CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 febbraio 2019, n. 3481
Rapporto di lavoro – Orario inferiore a quello previsto dal CCNL – Retribuzione sarà riproporzionata all’orario effettivamente svolto
Rilevato
1. che la Corte di appello di Firenze, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato R. s.a.s. di R.D. a corrispondere a M.F. la somma di € 4.537,00, oltre accessori, dalla maturazione del diritto al saldo;
2. che la statuizione di accoglimento è stata fondata sulla clausola di miglior favore, inserita nel contratto individuale, la quale prevedeva la corresponsione in favore del F. di una somma pari al netto mensile di € 1.400,00; per come pacifico, per alcuni mesi, tale somma non era stata corrisposta in ragione del minor numero di ore lavorate per il godimento di ferie, festività o per malattia; la Corte territoriale ha osservato che la pattuizione con la quale le parti avevano convenuto <<qualora il rapporto di lavoro si svolga con orario inferiore a quello previsto dal CCNL, la retribuzione sarà riproporzionata all’orario effettivamente svolto>> andava interpretata come riferita all’astratta modifica dell’ orario di lavoro ed alla connessa esigenza di riproporzionamento della retribuzione ma non valeva a legittimare la riduzione della retribuzione per effetto di malattia, ferie e festività;
3. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso R. s.a.s. di R.D. sulla base di tre motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso;
Considerato
1. che con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 132, 133, 437 e 438 cod. proc. civ. e falsa applicazione dell’art. 281 sexies cod. proc. civ. in relazione al processo di appello nel rito lavoro regolato dagli artt. 423 e sgg.. Censura la sentenza impugnata in quanto dichiaratamente resa ai sensi dell’art. 281 sexies cod. proc. civ., norma non destinata a trovare applicazione alle controversie di lavoro di secondo grado. Deduce, inoltre, che la decisione risulta carente delle indicazioni prescritte dall’art. 132, comma 2, nn. 1, 2 e 3 cod.proc.civ. e che tali carenze si riflettono sulla motivazione rendendola del tutto scollegata dai dati fattuali di causa e dalle richieste delle parti;
2. che con il secondo motivo deduce nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 434, 437, 342, 345 e 112 cod. proc.civ.. Sostiene che il giudice di appello si era pronunziato su una domanda – domanda avente ad oggetto il mancato computo della retribuzione pattuita, pari a € 1.400,00 mensili, sulla 13^, sulle ferie, festività, malattie e tfr – diversa da quella azionata in prime cure la quale concerneva, invece, la mancata corresponsione, a prescindere dalle ore lavorative effettivamente svolte, della somma mensile netta pattuita in € 1.400,00; in questa prospettiva si duole della mancata considerazione della specifica eccezione a riguardo formulata da essa società in seconde cure ed evidenzia che la modifica nei terminin sopra descritti della originaria domanda nei termini sopra descritti si configurava quale inammissibile mutatio libelli ;
3. che con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e sgg. nonché dell’art. 36 Cost., degli artt. 2099, 2108 e 2120 cod. civ. oltre che del contratto collettivo applicato in ordine alla retribuzione dovuta ed al conseguenziale calcolo degli istituti indiretti. Censura la interpretazione della clausola cd. di miglior favore del contratto individuale che assume frutto del travisamento della effettiva volontà delle parti. Sostiene che tale clausola non comportava la erogazione di un emolumento in misura fissa ma concerneva una maggiorazione variabile in funzione della prestazione effettivamente resa; la previsione contrattuale di un minimo garantito costituiva compenso a forfait destinato a remunerare il lavoratore a titolo di indennità di presenza e/o di reperibilità, indipendente dal numero di ore mensili lavorate ma pur sempre condizionato dalla effettività della prestazione;
4. che il primo motivo di ricorso è da respingere. Si premette che non è revocabile in dubbio che il modulo procedimentale utilizzato dal giudice di secondo grado è quello corrispondente all’applicazione dell’art. 281 sexies cod. proc. civ.. Nel verbale di udienza si legge, infatti, che la Corte ha pronunziato sentenza contestuale <<dando lettura del dispositivo e dei motivi della decisione di seguito riportati che vengono allegati al presente verbale>>; nel provvedimento, inoltre, viene dato espressamente atto che la sentenza, con contestuale motivazione, è <<redatta secondo i criteri di cui a Cass. n. 2024/2011 e seguenti conformi Cass. n. 7268/2012, Cass. n. 27002/2011>>, con rinvio esplicito alla giurisprudenza di legittimità in tema sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies cod. proc. civ..
