CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 giugno 2019, n. 15420
Dirigente industria – Licenziamento per cessazione dell’attività aziendale – Indennità supplementare al trattamento di fine rapporto – Accordo interconfederale 27 aprile 1995 – Licenziamento obiettivamente causato da ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione o crisi aziendale – Non spetta
Rilevato che
1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Roma – decidendo sull’opposizione allo stato passivo avanzata da F.V.O. nei confronti di A.L.A.I. SPA in a.s. in relazione al provvedimento di diniego del g.d. di ammissione della richiesta ex art. 111 bis legge fall. per il credito da indennità supplementare, ai sensi dell’accordo 27 aprile 1995 – ha accolto la predetta opposizione, ammettendo il creditore istante per euro 105.671,00 in via prededuttiva.
La ricorrente opponente aveva allegato già innanzi al g.d. di aver lavorato alle dipendenze di A.- L.A.I. S.P.A. con la qualifica di dirigente e di essere stato licenziata per il termine dell’attività aziendale ; di essere rimasta disoccupata dopo il licenziamento; di avere pertanto diritto alla corresponsione dell’indennità supplementare prevista dall’accordo integrativo al C.C.N.L. dei dirigenti dell’industria del 27 aprile 1995. Il tribunale, in sede di giudizio di opposizione, ha ritenuto non fondata l’eccezione di improcedibilità e inammissibilità dell’opposizione, in quanto, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, la mancata produzione della copia autentica del provvedimento impugnato non costituisce causa di improcedibilità, non applicandosi la disciplina dettata dagli artt. 339 e seg. cod. proc. civ. ; nel merito, ha ricostruito la disciplina dettata dall’accordo integrativo sopra ricordato, ribadendone l’applicabilità anche alle amministrazioni straordinarie; ha ritenuto fondata la domanda volta al riconoscimento economico della reclamata indennità supplementare per aver la ricorrente provato la sua mancata riassunzione da parte della società subentrante tramite idonea certificazione INPS; ha inoltre evidenziato che l’indennità in esame ha una funzione indennitaria supplementare in favore del dirigente involontariamente disoccupato, con finalità compensativa e natura giuridica di penale, non incidente in alcun modo sull’effetto estintivo determinato dal licenziamento. Il tribunale ha poi ricordato che, ai sensi dell’art. 5, comma 2 ter del d.l. 23 dicembre 2003, n. 347, nel caso di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di imprese di cui all’art. 2, comma 2, il commissario ed il cessionario possono concordare il trasferimento solo parziale di complessi aziendali o attività produttive in precedenza unitari, con la individuazione di lavoratori alle dipendenze del cessionario, potendo tali passaggi di lavoratori alle dipendenze del cessionario intervenire anche previa collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria o cessazione del rapporto di lavoro e assunzione da parte del cessionario. Il tribunale ha, infine, riconosciuto la richiesta prededuzione.
2. Il decreto, pubblicato il 13.3.2015, è stato impugnato da A. L.A.I. SPA in a.s. con ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, cui F.V.O. ha resistito con controricorso.
La controricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
1. Con il primo motivo la parte ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’omessa pronuncia sulla eccezione di A. relativa alla non riferibilità del motivo di licenziamento alla procedura di amministrazione straordinaria.
2. Con il secondo motivo si articola, sempre ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., vizio di violazione e falsa applicazione dell’accordo sulla risoluzione del rapporto di lavoro nei casi di crisi aziendale del 27.4.1995. Si denuncia come erronea l’interpretazione della norma contrattuale invocata, nel senso che – diversamente da quanto ritenuto dal tribunale impugnato – la percezione della indennità supplementare doveva essere subordinata alla circostanza che l’impresa datrice di lavoro motivasse il recesso come dovuto a situazioni di crisi aziendale o di amministrazione straordinaria.
3. Con il terzo motivo si declina, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. pen., vizio di omesso esame di fatti decisivi legati alla dimostrazione della prosecuzione dell’attività aziendale successivamente all’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria e alla riconducibilità del recesso alla determinazione del commissario avente ad oggetto la chiusura dell’attività produttiva aziendale.
4. Con il quarto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 111, comma 6, Cost., 132, cod. proc. civ. e 118 disp. att. c.p.c., per illogicità della motivazione in ordine alla spettanza dell’indennità supplementare a fronte di un recesso motivato con la cessazione dell’attività produttiva e nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., sul medesimo punto.
