento consolidato e meritevole di conferma della Suprema Corte, in proposito, quello secondo cui “è inammissibile il ricorso per cassazione non sottoscritto da un avvocato iscritto nell’albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di cassazione e alle altre giurisdizioni superiori, di cui all’art. 33 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito con modificazioni nella legge 22 gennaio 1934, n. 36, ma unicamente da uno o più avvocati non abilitati a tale patrocinio, senza che rilevi in senso contrario che il mandato, in margine o in calce allo stesso ricorso, sia stato rilasciato anche in favore di avvocato iscritto in detto albo e indicato come domiciliatario, qualora la sottoscrizione di detto mandato sia stata autenticata da avvocato non abilitato al patrocinio speciale suddetto”, Cass. sez. IlI, sent. n. 3459 del 06/03/2012 (Rv. 621334 – 01).Tuttavia, nel caso di specie, la sollevata contestazione deve giudicarsi infondata, posto che non solo il procuratore abilitato, tra i due nominati, cioè l’Avv. M.S., ha sottoscritto anch’egli il ricorso, ma ha pure provveduto ad autenticare, anche lui, la procura conferita dallo S.. In conseguenza, la questione pregiudiziale proposta dalla contro ricorrente deve essere respinta, non risultando integrato il paventato vizio formale. Sussistono, pertanto, le condizioni per procedere ad esaminare nel merito il ricorso.
1.1. – Il contribuente contesta, mediante il suo primo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., il vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la Commissione Tributaria Regionale impugnata per aver omesso l’esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato fatto oggetto di discussione tra le parti, avendo affermato che “lo studio di settore evidenziava da solo notevoli incongruenze”.
1.2. – Il ricorrente censura, mediante il suo secondo motivo di impugnazione, anch’esso introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., il vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la Commissione Tributaria Regionale impugnata per aver omesso l’esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato fatto oggetto di discussione tra le parti, avendo ritenuto provata la quantità dei maggiori tributi dovuti.
1.3. – A.S. critica, mediante il suo terzo motivo di ricorso, ancora introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., contesta il vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la Commissione Tributaria Regionale impugnata per aver omesso l’esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato fatto oggetto di discussione tra le parti, costituito dall’omessa istaurazione della fase precontenziosa da parte dell’Agenzia, che non ha dato alcuna risposta all’istanza di accertamento con adesione formulata.
1.4. – Il ricorrente con il suo quarto motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., critica la violazione o falsa applicazione dell’art. 57 del D.Lgs. n. 546 del 1992, in conseguenza dell’errore in cui sarebbe incorsa la Commissione Tributaria Regionale impugnata avendo omesso di dichiarare inammissibile la domanda nuova proposta in grado di appello dall’Agenzia delle Entrate in materia di riduzione dell’importo dei maggiori ricavi accertati.
1.5. – Il ricorrente, mediante il suo quinto motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., censura la violazione o falsa applicazione dell’art. 134, comma II, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 156, comma II, cod. proc. civ., in cui sarebbe incorsa la Commissione Tributaria Regionale in conseguenza dell’impossibilità di determinare esattamente il contenuto del dispositivo della sentenza impugnata, con conseguente nullità della stessa.
2.1. – 2.2. – Con il primo motivo di ricorso S.A. contesta il vizio di motivazione della decisione impugnata per avere la Commissione Tributaria Regionale apoditticamente affermato che lo studio di settore posto a fondamento dell’accertamento presentava gravi incongruenze, trascurando pure di esaminare il confronto svoltosi tra le parti in merito. Mediante il secondo motivo di impugnazione il ricorrente critica, sempre in relazione al profilo del vizio di motivazione, la Commissione Tributaria Regionale per aver ritenuto provato l’ammontare dei maggiori tributi dovuti. I motivi di ricorso appaiono strettamente connessi, e possono quindi essere esaminati congiuntamente.
Ricordato che l’art. 39, comma primo, lett. b), del Dpr n. 600 del 1973, consente di procedere alla rettifica induttiva dei ricavi, in presenza dello scostamento degli importi dichiarati rispetto ai valori desumibili in considerazione della struttura dell’impresa e della natura dell’attività svolta, la CTR ha osservato che l’Ufficio finanziario aveva accertato maggiori ricavi, evidenziando lo scostamento rispetto agli studi di settore, non mancando di sottolineare che le “incongruenze rilevate erano avvalorate da fatti e circostanze che a giudizio dell’Agenzia delle Entrate legittimavano una ricostruzione induttiva dei ricavi … da ciò deriva che ad un ragionevole scostamento il legislatore attribuisce natura di presunzione grave, precisa e concordante che legittima l’accertamento induttivo, trattasi però di presunzione semplice, superabile con la prova contraria in presenza di situazioni particolari che giustifichino la divergenza” (sent. CTR, p. 2). In coerenza con tali premesse, ha poi esaminato le ragioni dell’Ente impositore, osservando che l’Agenzia delle Entrate non si era limitata ad una acritica applicazione degli studi di settore, avendo invero rilevato dallo stesso notevoli incongruenze, che risultavano però avvalorate in conseguenza del “controllo sostanziale sulla base di presunzioni gravi precise e concordanti avvalorate dai dati contabili dichiarati dal contribuente, degli indici di spesa riscontrati e dall’antieconomicità della gestione dell’azienda” (sent. CTR, p. 4). Ha quindi esaminato anche le ragioni del contribuente, peraltro accogliendole in parte. La CTR ha infatti ritenuto di poter valorizzare, a tale proposito, gli esiti dei procedimenti (accertamenti con adesione) svoltisi tra le parti in relazione ad anni d’imposta diversi da quello in considerazione (2005), ed anche “la grave malattia da cui risulta affetto S.A., che ne limita la capacità lavorativa, la crisi del settore commerciale delle pescherie”, ed “il facile deperimento giornaliero della merce venduta” (sent. CTR, p. 4). In esito a queste valutazioni ha provveduto al ricalcolo di ricarichi e ricavi, limitando ulteriormente la quantificazione del dovuto operata dall’Ente creditore, che pure già aveva ritenuto di poter concordare su una sostanziale riduzione della propria pretesa.
