CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 luglio 2018, n. 17842
Tributi – Accertamento – IVA – Regime del margine – Registrazioni contabili – Procedimento
Rilevato che
– A. Srl impugnava l’avviso di accertamento per Iva, Irpeg ed Irap per il 2002, oltre a sanzioni, con cui, a seguito di verifica generale, l’Agenzia delle entrate rideterminava i maggiori ricavi, procedeva al recupero dell’indebita detrazione Iva, contestando, con riguardo alla vendita di una autovettura, l’indebita applicazione del regime del margine;
– il giudice di primo grado accoglieva l’impugnazione; la sentenza era parzialmente riformata dalla CTR della Sicilia;
– l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con quattro motivi, cui resiste la contribuente con controricorso;
Considerato che
– è infondata, preliminarmente, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione “per nullità e/o inesistenza della notifica” per essere stato l’atto ricevuto non dall’amministratore ma da un socio della società intimata;
– dando seguito, infatti, ai principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza 20 luglio 2016, n. 14916, il contestato vizio non comporta l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione «che è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità”, sicché è, come tale e come rileva nella specie, «sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità)»;
– il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 39, primo comma, lett. d, d.P.R. n. 600 del 1973, 54, secondo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c.; il secondo denuncia insufficiente, illogica contraddittoria motivazione;
– i motivi, da esaminare unitariamente in quanto logicamente connessi, non sono fondati: l’Agenzia delle entrate si duole che la CTR abbia escluso la legittimità dell’accertamento induttivo ritenendo non inattendibile la contabilità pur a fronte dell’antieconomicità del comportamento del contribuente e il basso indice di ricarico, non adeguatamente apprezzando le circostanze addotte dall’Ufficio;
– la censura, invero, neppure ben coglie la ratio della decisione che non contesta la natura di accertamento analitico induttivo, di cui, invece, ha apprezzato la consistenza operando un’autonoma valutazione di merito;
– nella specie, infatti, la CTR ha affermato:
1. ha escluso rilevanza al fatto che il conto cassa sia risultato negativo imputando la circostanza, con accertamento in fatto non adeguatamente censurato, ad un errore di fatto nelle annotazioni (ha riguardato “solamente un giorno” “può accadere che l’imprenditore anticipi alcune piccole spese e dimentichi di annotare l’anticipazione”);
2. ha escluso la mancata annotazione cronologica dei fatti di natura finanziaria sul libro giornale attesa “la genericità del rilievo” e rilevando, sull’esame del libro giornale prodotto dalla parte, che non vi è “una mancata annotazione degli incassi ma l’annotazione anticipata degli incassi rispetto al reale pagamento da parte della finanziaria”, concludendo per l’inidoneità della circostanza come “elemento indice di inattendibilità della contabilità”
3. quanto alla contestata esiguità della percentuale di ricarico ha escluso la fondatezza della valutazione poiché “l’attività era iniziata nel marzo 2001” e il contribuente aveva “conseguito un risultato economico positivo sin dal primo anno di attività”;
4. ha poi ritenuto, alla stregua delle risultanze di bilancio, infondata la contestazione dell’Agenzia che l’attività si fosse svolta in perdita, escludendo, quindi, l’antieconomicità della gestione;
5. quanto, infine, alla mancata istituzione del registro di carico e scarico ai sensi del d.l. n. 42 del 1995, ha ritenuto, anche alla luce delle valutazioni sugli altri elementi, che la mancanza non potesse assurgere ad un livello di gravità tale da far ritenere inattendibile l’intero impianto contabile;
– va poi rilevato che il giudice d’appello, per giungere alle proprie conclusioni, ha effettuato una valutazione non solo sui singoli elementi ma integrata, onnicomprensiva ed unitaria, con un percorso argomentativo neppure adeguatamente censurato dall’Ufficio che, in totale difetto di autosufficienza, ha omesso di riprodurre sia l’avviso di accertamento, sia il pvc, e si è limitato genericamente a sostenere l’asserita impossibilità di effettuare il controllo analitico dei singoli movimenti e l’esistenza di una perdita per altri ipotizzati costi, risolvendosi la censura in una mera e sommaria contestazione delle opzioni che hanno condotto il giudice di merito a una determinata soluzione, in vista di una revisione del “ragionamento decisorio” e di una nuova formulazione del giudizio di merito;
– il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 7 d.lgs. n. 546 del 1992 e 112 c.p.c. per essersi il giudice d’appello limitato a dichiarare illegittimo l’accertamento induttivo senza procedere ad una autonoma rideterminazione della maggiore pretesa fiscale;
– il motivo è infondato;