5. Con il quinto motivo si articola vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 111 legge fall., dell’art. 20 d.lgs. 8 luglio 1999 n. 270, nonché in relazione al verbale di accordo del 27.4.1999 in ordine alla affermata prededucibilità del credito.
6. Con il sesto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, n. 3 cod. proc. civ., vizio di violazione di legge in riferimento agli artt. 111, comma 6, Cost., 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ. e nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per mancanza di motivazione sempre in ordine all’affermata prededucibilità del credito.
La eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controcorrente va esaminata in relazione ai singoli motivi di censura.
7. Il ricorso è infondato.
7.1 I primi quattro motivi di censura presentano profili di inammissibilità ed anche di infondatezza.
7.1.1 Sotto il primo profilo, le censure sono inammissibili in quanto prospettano, sotto le diverse declinazioni del vizio motivazionale e di quello della violazione di legge, questioni non dedotte nelle precedenti fasi di giudizio in riferimento al profilo della contestata percezione dell’indennità supplementare per recesso datoriale non collegato a situazioni di crisi aziendale o di amministrazione straordinaria.
Né vale in senso contrario il riferimento contenuto nel primo motivo alla segnalazione della questione nella memoria del 15.11.2014, stante la evidente genericità della deduzione difensiva che non spiegava in alcun modo il contenuto delle censure, sollevate invece (e tardivamente) solo in sede di giudizio di cassazione.
7.1.2 Sotto altro profilo, l’inammissibilità delle censure deriva anche dalla constatazione che il Tribunale di Roma aveva, in realtà, ritenuto non contestata l’applicazione dell’accordo sopra menzionato e che, per contro, la società in a.s. non ha in alcun modo censurato detta statuizione.
7.1.3 Va evidenziato, in relazione alle censure mosse alla motivazione degli atti di recesso datoriali, come la giurisprudenza di questa Corte abbia comunque precisato che l’indennità supplementare al trattamento di fine rapporto prevista per i dirigenti di azienda dall’accordo interconfederale del 27 aprile 1995 deve essere riconosciuta al dipendente nel caso in cui il licenziamento sia obiettivamente causato da ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione o crisi aziendale, al di là della motivazione formalmente adottata dal datore di lavoro (Sez. L, Ordinanza n. 86 del 04/01/2019).
Ne consegue che, anche alla luce del principio qui sopra riaffermato, le censure mosse dalla ricorrente devono essere considerate infondate.
6.1.4 Con particolare riferimento, poi, alla terza censura, va detto che i fatti dedotti risultano chiaramente presi in considerazione dal Tribunale, che invero a pag. 4 del decreto afferma essere pacifico che la ricorrente, dipendente della Società A. – L.A.I. S.p.A. con la qualifica di dirigente abbia prestato attività lavorativa fino al momento in cui le è stata comunicata la risoluzione del rapporto di lavoro con effetto immediato, seguito dalla chiusura dell’attività produttiva dell’azienda, collocata in Amministrazione Straordinaria.
Ne consegue che i profili di cui si denuncia la omessa pronuncia sono stati invece correttamente considerati ed esaminati da parte del tribunale.
6.2. I restanti due motivi (che possono essere esaminati congiuntamente stante la identità di questioni prospettate) sono, invece, infondati.
Sul punto occorre ricordare l’orientamento recentemente espresso da questa Corte di legittimità nella materia di esame (cfr. sempre, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 29735 del 19/11/2018), secondo il quale, verbatim, “L’indennità supplementare prevista “dall’Accordo sulla risoluzione del rapporto di lavoro nei casi di crisi aziendale” allegato al CCNL dei dirigenti aziendali, costituisce – a prescindere dalla sua natura retributiva o indennitaria – un credito da ammettere al passivo in prededuzione ex art. 111 l.fall., per i dirigenti di imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria che siano cessati dal rapporto di lavoro solo successivamente al provvedimento di ammissione alla procedura, essendo la sua prosecuzione indubitabilmente funzionale alle esigenze di continuazione dell’attività di impresa”. Orientamento quest’ultimo cui anche questo Collegio intende fornire continuità applicativa, condividendone la ratio decidendi.
Va pertanto conclusivamente respinto il ricorso presentato dalla società in a.s..
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da separato dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente A. – L.A.I. s.p.a. in amministrazione straordinaria al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 6000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi per euro 200 ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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