Il lamentato vizio di motivazione, pertanto, non sussiste, avendo la CTR esposto con adeguata completezza, e senza incorrere in vizi logici, le ragioni del proprio convincimento.
Rimane peraltro da osservare che, al fine di rispettare il principio di specificità del ricorso per cassazione, il ricorrente deve proporre contestazioni puntuali, non potendosi comunque accogliere contestazioni generiche o che importino un generico rinvio ad intere pagine della parte descrittiva del ricorso (cfr. ric., p. 18), nelle quali la Corte di legittimità dovrebbe andare a ricercare il fondamento delle censure proposte.
In conseguenza di quanto evidenziato, i primi due motivi di ricorso devono essere rigettati.
2.3. – Con il terzo motivo di gravame il ricorrente censura ancora il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per non avere la Commissione Tributaria Regionale esaminato la questione dell’omessa istaurazione del contraddittorio ad opera dell’Agenzia delle Entrate, sebbene il contribuente avesse proposto istanza di accertamento con adesione, questione dibattuta tra le parti.
Invero, in un giudizio di natura impugnatoria, quale è quello per cassazione, la parte che invochi l’omesso esame di una questione, da parte del giudice impugnato, ha l’onere di indicare in quali atti abbia proposto la propria censura e con quale formula, in modo da consentire al giudice di legittimità di esercitare il controllo che gli compete sulla tempestività e congruità della proposizione della questione, prima ancora di provvedere a stimarne la decisività. A tanto il ricorrente non ha provveduto. Deve anche aggiungersi che, qualora il contribuente avesse inteso sostenere che, nonostante la proposizione della contestazione nella forma del vizio di motivazione, la mancata istaurazione del contraddittorio preprocedimentale, a seguito della introduzione di una istanza di accertamento con adesione, potesse avere quale conseguenza la invalidità dell’avviso di accertamento in conseguenza di una violazione di legge, l’argomento risulterebbe comunque infondato, come da consolidata e condivisibile giurisprudenza di legittimità, recentemente confermata dalla Suprema Corte, cfr. Cass. sez. V, 11.1.2018, n. 474.
Il terzo motivo di ricorso risulta pertanto inammissibile.
2.4. – Il ricorrente contesta la decisione impugnata, mediante il suo quarto motivo di ricorso, per avere la Commissione Tributaria Regionale consentito all’Agenzia delle Entrate di proporre una domanda nuova (subordinata), chiedendo di ridurre al 60%, dal 100% richiesto mediante l’accertamento impugnato, la percentuale di ricarico da applicare all’impresa.
Invero, le domande giudiziali si caratterizzano in considerazione dei soggetti, del petitum e della causa petendi, nessuno di questi elementi risulta modificato quando una parte ritiene di ridurre la propria pretesa economica in corso di causa. Un simile evento appare invero auspicabile per la controparte, in questo caso il ricorrente S., che vede ridursi l’importo della pretesa azionata nei suoi confronti, ed invero non si comprende quale interesse possa avere a contestare una simile vicenda. Il giudice impugnato, del resto, neppure ha ritenuto di accogliere la proposta di riduzione della pretesa formulata dall’Agenzia delle Entrate, decidendo sulla base di percentuali diverse.
Alla luce di quanto esposto, il presente motivo d’impugnazione deve essere respinto.
2.5. – Il ricorrente lamenta, con il suo quinto motivo di ricorso, la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Commissione Tributaria Regionale impugnata avendo pronunciato un dispositivo non comprensibile.
Il motivo di ricorso risulta inammissibile, per più ragioni. Invero, come la stessa parte mostra di cogliere nell’ultima parte della descrizione sintetica del motivo, se la contestazione mossa intendeva lamentare un insanabile contrasto tra la motivazione della decisione ed il suo dispositivo, oppure l’incomprensibilità di quest’ultimo, la censura avrebbe dovuto essere proposta ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.
Ma vi è di più. Infatti il ricorrente, pur invocando la violazione di legge, critica in realtà la decisione della Commissione Regionale perché, in applicazione dei parametri di riduzione al 50% della percentuale dei ricarichi, e dell’abbattimento del 60% dei ricavi, ne conseguirebbe l’accertamento dell’ammontare dei tributi dovuti in misura addirittura inferiore rispetto a quanto dichiarato. L’Agenzia delle Entrate ha proposto, in sede di controricorso, il proprio diverso conteggio, dal quale emerge comunque l’incremento dell’imposizione posta a carico dello S.. Invero, se le ragioni poste a fondamento del motivo di ricorso dovessero stimarsi fondate, lo stesso dovrebbe comunque essere dichiarato inammissibile, per carenza di interesse. In ogni caso, pur proponendo la sua contestazione nella forma della violazione di legge, la parte domanda in realtà alla Suprema Corte di rinnovare il giudizio di merito, il che, evidentemente, non è consentito in sede di giudizio di legittimità.
Il quinto motivo di ricorso deve pertanto dichiararsi anch’esso inammissibile.
In conseguenza delle osservazioni che precedono il ricorso deve essere respinto. Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come calcolate in dispositivo, anche in considerazione del modesto valore della causa.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto da S.A., che condanna al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente Agenzia delle Entrate, e le liquida in complessivi Euro 600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
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