CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 marzo 2018, n. 5202
Tributi – Imposte sui redditi – Accertamento – Raddoppio dei termini – Presenza di una notitia criminis di natura fiscale – Mancato esercizio dell’azione penale – Irrilevanza
Fatti e ragioni della decisione
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di B. R., avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia indicata in epigrafe, con la quale – in controversia concernente l’avviso di accertamento notificato per la ripresa a tassazione di IRPEF per l’anno 2005 – è stata confermata la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso del contribuente, ritenendo che l’Ufficio era decaduto dal potere accertativo, non trovando applicazione il raddoppio dei termini in quanto la denuncia non era stata prodotta nemmeno in grado di appello, risultando peraltro prescritto il reato ipotizzato dall’Ufficio. Inoltre la denunzia non era nemmeno ipotizzabile per i reati rilevati nel corso della verifica fiscale.
La parte intimata ha depositato controricorso. Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.
La ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art. 43, comma 3, D.P.R. 600/1973, introdotto dall’art. 37 c.24 del d.l. n. 223/2006, nella versione vigente ratione temporis, dell’art. 4 I.n. 74/2000 e dell’art. 331 c.p.p. in quanto la C.T.R. avrebbe dovuto ritenere applicabile il raddoppio dei termini, a nulla rilevando il mancato deposito della denunzia e la prescrizione del reato ipotizzato.
Va premesso che il motivo di ricorso è stato ritualmente esposto, non risultando necessario il deposito dell’avviso di accertamento né degli atti del procedimento tributario di merito – cfr. Cass.S.U.n.22726/2011-.
La censura è fondata.
Invero, sussiste la denunciata violazione dell’art. 43 DPR 600/1973 e della disciplina sul raddoppio dei termini di decadenza per l’accertamento a carico della sentenza qui impugnata, in presenza di una notitia criminis di natura fiscale.
L’art. 37, D.L. 223/2006, al comma 24, ha modificato l’art. 43 d.p.r. 600/1973, in base alla previsione che “in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti [cioè gli ordinari termini di decadenza per l’accertamento] sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione”.
Richiamato quanto precisato dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 247/2011, nel dichiarare non fondate le questioni di legittimità del combinato disposto dell’art. 57, terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 37, comma 26, del d.l. n. 223 del 2006 (convertito nella legge n. 248 del 2006), è stato ritenuto da questa Corte che, ai fini del solo raddoppio dei termini per l’esercizio dell’azione accertatrice, rileva l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato e non rileva né l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’articolo 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, né la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, atteso anche il regime di «doppio binario» tra giudizio penale e procedimento e processo tributario (Cass. 9974/2015; Cass. 20043/2015; Cass. nn. 7805, 9725, 9727, 11181 e 27392 del 2016). Con specifico riferimento all’incidenza della prescrizione ai fini del raddoppio si è poi specificato ulteriormente che “…In tema di accertamento tributario, ai fini del raddoppio dei termini previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, nella versione applicabile “ratione temporis”, rileva unicamente la sussistenza dell’obbligo di presentazione di denuncia penale, a prescindere dall’esito del relativo procedimento e nonostante l’eventuale prescrizione del reato, poiché ciò che interessa è solo l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato, atteso il regime di “doppio binario” tra giudizio penale e procedimento tributario” -cfr.Cass. n. 9322/2017 -.
Questa Corte, inoltre, ha di recente precisato, esaminando il tema della portata dei successivi interventi legislativi di cui al d.lgs. 128/2015 ed alla I. 208/2015, che “In tema di termini per l’accertamento tributario stabiliti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 (per le imposte sui redditi) e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 (per l’IVA): a) il regime transitorio introdotto dal comma 3 dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015 (in vigore dal 2 settembre 2015) non è abrogato dal successivo regime transitorio previsto dal comma 132 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015 (in vigore dal 10 gennaio 2016); b) il primo regime transitorio (d.lgs. n. 128 del 2015) stabilisce che i commi 1 e 2 dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015 non si applicano né in relazione agli avvisi di accertamento, ai provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie ed agli altri atti impugnabili con i quali l’Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data del 2 settembre 2015, né in relazione agli inviti a comparire di cui all’articolo 5 del d.lgs. n. 218 del 1997, notificati alla data del 2 settembre 2015, né in relazione ai processi verbali di constatazione redatti ai sensi dell’art. 24 della legge n. 4 del 1929, dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro il 2 settembre 2015, sempre che i relativi atti recanti la pretesa impositiva o sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015; e) il secondo regime transitorio (legge n. 208 del 2015) disciplina diversamente il regime ordinario del raddoppio dei termini di accertamento previsto dai commi 1 e 2 dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, disponendo che i commi 130 e 131 dell’art. i della legge n. 208 del 2015 non si applicano agli avvisi relativi ai periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2016 e introducendo per tali periodi d’imposta anteriori una specifica normativa transitoria per le sole ipotesi in cui a detti periodi non sia applicabile il precedente regime transitorio dettato dal d.lgs. n. 128 del 2015”– Cass. n. 26037/2016-. Orbene, nella specie, il giudice d’appello, ritenendo che il raddoppio dei termini non trovasse applicazione in relazione all’assenza della denuncia, all’intervenuta prescrizione del reato ipotizzato ed all’impossibilità di denunzia per i reati oggetto di verifica fiscale, non si è conformato ai superiori principi, omettendo di considerare le condizioni legittimanti l’eventuale raddoppio dei termini di decadenza per l’azione accertatrice (che se sussistenti avrebbero comportato la tempestività dell’atto impositivo).
Risultano pertanto privi di fondamento i rilievi difensivi esposti nel controricorso quanto alla specificità della denuncia ed alla necessità che l’accertamento dovesse indicare il raddoppio del termine, risultando, sotto tale ultimo profilo, a carico del giudice tributario l’obbligo di controllare la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, se richiesto, una valutazione ora per allora circa la loro ricorrenza -Corte cost. 247/2011-.
Sulla base delle superiori considerazioni, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va quindi cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR della Lombardia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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