CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 febbraio 2019, n. 3451

Tributi locali – ICI – Accertamento – Omesso versamento – Fabbricati – Pertinenzialità

1. Ritenuto che:

La controversia concerne l’impugnazione di un accertamento ai fini ICI per l’anno 2007 con il quale l’ente locale imputava alla società contribuente l’omesso versamento dell’imposta per un’area edificabile con potenzialità edificatoria di mc 4.900 della quale tuttavia la società contribuente sosteneva la pertinenzialità a fabbricato insistente sulla medesima particella catastale, denominato “edificio storico L.T.”.

Il ricorso era respinto in primo grado con sentenza confermata in appello sulla base di una concorde affermazione della mancata prova da parte della società contribuente dell’asserita pertinenzialítà dell’area e di una altrettanto concorde negazione della sussistenza di una doppia imposizione sul fabbricato e sull’area edificabile, la quale ultima era destinata alla edificazione di nuovi volumi.

Avverso la sentenza d’appello la società contribuente propone ricorso per cassazione con tre motivi, di cui il primo e il terzo articolati in due sub-motivi.

Resiste il Comune con controricorso.

2. Preso atto che il P.G. non ha depositato conclusioni scritte e che le parti non hanno prodotto memorie;

3. Considerato che deve essere valutata preliminarmente l’eccezione di inammissibilità del ricorso per nullità della procura sollevata da parte controricorrente: la nullità della procura deriverebbe da una presunta mancanza di specificità della medesima in quanto non vi sarebbe in esso alcun riferimento (individuazione mediante citazione del relativo numero identificativo) alla sentenza impugnata, né la procura riporta la «medesima numerazione progressiva del ricorso».

4. Considerato che l’eccezione non è fondata. Precisato che si tratta di procura in calce all’atto, vale nel caso quanto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 2646 del 1998, non contraddetta da successive pronunce: «Quando dalla copia notificata all’altra parte risulta che il ricorso per cassazione (o il controricorso) presentano a margine o in calce ovvero in foglio separato ad essi unito materialmente una procura rilasciata al difensore che ha sottoscritto l’atto, tale procura – salvo che dal suo testo non si rilevi il contrario – deve considerarsi conferita per il giudizio di cassazione e soddisfa perciò il requisito della specialità previsto dall’art. 365 cod. proc. civ. anche se non contiene alcun riferimento alla sentenza da impugnare o al giudizio da promuovere, deponendo per la validità di siffatta procura l’art. 83 cod. proc. civ. (nella nuova formulazione risultante dall’art. 1 della legge 27 maggio 1997 n. 141) il quale, interpretato alla luce dei criteri letterale, teleologico e sistematico, fornisce argomenti per ritenere che la posizione topografica della procura, (il cui rilascio può ora avvenire oltreché in calce e a margine dell’atto anche in un foglio separato, ma congiunto materialmente all’atto) è idonea, al tempo stesso, a conferire la certezza della provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e a dar luogo alla presunzione di riferibilità della procura stessa al giudizio cui l’atto accede, senza che per contro, in sede di legittimità, considerato il carattere prevalentemente (ancorché non esclusivamente) privato degli interessi regolati dal codice di rito con le disposizioni concernenti il rilascio della procura (il controllo giudiziario della quale, sotto il profilo della autenticità e specificità, deve da quel carattere trarre criteri di orientamento) e tenuto conto delle esigenze inerenti al diritto di difesa, costituzionalmente garantito davanti a qualsivoglia giudice in ogni stato e grado del giudizio, ed esprimentesi in materia, nella libera scelta del difensore operata dai privati, possa esigersi dalla parte conferente l’espressa enunciazione nella procura, a garanzia dell’altra parte, di quanto quest’ultima può già ritenervi compreso in ragione dell’essere tale procura contenuta nell’atto contro di essa diretto, potendo fra l’altro una tale non prevista necessità risolversi in pregiudizio del diritto di difesa della parte non giustificato da esigenze di tutela della controparte».

5. Considerato che con il primo motivo di ricorso la parte ricorrente denuncia una errata individuazione del presupposto d’imposta (primo sub-motivo) e una errata valutazione delle prove offerte dalla parte medesima in giudizio (secondo sub-motivo). Si tratta di censure che presentano più di un profilo di inammissibilità, sia perché sotto la forma esteriore mascherano la sostanza di una richiesta di revisione del merito sottratta al giudice di legittimità sia perché non colgono la ratio decidendi della sentenza impugnata, che si basa eminentemente sulla mancata prova da parte della società ricorrente della assenta (ma in realtà indimostrata) pertinenzialità dell’area edificabile al fabbricato, “mancata prova” che non trova nel ricorso alcuna adeguata critica.

6. Considerato che sul punto quel che la parte ricorrente alla fine effettivamente lamenta – e qui ci si sposta alla valutazione del secondo motivo di ricorso, strettamente connesso alle argomentazioni già esaminate – è il supposto errore che il giudice d’appello avrebbe commesso nel ritenere che fosse la parte ricorrente gravata dell’onere della prova sull’esistenza della pertinenzialità dell’area in questione. La censura non è fondata in quanto, secondo l’orientamento espresso da questa Corte, cui la sentenza impugnata mostra così di aderire, la prova dell’asservimento pertinenziale di un immobile ad altro immobile incombe sul contribuente (v. Cass. n. 25170 del 2013).

7. Considerato che altrettanto infondato, quando non addirittura inammissibile, si presenta il terzo motivo di ricorso, articolato in due sub-motivi dove la parte ricorrente cerca, non del tutto comprensibilmente, di stabilire una supposta relazione tra pertinenzialità dell’area e obbligo di demolizione del fabbricato esistente (nel senso, a quanto è dato comprendere, che l’esistenza della prima sarebbe condizionata all’esecuzione del secondo). Ma tutto ciò non risulta dalla lettura della sentenza impugnata dalla quale non emerge la statuizione di alcun obbligo di demolizione a carico della parte ricorrente e dove chiaramente si evidenzia, oltre alla mancata prova del vincolo pertinenziale, che sì trattava di “nuova edificazione”, e non di intervento di demolizione con ricostruzione, con la realizzazione di nuovi volumi in area diversa da quella occupata dal fabbricato esistente. Sicché le censure argomentate si palesano ancora una volta come principalmente tese ad ottenere una revisione del giudizio di merito inammissibile in sede di legittimità.

8. Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere rigettato con condanna della parte ricorrente alle spese della presente fase del giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese della presente fase del giudizio che liquida in complessivi euro 1.400,00 per compensi, oltre spese forfettarie e oneri di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.