CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 luglio 2021, n. 19157
Previdenza – Omissione contributiva – Opposizione a cartella esattoriale – Impugnazioni – Opposizione di cui all’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999 ed opposizione agli atti esecutivi
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata l’8.6.2015, il Tribunale di Roma ha rigettato, per quanto rileva in questa sede, l’eccezione di nullità dell’avviso di addebito con il quale l’INPS aveva intimato a J.B.S. s.r.l. in liquidazione il pagamento di contributi omessi;
che avverso tale statuizione J.B.S. s.r.l. in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;
che l’INPS ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’impugnazione;
che la società concessionaria dei servizi di riscossione è rimasta intimata;
Considerato in diritto
che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione degli artt. 100 e 113 c.p.c. e 24, d.lgs. 46/1999, in relazione agli artt. 615, 617 e 100 c.p.c., per avere il Tribunale ritenuto l’irrilevanza delle censure concernenti il mancato rispetto del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000, tra la data dell’accesso ispettivo e quella del verbale di chiusura delle operazioni;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione dell’art. 24, d.lgs. n. 46/1999, in relazione all’art. 617 c.p.c., nonché degli artt. 12, comma 7, l. n. 212/2000, 7, d.l. n. 70/2011 (conv. con l. n. 106/2011), 30, d.l. n. 78/2010 (conv. con l. n. 122/2010), e 13, d.lgs. n. 124/2004, per avere il Tribunale ritenuto che le censure concernenti il procedimento di accertamento dell’omissione contributiva non potessero essere proposte nel giudizio di opposizione ad avviso di addebito;
che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole di violazione degli artt. 12, comma 7, l. n. 212/2000, 7, d.l. n. 70/2011 (conv. con l. n. 106/2011), 13, d.lgs. n. 124/2004, 30, l. n. 122/2010, e 21 -septies, l. n. 15/2005, nonché degli artt. 24 e 97 Cost. e 41 CDFUE, per avere il Tribunale ritenuto che la disposizione di cui all’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000, fosse inapplicabile agli accertamenti condotti dagli enti previdenziali;
che, con riguardo all’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dall’INPS per essere stata impugnata una sentenza di primo grado in fattispecie in cui è obbligatorio l’appello e senza preventivo accordo sul saltum, va preliminarmente ricordato che, in relazione alle opposizioni a cartella esattoriale per crediti di natura previdenziale, questa Corte ha da tempo chiarito che è possibile esperire, con un unico atto, sia un’opposizione sul merito della pretesa oggetto di riscossione, di cui all’art. 24, d.lgs. n. 46/1999, sia un’opposizione agli atti esecutivi inerente l’irregolarità formale della cartella, regolata dagli artt. 617 e 618-bis c.p.c., in considerazione del rinvio alle forme ordinarie operato dall’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 46/1999, cit. (così, tra le tante, Cass. n. 15116 del 2015);
che l’art. 30, comma 14, d.l. n. 78/2010 (conv. con l. n. 122/2010), ha previsto che «i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo, alle somme iscritte a ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati ai fini del recupero delle somme dovute a qualunque titolo all’INPS al titolo esecutivo emesso dallo stesso Istituto, costituito dall’avviso di addebito contenente l’intimazione ad adempiere l’obbligo di pagamento delle medesime somme affidate per il recupero agli agenti della riscossione»;
che, conseguentemente, deve ritenersi estesa all’avviso di addebito la possibilità di una opposizione concernente sia il merito della pretesa oggetto di riscossione, sia l’irregolarità formale dell’avviso, da intendersi rispettivamente regolate dagli artt. 24 e 29, d.lgs. n. 46/1999, cit., ciascuna delle quali soggetta a propri termini per la proposizione e a propri rimedi impugnatori (cfr. Cass. n. 15116 del 2015, cit., e Cass. n. 6119 del 2004 e succ. conf.);
che, rivolgendosi l’odierna impugnazione nei confronti delle statuizioni del Tribunale circa la regolarità del procedimento di formazione dell’avviso di addebito, correttamente è stato proposto il ricorso per cassazione, essendo in parte qua la sentenza inappellabile ex art. 618 ult. co. c.p.c.;
che, nel merito, i motivi di censura possono essere trattati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure svolte;
che, anzitutto, non può dubitarsi dell’estensione dell’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000, anche al procedimento di accertamento relativo alle omissioni contributive, tanto espressamente risultando dall’art. 7, comma 2, lett. d), d.l. n. 70/2011 (conv. con l. n. 106/2011), secondo il quale «le disposizioni di cui all’articolo 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, concernente disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, si applicano anche nelle ipotesi di attività ispettive o di controllo effettuate dagli enti di previdenza e assistenza obbligatoria»;
che, nondimeno, la disposizione di cui all’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000, secondo la quale il contribuente ha diritto di effettuare «osservazioni e richieste» entro sessanta giorni dal ricevimento del verbale di chiusura delle operazioni ispettive e l’amministrazione ha l’obbligo di non emettere «l’avviso di accertamento» prima del compimento del termine cit., salvi i casi di motivata urgenza, va logicamente riferita non già al verbale di accertamento redatto dagli enti previdenziali in esito all’accesso ispettivo, che non ha valore se non di mera diffida ad adempiere (così Cass. n. 1646 del 1963 e innumerevoli succ. conf.), bensì all’avviso di addebito, quest’ultimo essendo propriamente l’atto contenente l’intimazione ad adempiere l’obbligo di pagamento delle somme oggetto di recupero coattivo ed essendo per ciò strutturalmente e funzionalmente accostabile all’avviso di accertamento in materia tributaria;
che, nel caso di specie, risulta dalla stessa narrativa del ricorso per cassazione che, a fronte del verbale di primo accesso ispettivo del 22.1.2013 e del verbale unico di accertamento e notificazione del 3.4.2013, l’avviso di addebito è stato notificato il 30.6.2014 (cfr. pag. 2 del ricorso per cassazione), dunque ben oltre il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000;
che, pertanto, corretta nei suesposti termini la sentenza impugnata, il ricorso va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità in favore di parte controricorrente, giusta il criterio della soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 10.200,00, di cui € 10.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
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