CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 marzo 2019, n. 6435
Tributi – Tassa automobilistica – Mancato pagamento – Accertamento – Prescrizione
Ragioni della decisione
Con ricorso in Cassazione affidato a un motivo, nei cui confronti il contribuente non ha spiegato difese scritte, la regione Molise impugna la sentenza della CTR del Molise, relativa al mancato pagamento della tassa automobilistica per il 2012, dove si è fatta questione se il termine di tre anni previsto dall’art. 5 del D.L. n. 953/82, convertito nella legge n. 53/83 fosse un termine di prescrizione del tributo ovvero di decadenza dall’azione impositiva.
L’ente impositore, deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 5 del D.L. n. 953/82, convertito con modificazioni dalla Legge n. 53 del 1983, dell’art. 3 del D.L. n. 2 del 1986 convertito nella legge n. 60/86, nonché dell’art. 149 comma 3 c.p.c., dell’art. 43 del DPR n. 600/73 e dell’art. 14 della legge n. 890/82, dell’art. 16 del d.lgs. n. 546/92, e dell’art. 60 del DPR n. 600/73, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto, erroneamente, i giudici d’appello avevano ritenuto tardivo l’invio dell’avviso d’accertamento relativo al mancato pagamento della tassa auto, avvenuto entro il 31 dicembre del terzo anno rispetto a quando il tributo doveva essere pagato, benché ricevuto dal contribuente successivamente a tale data.
Il motivo di ricorso è fondato.
Secondo un orientamento consolidato “(..) Come più volte affermato da questa corte di legittimità (Cass. nn. 22320/14; ord. 11457/12; 15298/08 ed altre) il principio secondo cui gli effetti della notificazione eseguita a mezzo del servizio postale si producono – per il notificante – al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario (ovvero al personale del servizio postale) e – per il destinatario – al momento della ricezione, trova applicazione con riferimento non solo agli atti processuali (con riguardo anche agli effetti sostanziali da questi ultimi eventualmente prodotti, come recentemente stabilito da SSUU 24822/15) ma anche agli atti d’imposizione tributaria. Con la conseguenza che deve considerarsi tempestiva la spedizione dell’atto impositivo effettuata prima dello spirare del termine di decadenza gravante sull’ufficio, a nulla rilevando che la consegna al destinatario sia in ipotesi avvenuta successivamente a tale scadenza. Ciò sul presupposto che il mancato verificarsi degli effetti della notificazione per il notificante non può essere fatta dipendere da un evento estraneo all’attività di impulso ed alla sfera organizzativa propria del medesimo; quale il tempo impiegato per la consegna al destinatario dall’agente notificatore, al quale il plico sia stato consegnato in tempo utile. E fermo restando che, per entrambe le parti, gli effetti della notificazione si producono comunque solo all’esito dell’effettivo prefezionamento dell’intero processo notificatorio. Ciò è quanto si desume dal principio generale affermato dalla sentenza della corte costituzionale n. 477/02 in sede di dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 149 c.p.c. per le notificazioni a mezzo posta; poi recepito dal legislatore nell’art. 149 cit., u.c. e – segnatamente in materia tributaria – dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 6 (aggiunto dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 27, lett. f) conv. in L n. 248 del 2006), in base al quale “qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto. (..)” (Cass. n. 8867/16, Cass. nn. 22320/14; ord. 11457/12; 15298/08 ed altre).
Nel caso di specie, i giudici d’appello si sono discostati dal superiore principio, avendo essi stessi accertato che l’impugnato avviso d’accertamento era stato spedito a mezzo del servizio postale entro il 31.12.2015, quindi, entro il 31 dicembre del terzo anno rispetto al quale il tributo doveva essere pagato, anche se ricevuto dopo tale data.
Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di merito a seguito dell’alterno esito rispetto al giudizio d’appello, ponendosi a carico della parte intimata le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.
Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e condanna la parte intimata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in €. 510,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
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