CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 luglio 2018, n. 17805
Tributi – Accertamento – Utilizzo di personale formalmente assunto come dipendenti di altra impresa – Interposizione di manodopera – Obblighi di sostituto d’imposta in capo al committente – Indetraibilità dell’Iva e indeducibilità dei costi per servizi fatturati
Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.R. del Friuli Venezia Giulia, n. 21/08/10 dep. 1.3.2010, che su impugnazione di avviso di accertamento per Iva, Irpef anno 2001, e Irap anno 2002, da parte di T. S.r.l., in riforma della sentenza di primo grado ha accolto l’appello della società. L’accertamento traeva origine da un processo verbale di constatazione della Guardia di finanza, che riscontrava la violazione sulla normativa sulla intermediazione di manodopera, in relazione ai lavoratori che operavano presso la T. S.r.l. ma risultavano dipendenti di altre società.
La C.T.R., per quanto ancora rileva, ha ritenuto che il giudice di primo grado non avesse valutato la legittimità dell’accertamento in relazione alla “qualificazione del rapporto fra contribuente appaltante e società appaltatrice ovvero valido appalto e o invalida interposizione di manodopera”, ed ha annullato l’accertamento, trattandosi di intermediazione di manodopera per la quale la contribuente non aveva corrisposto alcuna retribuzione ai lavoratori – dipendenti di altre società – alle quali aveva direttamente pagato le relative fatture. Quanto all’IVA recuperata sui servizi, secondo la C.T.R., “essa va ricondotta al soggetto che ha regolarmente pagato dette fatture e le ha annotate nei libri contabili”, essendo indimostrata l’omissione dei relativi adempimenti e trattandosi di prestazioni di servizi, per i quali l’iva è detraibile.
T. S.r.l. si costituisce con controricorso.
Considerato in diritto
1) Col primo motivo del ricorso l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione, ex art. 360 n. 5 c.p.c., non avendo la C.T.R. condotto alcuna indagine sulla corretta applicazione dell’art. 1 della I. 1369/60, in assenza di una verifica sulla esistenza dei contratti di appalto e sulla loro reale esecuzione, e non avendo motivato sulla dedotta fittizietà del contratto di appalto e sull’illecita interposizione di manodopera.
2) Col secondo motivo si deduce violazione di legge (art. 1 I. 1369/2000, art. 23 dpr 600/73 e art. 19 d.P.R. 633/72), con riferimento alle attività effettivamente prestate dai lavoratori a favore della società contribuente in base ai contratti di appalto formalmente stipulati, trattandosi di lavoro subordinato, ex art. 2126 c.c., tra committente e manodopera, estraneo come tale anche al campo di applicazione IVA (con conseguente violazione dei principi di cui all’ art. 19 comma 2 dpr 633/72).
3) I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono fondati e vanno accolti.
4) Va sul tema ribadito il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale, in tema di divieto di intermediazione di manodopera, ai sensi della L. 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1, u.c., nel testo vigente ratione temporis, i prestatori di lavoro occupati in violazione di esso sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’imprenditore appaltante o interponente che ne abbia utilizzato effettivamente le prestazioni, ed al quale incombono, oltre che gli obblighi di trattamento economico e normativo scaturenti dal rapporto di lavoro, e gli obblighi in materia di assicurazioni sociali, anche gli obblighi fiscali del datore di lavoro. Ne consegue che a carico del medesimo soggetto, in ragione di detto rapporto, sussistono gli obblighi del sostituto d’imposta, di cui al D.P.R. 22 settembre 1973, n. 600, art. 23, per le ritenute d’acconto sulle retribuzioni (Cass. n. 21982 del 2015; n. 9962 del 2015; n. 3795/2013; n. 13748/2013), e ciò a prescindere dal fatto che la retribuzione non sia stata materialmente pagata dal committente, ma dall’appaltatore.
La C.T.R. – omettendo peraltro qualsiasi accertamento in ordine alle questioni ritualmente devolute con l’appello dall’Agenzia delle Entrate, con ciò incorrendo anche nel dedotto vizio di omessa motivazione – non si è attenuta all’indicato principio, ed ha altresì errato a ritenere che il pagamento dei lavoratori da parte della società presso la quale erano formalmente assunti come dipendenti escludesse la debenza dell’IVA, in quanto la fatturazione delle indicate prestazioni da parte dell’intermediario non legittima l’appaltante o interponente a detrarre l’IVA relativa o a dedurre tali costi ai fini della determinazione del reddito imponibile, mancando l’accertamento dell’esistenza di un valido rapporto contrattuale con l’intermediario (Cfr. Cass. n. 22010/2014).
5) Il ricorso va conseguentemente accolto e la sentenza va cassata con rinvio alla C.T.R. del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione, che provvederà al riesame del merito della controversia e alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla C.T.R. del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione.
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