CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 luglio 2018, n. 17801
Imposte indirette – IVA – Accertamento – Istanza di rimborso – Termine di presentazione – Decorrenza
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 11 febbraio 2010, depositata il successivo 17 settembre 2010 la CTR della Lombardia ha rigettato l’appello presentato dalla Agenzia delle Entrate avverso la sentenza con la quale la CTP di Milano aveva disposto, in accoglimento del ricorso avverso il silenzio rifiuto formatosi sulla istanza di rimborso presentata dalla M.-.S. M.-T. Spa (di seguito M.-S.), il rimborso il favore della ricorrente della somma di euro 157.814,64 a titolo di rivalsa IVA per acquisti di beni o servizi inerenti all’esercizio della impresa.
La CTR ha precisato che in data 28 ottobre 2005 la predetta società aveva presentato istanza per il rimborso dell’IVA versata nell’anno 2002 nella misura sopra indicata; la richiesta era giustificata sulla base della pretesa incompatibilità fra la normativa interna, la quale vietava la rimborsabilità dell’IVA in relazione determinate tipologie di beni, e la disciplina euro unitaria che siffatta distinzione non contemplava.
Formatosi il silenzio rifiuto sulla istanza dì rimborso, la Società in questione aveva proposto ricorso avverso di esso; pendente il giudizio era intervenuta la sentenza n. 228/2005 della Corte di Giustizia della Unione europea, la quale aveva confermato il contrasto fra i principi interni e quelli comunitari.
Come detto con la sentenza dianzi citata la CTP di Milano, accogliendo il ricorso, aveva disposto il rimborso richiesto.
Avverso detta sentenza ha proposto gravame l’Agenzia delle Entrate, ribadendo la eccezione di tardività della istanza di rimborso e deducendo altresì la mancanza di idonea documentazione a corredo della istanza di rimborso della ricorrente; da ultimo, è stato eccepito l’indebito arricchimento che conseguirebbe all’integrale rimborso dell’Iva per come richiesto, essendo stato tale importo già portato a riduzione del reddito imponibile.
Con la sentenza del 11 febbraio 2010 sopra citata la CTR rigettava il ricorso della Agenzia delle Entrate.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso principale la Agenzia delle entrate di fronte a questa Corte; resiste con controricorso, la M.- S..
La Amministrazione finanziaria difesa dalla Avvocatura generale dello Stato, ha dedotto quale primo motivo di impugnazione la violazione o falsa applicazione degli artt. 21 del dlgs n. 546 del 1992, 19 del dPR n. 633 del 1972, 38 del dPR n. 602 del 1973 e 2946 cc; ritiene la difesa della ricorrente che avrebbe errato la CTR nel ritenere che il termine per ottenere il rimborso dell’IVA versata e non dovuta decorra non dalla data del versamento ma da quello in cui, essendo facoltà del contribuente portare in detrazione l’Iva non dovuta in occasione delle dichiarazioni relative ai due anni di imposta successivi, è stata presentata, senza portarla in detrazione, l’ultima delle dichiarazioni a tal fine utili.
In tal modo, ad avviso del ricorrente si è realizzata una ingiustificata traslazione in avanti del termine per il rimborso tale da vanificarne la finalità.
Come secondo motivo di ricorso la Agenzia ha dedotto il difetto di motivazione in ordine ad un fatto decisivo ai fini della soluzione della controversia; ha osservato la ricorrente che se il termine per richiedere il rimborso dipende dall’avere o meno il contribuente portato in detrazione l’IVA nelle dichiarazioni relative agli anni precedenti, allora la CTR avrebbe dovuto motivare specificatamente in ordine a tale profilo; cioè se tale richiesta di detrazione era o meno stata fatta nelle dichiarazioni riguardanti gli anni di imposta 2003 e 2004; l’omessa menzione di questi dati fattuali della vicenda vizierebbe la decisione delle CTR.
Come terzo motivo la ricorrente ha dedotto il difetto di motivazione con riferimento all’art. 19 del dPR n. 633 del 1972 in ordine alla dimostrazione della inerenza dei costi un questione alle esigenze della impresa.
Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente ha lamentato che la CTR non ha provveduto, come invece chiesto nei motivi di gravame, a calcolare, nel ritenere dovuto il rimborso per l’IVA del 2002 relativa ai beni e servizi in questione, il vantaggio fiscale che la contribuente avrebbe conseguito indicando la detta IV A come un costo, e conseguentemente abbattendo il reddito imponibile relativo all’anno di imposta in questione, ed a ricalcolare l’entità del rimborso al netto di tale vantaggio nel frattempo conseguito.
Come quinto motivo la ricorrente, sempre con riferimento alla medesima tematica, si è doluta del fatto che la CTR non abbia detratto dall’entità dell’IVA rimborsabile l’importo del vantaggio fiscale che la Società avrebbe lucrato portando, invece, a suo tempo detta IVA come costo a scomputo del reddito imponibile.
Il medesimo argomento è, altresì dedotto sotto il profilo del vizio di motivazione quanto ad un fatto decisivo della controversia, non avendo la CTR chiarito le ragioni per cui non ha depurato la somma richiesta a rimborso dalle imposte a suo tempo non versate in ragione della indicazione della medesimo somme come un costo tale da ridurre il reddito imponibile. Resiste con controricorso la M.-S., contestando sia la ammissibilità, ai sensi dell’art. 360-bis cod. proc. civ,. che la fondatezza del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso principale è fondato, per le ragioni che si andranno infra ad illustrare.