4.1. che, tanto premesso, risulta corretto il presupposto in diritto dal quale muove l’odierno ricorrente in ordine alla inapplicabilità, alle controversie instaurate in secondo grado con il rito del lavoro, del disposto dell’art. 429, comma 1, cod. proc. civ. – come modificato dall’art. 53, comma 2, d.l. 25/06/2008, n. 112, convertito con modificazioni nella legge 06/08/2008, n. 133, applicabile alle controversie, come quella in esame, instaurate in primo grado successivamente al 25 giugno 2008, che prevede che il giudice all’udienza di discussione decide la causa e procede alla lettura del dispositivo e, salvo che fissi un termine non superiore a sessanta giorni, delle ragioni in fatto e diritto della decisione. In assenza di richiamo di tale previsione nell’art. 437, comma 4, cod. proc. civ., la stessa non trova applicazione al giudizio di appello, alla cui udienza di discussione il giudice, in forza dell’art. 437, comma 1°, cod.proc.civ. deve dare lettura del solo dispositivo (Cass. 05/08/2013, n. 18627);
4.2. che quanto ora osservato non è sufficiente a determinare l’accoglimento del motivo in esame atteso che, come chiarito da questa Corte, i vizi dell’attività del giudice che possano comportare la nullità della sentenza o del procedimento, rilevanti ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., non sono posti a tutela di un interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma a garanzia dell’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa in dipendenza del denunciato error in procedendo (Cass. 02/02/2018 n. 2626; Cass. 27/11/2017 n. 28229). Parte ricorrente non allega, infatti, alcuna concreta lesione al proprio diritto di difesa conseguita all’applicazione, anche in secondo grado, della specifica modalità procedimentale adottata dal giudice di merito; tantomeno deduce uno specifico pregiudizio collegato agli effetti connessi alla decorrenza del termine lungo di impugnazione dalla lettura in udienza del provvedimento che equivale, unitamente alla sottoscrizione del relativo verbale da parte del giudice, alla pubblicazione della sentenza con esonero da parte della cancelleria dalla comunicazione della sentenza (Cass. 30/05/2017 n. 13617; Cass. 23/03/2016 n. 5689; Cass. 31/08/2015 n. 17311);
4.3. che in merito alle denunziate carenze del provvedimento impugnato, sotto il profilo della violazione dell’art. 132, comma 2, nn. 1, 2 e 3, cod. proc. civ. si rileva, quanto alle indicazioni di cui ai numeri 1 e 2 dell’art. 132 cod. proc. civ. che esse risultano dal verbale di udienza nel quale è contenuta la decisione (art. 281 sexies, comma 2, cod. proc. civ.); quanto alla mancata trascrizione delle conclusioni, superflua nel provvedimento ai sensi dell’art. 281 sexies cod proc. civ. (Cass. 11/05/2012 n. 7268), si conviene con la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la mancata o incompleta trascrizione nella sentenza delle conclusioni delle parti costituisce, di norma, una semplice irregolarità formale irrilevante ai fini della sua validità, occorrendo, perché siffatta omissione od incompletezza possa tradursi in vizio tale da determinare un effetto invalidante della sentenza stessa, che l’omissione abbia in concreto inciso sull’attività del giudice, circostanza questa neppure compiutamente dedotta dall’odierna ricorrente la quale in maniera apodittica e non argomentata si è limitata ad affermare che la carenza denunziata si traduceva in un vizio di motivazione per l’assenza di collegamenti con gli elementi fattuali di causa e dalle richieste delle parti ;
