CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 luglio 2018, n. 17795
Tributi – IVA – Concessione comunale di un servizio finalizzato ad una utilità pubblica – Canone di concessione – Applicazione dell’imposta – Sussiste – Detrazione da parte del concessionario – Legittimità – Spese di manutenzione straordinaria – Deducibilità – Ammortamento periodico con ripartizione pro rata in esercizi successivi
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 5 luglio 2010, depositata il successivo 20 settembre 2010, la CTR della Toscana, in accoglimento della impugnazione principale proposta da M. Scpa, in persona del suo legale rappresentante, e rigettata la impugnazione incidentale presentata dalla Agenzia delle Entrate, ha sostanzialmente riformato la precedente sentenza con la quale la CTP di Firenze aveva, solo parzialmente, accolto il ricorso presentato dalla citata M. avverso cinque avvisi di accertamento, relativi agli anni di imposta dal 2000 al 2004, con i quali era stata dichiarata la illegittimità del recupero IVA operato dalla M., concessionaria del Comune di Firenze per la gestione del Centro alimentare polivalente di Novoli, in relazione alla imposta risultante dalle fatture emesse dal Comune predetto aventi ad oggetto il canone relativo alla concessione in questione.
Con la sentenza in questione erano state, tuttavia, annullate le sanzioni pecuniarie irrogate con gli atti di accertamento avendo ritenuto la CTP scusabile l’errore in cui era caduto il contribuente; era stato, altresì, ridotto a soli 5 anni, in luogo dei 27 indicati negli avvisi in questione, la durata del periodo di ammortamento delle spese di manutenzione indicate dalla M. quali elementi passivi di reddito, ai fini del calcolo dell’Irpeg e dell’IRAP nella dichiarazione riguardante l’anno di imposta 2003.
Come detto la CTR, accogliendo in toto il ricorso della M., ritenuta la assoggettabilità ad IVA degli importi da questa versati al Comune di Firenze in forza del rapporto concessorio esistente fra detti soggetti nonché la ascrivibilità a costi di manutenzione ordinaria delle poste passive dedotte dal reddito imponibile conseguito dalla M. nell’anno di imposta 2003, ha riformato la sentenza di primo grado in senso favorevole alla appellante.
Ha interposto ricorso per cassazione la Agenzia delle entrate, affidandolo a 3 motivi.
Con il primo ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 17 e 19 del dPR n. 633 del 1972 nonché degli artt. 17 e 20 della direttiva comunitaria n. 77/388/CEE, in quanto, secondo la ricorrente, la CTR avrebbe desunto l’assoggettabilità del rapporto concessorio sussistente fra la M. ed il Comune di Firenze esclusivamente dall’astratta possibilità da parte di questo ente di svolgere anche attività imprenditoriale, senza alcuna reale indagine sulla effettiva dovutezza del tributo in questione, condizione, invece, necessaria ai fine della sua detraibilità.
Con il secondo motivo di impugnazione la Agenzia delle Entrate ha lamentato, oltre alla violazione di legge avente ad oggetto gli artt. 4 e 19 del dPR n. 633 del 1972 e gli artt. 4, par. 5, della direttiva n. 77/388/CEE e 13 della direttiva n. 206/112/CE, la motivazione insufficiente rispetto ad un fatto controverso, e cioè la natura autoritativa o paritetica del rapporto esistente fra il Comune di Firenze e la M., questione oggetto di discussione nel corso del giudizio di merito; in altre parole la ricorrente ha sostenuto che la se la concessione relativa alla gestione del Centro alimentare di Novoli fosse stata rilasciata in attuazione di una potestà di tipo autoritativo-pubblicistico del Comune allora il pagamento del relativo canone non sarebbe stato assoggettabile all’IVA e, pertanto, esso non sarebbe stato suscettibile di essere recuperato dalla M.; la circostanza che tale argomento non sia stato oggetto di decisione comporterebbe, secondo la Agenzia il difetto di motivazione della sentenza impugnata.
Con il terzo ed ultimo motivo la Agenzia ha censurato la sentenza impugnata ancora per violazione di legge, con riferimento all’art. 102, comma 3, del dPR n. 917 del 1986, nonché per vizio di motivazione in ordine ad un fatto controverso; la ricorrente ha lamentato che la CTR non abbia considerato come concernenti spese di manutenzione straordinaria, come tali non deducibili dal reddito nella loro integralità nell’anno in cui esse si sono verificate, le poste passive indicate dalla M. nella sua dichiarazione relativa all’anno di imposta 2003, contestate con l’avviso di accertamento riguardante quell’anno.
Resiste con controricorso la M. chiedendo la inammissibilità o comunque il rigetto dell’impugnazione.
In data 15 giugno 2017 la resistente ha redatto una memoria illustrativa ad ulteriore sostegno della inammissibilità o comunque della infondatezza del ricorso ex adverso proposto.
Considerato in diritto
Il ricorso, solo parzialmente fondato, deve essere accolto per quanto di ragione.
Con riferimento al primo motivo di ricorso rileva la Corte come lo stesso sia inammissibile.