– il processo tributario è annoverabile tra quelli di “impugnazionemerito”, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell’accertamento dell’Ufficio, sicché il giudice, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi al suo annullamento, ma deve esaminare nel merito la pretesa e ricondurla alla corretta misura (Cass. n. 13294 del 28/06/2016);
– nella vicenda in esame, la CTR ha solo rilevato, in coerenza con il dato normativo, che l’accertamento non giustificava la ricostruzione induttiva del reddito ed ha ritenuto, al contempo, la congruità della dichiarazione, rapportando tale valutazione agli esiti ricavabili dagli studi di settore;
– il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 21 d.P.R. n. 633 del 1972, nonché degli artt. da 36 a 40, d.l. n. 41 del 1995, conv. con mod. nella I. n. 85 del 1995 per aver la CTR escluso, ai fini dell’applicazione del regime del margine, che il contribuente fosse tenuto ad accertare se il suo dante causa fosse o meno soggetto avente diritto a detrarre l’Iva;
– il motivo è fondato;
– le Sezioni Unite, con la sentenza n. 21105 del 12/09/2017, hanno sottolineato, alla luce degli orientamenti della Corte di Giustizia (e, in ispecie, della recente sentenza 18 maggio 2017, causa C- 624/15, Litdana) e dei coerenti orientamenti della Suprema Corte (Cass. n. 20089 del 24/9/2014; Cass. n. 24604 del 19/11/2014), che “qualora l’amministrazione tributaria ritenga che il contribuente abbia indebitamente fruito del regime del margine, deve contestarne l’esistenza dei presupposti, oggettivi o soggettivi, adducendo elementi specifici e concreti (anche, ovviamente, aventi efficacia meramente presuntiva) e non, quindi, in modo generico”, spettando, quindi, al contribuente fornire la prova contraria, dovendo dimostrare, con riguardo ai profili soggettivi, “la propria buona fede, intesa come comprensiva sia dell’assenza di consapevolezza che il suo acquisto si iscriveva nel contesto di un’evasione dell’IVA, sia dell’uso della necessaria diligenza, ossia di aver adottato tutte le misure ragionevolmente esigibili da parte di un operatore accorto, al fine di assicurarsi che una tale evenienza dovesse escludersi”;
– con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, pertanto, le Sezioni Unite hanno specificamente affermato il principio per cui “il cessionario, al quale l’amministrazione finanziaria contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, tale fruizione, deve provare la propria buona fede, cioè di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto – secondo i criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in rapporto alle circostanze del caso concreto – al fine di evitare di essere coinvolto in una tale situazione, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto”, rientrando in tale condotta “anche l’individuazione, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione in suo possesso, eventualmente integrati da elementi di agevole e rapida reperibilità, dei precedenti intestatari del veicolo, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l’IVA sia stata, o no, già assolta a monte da altri, nell’ambito della catena di fornitura, senza possibilità di detrazione”;
– la verifica a cura del contribuente si relaziona, del resto, non alla vigilanza e al controllo sull’osservanza di obblighi altrui ma alla compiuta ed adeguata osservanza di obblighi propri così da poter fruire di un regime oggettivamente più favorevole ma che resta subordinato a specifici presupposti, il cui riscontro costituisce, secondo principi di correttezza e buona fede, che trovano la loro fonte generale negli artt. 1175 e 1375 c.c., compito ed onere proprio (sia pure nei limiti dell’esigibile) del contribuente imprenditore professionale;
– nella vicenda in esame, la CTR non si è attenuta ai principi sopra esposti poiché si è limitata ad affermare che “non spetta al contribuente accertare se il soggetto dal quale si acquista un’autovettura usata sia o meno un soggetto Iva” e, dunque, che fosse sufficiente che il venditore, nella specie di professione rappresentante, avesse dichiarato “di non agire quale soggetto Iva”; ha, per contro, omesso di verificare se dall’esame della documentazione che accompagnava la vendita ed alla qualità professionale del venditore risultasse l’esclusione dei presupposti per fruire del regime più favorevole, nonché se – anche alla luce di quanto allegato e dedotto dal controricorrente (restando preclusa nella presente sede, implicando un accertamento di merito, la valutazione della relativa deduzione) in ordine all’avvenuta cessazione della qualità professionale – il contribuente versasse in buona fede o, comunque, una tale conoscenza dovesse ritenersi effettivamente o meno al di fuori della portata dello stesso;
– la sentenza, dunque, in relazione al motivo accolto, va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente, in diversa composizione;
P.Q.M.
In accoglimento del quarto motivo del ricorso, rigettati i primi tre, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Sicilia in diversa composizione.
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