Ritiene il Collegio – disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso formulata dalla resistente ai sensi dell’art. 360-bis, comma 1, cod. proc. civ., posto che, come si vedrà, le argomentazioni in esso contenute non comportano l’esame, in assenza di elementi di novità idonei a determinare il mutamento del precedente orientamento, di questioni sulla quali già è consolidata l’interpretazione giurisprudenziale in senso opposto a quella propugnata dal ricorrente (Corte di cassazione, Sezione Lavoro, 17 settembre 2012, n. 15523) – di dovere esaminare prioritariamente, stante un’evidente esigenza di economia processuale, il primo motivo di impugnazione presentato da parte ricorrente, essendo questo tale, ove fondato, da comportare la complessiva definizione della presente controversia.
Con tale motivo di censura la Amministrazione finanziaria si è doluta del fatto che la CTR della Lombardia in violazione principalmente dell’art. 21 del dlgs n. 546 del 1992, non abbia dichiarato, in accoglimento del puntuale motivo di gravame presentato in sede di appello, la intervenuta decadenza della M.- S. dal diritto di chiedere il rimborso delle imposte sul valore aggiunto pagate, in ipotesi, in eccedenza, avendo la CTR ritenuto che il termine previsto per tale adempimento, non decorra dal momento in cui è stato eseguito il pagamento che si assume indebito, ma dal momento in cui è possibile presentare la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui si è compiuta la operazione passiva.
Il motivo di impugnazione è fondato.
Deve rilevarsi che, in realtà, il ragionamento, invero piuttosto involuto, fatto dalla CTR in relazione alla decorrenza del termine per la presentazione della istanza di rimborso è leggermente diverso rispetto al modo in cui parte ricorrente lo ha sintetizzato, ma non per questo esso è corretto.
Sostiene, infatti, la CTR, sulla base della pretesa diversa decorrenza del termine per chiedere la detrazione dell’IVA e del termine per ottenere la restituzione dell’IVA indebitamente corrisposta all’Erario, che mentre il diritto alla detrazione sorge al momento in cui l’imposta diviene esigibile e lo stesso può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione IVA relativa al secondo anno di imposta successivo a quello in cui il diritto è sorto, la decorrenza del termine decadenziale per azionare, con l’istanza di rimborso, il diritto alla ripetizione dell’IVA indebitamente pagata, partirebbe solo nel momento in cui non fosse più possibile portare l’IVA in detrazione, cioè a decorrere dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione IVA relativa al secondo anno successivo a quello in cui è avvenuto l’indebito.
Siffatta tesi non trova però alcuna giustificazione normativa.
Come, infatti, questa Corte ha in più occasioni rilevato, anche in tema di IVA, alla domanda di rimborso non rientrante tra quelle previste dall’art. 30 del dPR n. 633 del 1972, nel testo pro tempore vigente, e perciò non contemplata da disposizioni specifiche, si applica l’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, di carattere residuale e secondo il quale “la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto della restituzione” (per tutte: Corte di cassazione, Sezione V civile, 23 ottobre 2015, n. 21674).
Tale disciplina è applicabile anche al caso dì specie, in cui il diritto al rimborso è sorto, in attuazione della ricordata sentenza della Corte di giustizia delle Unione europea del 14 settembre 2006, emessa nel procedimento n. C- 228/05, per effetto del decreto legge n. 258 del 2006, convertito con modificazioni con legge n. 278 del 2006.
Come, infatti, questa Corte ha chiarito, la disciplina del rimborso forfettario dell’IVA, introdotta dal decreto legge n. 258 del 2006, convertito, con modificazioni, con legge n. 278 del 2006, a seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione del 14 settembre 2006 in C-228/05, è applicabile anche ai giudizi pendenti alla data di detta pronuncia, purché relativi a versamenti effettuati tra il 10 gennaio 2003 e il 13 settembre 2006, mentre ai versamenti effettuati prima di tale periodo, si applica, in mancanza di diverse statuizioni, il disposto dell’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, ove è previsto che, l’istanza di restituzione non può essere proposta decorsi due anni dal pagamento. (Corte di cassazione, Sezione V civile, 21 febbraio 2018, n. 4150; Corte di cassazione, Sezione V civile, 6 maggio 2015, n. 9034).
Poiché nel caso che interessa i versamenti di cui si chiede la restituzione sono stati pacificamente eseguiti nel corso dell’anno 2002, anteriormente alla data del 1 gennaio 2003, mentre la istanza di rimborso è stata presentata solo in data 28 ottobre 2005, pertanto ben oltre il termine di decadenza di cui al ricordato art. 21, comma 2, del dlgs n. 546 del 1992, è evidente che ha errato la CTR a non rilevare l’intervenuta decadenza della M.-S. dalla possibilità di ottenere il rimborso di quanto da lei pagato.
La sentenza impugnata deve, pertanto essere annullata, con assorbimento dei restanti motivi di impugnazione.
Non vi è la necessità di disporre l’annullamento con rinvio posto che la motivazione dell’accoglimento del ricorso fa sì che la controversia possa essere decisa nel merito da questa stessa Corte, trattandosi di questione esclusivamente di diritto che non richiede alcuna valutazione di fatto, disponendosi il rigetto dell’originario ricorso delle M.-S.
Sussistono le ragioni, stante la peculiarità della fattispecie e tenuto conto del contenuto delle decisioni a suo tempo assunte dai giudici del merito, per la integrale compensazione fra le parti delle spese di lite (cfr. al riguardo: Corte di cassazione, Sezioni unite civili, 16 giugno 2014, n. 13676).
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa senza rinvio la sentenza impugnata e rigetta il ricorso originario presentato dalla attuale parte contro ricorrente;
compensa integralmente fra le parti le spese di lite.
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