CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 luglio 2018, n. 17929
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Istanza di rimborso
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata;
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, in sede di rinvio da questa Suprema Corte, aveva confermato la decisione della Commissione tributaria provinciale di Roma. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione di G.L.F. contro un silenzio rifiuto ad ottenere un rimborso IRPEF, per l’anno 2000;
Considerato
che il ricorso è affidato a tre motivi;
che, col primo, si denuncia violazione degli artt. 16 lett. a) e 42 comma 4° DPR n. 917/1986 nonché 6 comma 2° DPR n. 917/1986, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: la CTR avrebbe del tutto omesso la verifica dell’effettivo impiego sul mercato dei capitali affluiti sul fondo PIA, alla stregua delle norme contrattuali applicabili e l’assegnazione dell’eventuale plusvalenza alla posizione individuale del contribuente, necessaria al fine di una completa e corretta applicazione del principio di diritto richiamato nella sentenza di cassazione; che, col secondo, si invoca la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., 16 lett. a) e 42 comma 4° DPR n. 917/1986 nonché 6 comma 2° DPR n. 917/1986, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: la CTR avrebbe erroneamente ritenuto fondata l’istanza di rimborso nonostante lo stesso contribuente avesse ammesso l’insussistenza di un rendimento derivante dall’impiego sul mercato dei capitali affluiti nel fondo PIA; che, mediante il terzo, subordinato motivo, si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, ex art. 360 n. 5 c.p.c., costituito dall’effettivo impiego sul mercato da parte dell’Enel dei contributi affluiti sul fondo PIA; che l’intimato ha resistito con controricorso; che la sentenza di questa Suprema Corte, n. 22655 del 24 ottobre 2014, nel disporre la cassazione con rinvio, aveva acciarato la nullità della pronuncia ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2 – così come invocato dal primo motivo di ricorso incidentale – con conseguente assorbimento degli ulteriori motivi del ricorso incidentale nonché del ricorso principale; che il primo motivo è fondato;
che, nel solco della giurisprudenza di questa Corte, in tema di fondi previdenziali integrativi, cui fa riferimento anche la sentenza n. 22655/2014, si è affermato che le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a) e 17 (nel testo ratione temporis vigente) del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917; b) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione è assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato da parte del Fondo, si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 della legge 26 settembre 1985, n. 482, previa verifica dell’effettivo investimento sul mercato, dei capitali derivanti dalla contribuzione, dei risultati dell’investimento, nonché delle modalità di assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali (Sez. 5, n. 4942 del 02/03/2018; Sez. 5, n. 24525 del 18/10/2017; Sez. 5, n.20285 del 23/08/2017); che la CTR non si è attenuta ai predetti principi; che, infatti, i giudici del rinvio – di fronte al problema dell’applicazione di una diversa aliquota, distinguendo le fasi di gestione del capitale sul mercato – avrebbero dovuto quantificare l’eventuale credito del contribuente, spiegando in ogni caso i criteri aritmetici e logici della soluzione adottata, in esito ad un’attenta e concreta verifica circa l’impiego dei capitali in parola nel mercato; che gli ulteriori motivi restano assorbiti;
che, pertanto, in accoglimento del ricorso la sentenza va cassata ed il giudizio rinviato alla CTR Lazio, in diversa composizione, affinché si attenga agli enunciati principi e si pronunzi anche con riguardo alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.