5. che il secondo motivo di ricorso è inammissibile per un duplice ordine di profili. Il primo attiene al difetto di autosufficienza del ricorso per cassazione per mancata integrale trascrizione degli atti rilevanti, requisito indispensabile al fine della verifica del denunziato error procederteli sotto il profilo della violazione del divieto di novum in appello. Il secondo attiene alla non corrispondenza del presupposto dal quale muove il ricorrente al contenuto della pronunzia resa dal giudice di secondo grado. Secondo la esposizione della vicenda processuale articolata dal ricorrente, con la memoria integrativa depositata in prime cure il F. aveva chiarito che la pretesa azionata aveva ad oggetto il pagamento delle differenze tra quanto corrisposto mensilmente nel periodo dedotto e l’importo di € 1.400,00 concordato in sede di contratto individuale come clausola di miglior favore. Su tale domanda si è pronunziato il giudice di appello il quale ha espressamente puntualizzato che il lavoratore <<reclama le differenze retributive mensili sulla base del contratto individuale che prevedeva quale clausola di miglior favore, che venisse corrisposta una somma pari ad un netto di € 1.400,00. E’ ammesso che per alcuni mesi tale somma non è stata corrisposta in ragione del minor numero di ore lavorative prestate per il godimento di ferie, festività o per malattia>>; che tale essendo la res controversa è evidente che da essa esula ogni questione attinente al ricalcolo del netto pattuito negli istituti indiretti, questione che il ricorrente assume, invece, decisa in seconde cure (ricorso, pag. 17, primo capoverso) ed alla quale ha ancorato la deduzione di violazione dell’art. 437, comma 2, cod. proc. civ.;
6. che il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto parte ricorrente, in violazione del disposto dell’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ., non indica la sede di produzione del testo del contratto individuale e di quello collettivo nell’ambito del giudizio di merito e neppure ne trascrive i relativi contenuti oppure li evidenzia riportandoli nei loro esatti termini, come invece prescritto (Cass. 11/01/2016 n. 195; Cass. 12/12/2014 n. 26174; Cass. 24/10/2014 n. 22607);
6.1. che al di là di tale dirimente considerazione può ulteriormente soggiungersi che le modalità di articolazione della censura con riguardo all’accordo individuale, non sono coerenti con la condivisibile giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione. In questa prospettiva è stato, infatti, puntualizzato che ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato mentre la denuncia del vizio di motivazione dev’essere, invece, effettuata mediante la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza. In ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto I’ interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. 03/09/2010 n. 19044; Cass. 12/07/2007 n. 15604, in motivazione; Cass. 22/02/2007 n. 4178) dovendosi escludere che la semplice contrapposizione dell’ interpretazione proposta dal ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata rilevi ai fini dell’annullamento di quest’ultima (Cass. 14318 del 06/06/2013, 23635 del 22/11/2010);
7. che in base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto;
8. che le spese di lite sono regolate secondo soccombenza;
9. che sussistono i presupposti per l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Con distrazione.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 21712 depositata l'8 luglio 2022 - La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma garantisce solo…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 27 settembre 2021, n. 26094 - L'attività di accertamento e di indagine dell'amministrazione finanziaria, specie se svoltasi fuori dai locali della parte contribuente, non deve necessariamente concludersi con un processo…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 29 novembre 2019, n. 31339 - Il ricorso in cassazione è inammissibile poiché la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l'interesse all'astratta regolarità dell'attività…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 14801 depositata il 10 maggio 2022 - La produzione dell'avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 11543 depositata l' 8 aprile 2022 - In tema di sospensione del giudizio per pregiudizialità necessaria, salvo i casi in cui essa sia imposta da una disposizione normativa specifica che richieda di attendere la pronuncia…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 26563 depositata il 9 settembre 2022 - L'omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra una violazione dell'art. 112 cod.…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…