CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 febbraio 2020, n. 2843
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso in appello – Sinteticità argomentativa ed espositiva – Pronuncia di inammissibilità – Illegittimità – Sufficiente enunciazione delle ragioni e chiara indicazione della statuizione impugnata – Sussistenza dell’intento critico
Rilevato che
1. Con sentenza depositata il 19 maggio 2017 n. 1308/09/2017, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana dichiarava l’inammissibilità dell’appello proposto dai contribuenti avverso la sentenza depositata il 16 aprile 2013 n. 65/01/2013 dalla Commissione Tributaria Provinciale di Siena, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
2. Avverso la sentenza di appello, i contribuenti proponevano ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 18 dicembre 2017 ed affidato ad unico motivo; l’amministrazione non si costituiva in giudizio.
Considerato che
1. Con un unico motivo, i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 53 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per essere stati specificamente e adeguatamente denunciati con l’appello sia la carenza di motivazione della sentenza di primo grado che l’omesso esame dei fatti esposti nel ricorso introduttivo da parte del giudice di primo grado.
Ritenuto che
1. Il motivo è fondato.
In motivazione, la Commissione Tributaria Regionale ha richiamato la massima di un precedente di questa Corte (Cass., sez. 6^, 20 gennaio 2017, n. 1461), secondo il quale, «in tema di contenzioso tributario, è inammissibile, per difetto di specificità dei motivi, l’atto di appello che, limitandosi a riprodurre le argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado, senza il minimo riferimento alle statuizioni di cui è chiesta la riforma, non contenga alcuna parte argomentativa che, mediante censura espressa e motivata, miri a contestare il percorso logico-giuridico della sentenza impugnata». Indi, rilevando che «parte appellante, senza elaborare un percorso argomentativo idoneo a disarticolare l’apparato motivazionale della sentenza impugnata, si è limitata ad affermare una insussistente carenza della stessa motivazione ed a riproporre le proprie tesi peraltro generiche e assertive, non incidenti sul contesto strutturale logico-giuridico della decisione», il giudice di secondo grado dichiarava l’inammissibilità dell’appello.
A ben vedere, la premessa “in fatto” del precedente richiamato contiene una importante precisazione sul tenore dell’atto di appello, essendo stato specificato che «i giudici d’appello hanno dichiarato inammissibile il gravame della contribuente per difetto di specificità dei motivi, affermando che l’impugnazione si limitava “a riportare integralmente il contenuto del ricorso di primo grado, del quale è mera riproduzione testuale”, senza esprimere “valutazioni critiche”, così da impedire al giudice “di individuare le ragioni di fatto e di diritto per le quali la sentenza risulterebbe meritevole di riforma”».
Nella specie, ad un’attenta lettura, non risulta che l’atto di appello fosse assolutamente carente (e, dunque, insufficiente) sul piano della formulazione (per quanto sintetica) di censure in ordine alle statuizioni della sentenza impugnata.
Invero, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, nel processo tributario, l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione, richiesta dall’art. 53 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, non deve necessariamente consistere in una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, richiedendosi, invece, soltanto una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame, sia delle ragioni della doglianza. È, pertanto, irrilevante che i motivi siano enunciati nella parte espositiva dell’atto ovvero separatamente, atteso che, non essendo imposti dalla norma rigidi formalismi, gli elementi idonei a rendere “specifici” i motivi d’appello possono essere ricavati, anche per implicito, purché in maniera univoca, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni (Cass., Sez. 5^, 19 gennaio 2007, n. 1224; Cass., Sez. 5^, 13 novembre 2008, n. 27080; Cass., Sez. 5^, 12 gennaio 2009, n. 346; Cass., Sez. 5^, 31 marzo 2011, n. 7393). Inoltre, anche la riproposizione in appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado – in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere – assolve l’onere di specificità dei motivi di impugnazione imposto dall’art. 53 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, ben potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza (Cass., Sez. 6^, 1 luglio 2014, n. 14908; Cass., Sez. 5^, 3 agosto 2016, n. 16163; Cass., Sez. 5^, 22 marzo 2017, n. 7639; Cass., Sez. 6^, 20 aprile 2018, n. 9937; Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2018, n. 11061; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2018, n. 32954) e non occorrendo l’enunciazione di nuovi argomenti giuridici a sostegno dell’impugnazione rispetto a quelli già respinti dal giudice di primo grado (Cass., Sez. 5^, 19 dicembre 2018, n. 32838).
Peraltro, tali principi sono stati richiamati (e confermati) in punto di diritto anche dal precedente citato dalla sentenza impugnata, pur ritenendosi l’insussistenza dei relativi estremi in punto di fatto.
Ciò posto, l’esame dei motivi di appello induce a ritenere che i contribuenti avessero denunciato la nullità della sentenza di primo grado per l’assoluta carenza di motivazione” per aver «(…) respinto il ricorso del contribuente (recte: dei contribuenti) con una motivazione basata unicamente sul riporto del numero dei vani e della superficie dell’immobile, senza alcuna osservazione in merito agli altri elementi addotti dai contribuenti nel ricorso, nell’allegata relazione del tecnico (…) e nella successiva memoria», ritrascrivendo di seguito le doglianze dedotte nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado con riguardo alla rettifica del classamento.
Pertanto, nonostante la sinteticità argomentativa ed espositiva, l’atto di appello conteneva, comunque, una sufficiente enunciazione delle ragioni che lo supportavano e una chiara indicazione della statuizione di cui si chiedeva la riforma.
D’altra parte, è lo stesso giudice di appello ad evidenziare che l’appellante aveva ribadito – con il gravame – le medesime ragioni di impugnazione originariamente proposte, che si ponevano in diretto ed oggettivo contrasto con le ragioni su cui era fondata la pronuncia impugnata, da cui promana – per conseguenza necessaria – quell’intento critico che, invece, è stato ritenuto assente.
Per cui, applicando in modo inappropriato i principi enunciati da questa Corte, il giudice di appello ha errato nella pronuncia dell’absolutio ab instantia.
2. Ne consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di questo grado di giudizio.
P.Q.M.
accoglie il motivo di ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di questo grado di giudizio.
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