L’Amministrazione, attraverso la articolazione della censura in questione, ha, in sostanza contestato la legittimità della sentenza impugnata, con riferimento alla violazione di legge, per avere la CTR di Firenze ritenuto che, nel concedere alla M. la gestione del Centro alimentare polivalente di Novoli, il Comune di Firenze, ente pubblico territoriale, non avesse agito in qualità di imprenditore e, pertanto, di soggetto passivo IVA, operando invece attraverso strumenti pubblicisti ed autoritativi.
Sul punto, si rileva, l’assunto sostenuto da parte ricorrente è chiaramente infondato; come, infatti, è stato rilevato dalla giurisprudenza di questa Corte, in relazione all’IVA, la concessione da parte di un Comune di un servizio finalizzato ad una utilità pubblica (nel caso si trattava della somministrazione del gas per gli usi domestici) è una attività economica attratta nel campo dell’applicazione dell’imposta, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del dPR n. 633 del 1972, sicché l’ente concedente è soggetto passivo d’imposta sui canoni riscossi in ragione del rapporto sinallagmatico instaurato con l’azienda concessionaria del servizio, la quale, essendo tenuta all’imposta in via di rivalsa, ha diritto alla detrazione ex art. 19 del citato decreto (Corte di cassazione, Sezione V civile, 13 luglio 2016, n. 14263; nello stesso senso anche Corte di cassazione, Sezione V civile, 9 agosto 2016, n. 16734; Corte di cassazione, Sezione V civile, 1 ottobre 2014, n. 20713).
Come è stato, d’altra parte, osservato la esclusione della attribuzione della qualità di soggetto IVA all’ente pubblico si ha solo in quanto esso, pur esercitando un’attività astrattamente commerciale, si ponga, in veste di “autorità pubblica”, come unico titolare, attesa la natura indispensabile della attività in questione, di potestà di tipo esclusivamente pubblicistico, connesse alla ineludibile esigenza di assicurare, attraverso la attività in questione, la gestione di un servizio assolutamente necessario per la comunità amministrata originariamente riservato al solo ente pubblico (Corte di cassazione, Sezione V civile, 20 febbraio 2015, n. 3418; Corte di cassazione, Sezione V civile, 22 febbraio 2012, n. 2606).
Nel caso in esame, correttamente la CTR non ha ravvisato tali ineludibili profili pubblicistici nell’avvenuta concessione da parte del Comune di Firenze – a fronte di un canone periodico di fatto assimilabile ad un canone relativo ad un affitto di azienda – ad un’impresa privata di un area attrezzata, comprensiva di una struttura stabile, per la gestione di un mercato all’ingrosso di prodotti alimentari di vario genere.
Di qui l’inammissibilità dal motivo diretto a prospettare, sub specie di violazione di legge, una valutazione di unità circa il rapporto inter partes.
Passando al secondo motivo di impugnazione, esso è infondato; come detto la natura non autoritativa della attività svolta dal Comune di Firenze in occasione della concessione del ricordato Centro polivalente alla M., e, pertanto, la soggezione al regime dell’IVA da parte del Comune in relazione a tale concessione, con la conseguente detraibilità da parte del solvens dell’IVA in tal modo versata, è stata legittimamente desunta dalla CTR dalla natura stessa della attività trasferita alla M., non volta alla soddisfazione di un bisogno primario della comunità e, pertanto, ordinariamente perseguita tramite atti, quale quello ora in questione, a contenuto paritetico.
Fondato è, viceversa il terzo motivo di impugnazione; con esso l’Amministrazione ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui in essa, in termini ritenuti del tutto anapodittici, è stata considerata legittima la contabilizzazione come costi riferiti all’anno di imposta 2003 della globalità degli importi di talune spese sostenute le quali, in quanto qualificabili come riferite a manutenzione straordinaria, dovevano essere imputate a poste passive non esclusivamente con riferimento all’anno in cui è stata materialmente affrontata la relativa spesa ma, attraverso un criterio di periodico ammortamento, ripartite, pro rata, negli esercizi successivi.
Al riguardo osserva il Collegio come, effettivamente, la sentenza della CTR sia sul punto del tutto assertiva.
Il giudice del gravame, infatti, a fronte di una specifica censura sul punto, si è limitato a richiamare, postulandone la correttezza, la deliberazione del Consiglio di amministrazione della M., la quale ha affermato la inerenza delle spese riguardanti le somme riprese a reddito alla ordinaria attività di produzione di esso – in quanto riferite alla sostituzione od adeguamento di materiale deteriorabile e, pertanto, soggetto a continui aggiustamenti – senza tuttavia avere dimostrato di avere adeguatamente valutato la effettiva correttezza di tale qualificazione, oggetto, a quanto e risultato, quasi più di un atto di fede che di una effettiva verifica, tanto più ove si consideri che nell’atto di appello l’Amministrazione ora ricorrente aveva minutamente contestato la attribuzione alla categoria della manutenzione ordinaria dei costi portati in detrazione.
Sotto tale profilo, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio alla CTR della Toscana che, in diversa composizione personale, riesaminerà sul punto la fondatezza del motivo di gravame a suo tempo proposto dalla Agenzia delle Entrate, provvedendo, altresì, all’esito, anche sul regolamento delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso; rigetta il secondo motivo di ricorso;
Accoglie il terzo motivo e cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame alla CTR della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese.
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