CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 settembre 2022, n. 26194
Omessi contributi INPGI – Rapporto con vincolo di subordinazione – Accertamento – Insussistenza
Rilevato che
1. la Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado che aveva accolto l’opposizione a decreti ingiuntivi con i quali era stato intimato all’attuale parte intimata il pagamento di somme, in favore dell’INPGI, per contributi omessi e sanzioni in riferimento al rapporto di lavoro intercorso con il giornalista D.S., dall’ente ritenuto lavoratore subordinato;
2. la Corte di merito, accertato in fatto che D.S. rivestiva il ruolo di direttore di testata edita dalla società P.O., riteneva, all’esito del testimoniale acquisito alla causa, che tale ruolo non valesse a configurare un rapporto giornalistico, con vincolo di subordinazione, in considerazione, nella specie, dell’esiguità dell’impegno settimanale, qualitativamente e qualitativamente, l’assenza di orario, tenuto conto della peculiarità della testa giornalistica (settimanale gratuito delimitato a preciso ambito
3. territoriale), basata sul carattere volontario e gratuito delle collaborazioni;
4. avverso tale sentenza l’INPGI ha proposto ricorso affidato a due motivi, al quale hanno opposto difese la s.r.l. P.O. in liquidazione e l’Associazione P.O. con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria;
Considerato che
5. con i motivi di ricorso si deduce violazione degli artt.115,116 cod.proc.civ. e 2697 cod.civ., per non avere la Corte di merito aggiunto, al compendio probatorio valutato, il verbale ispettivo prodotto in giudizio fin dalla fase monitoria (primo motivo); omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di merito omesso di considerare quanto raccolto dagli ispettori verbalizzanti (secondo motivo);
6. il ricorso è da rigettare;
7. con il primo motivo, pur deducendo plurimi profili di censura, si avversa, in effetti, la ricostruzione dei fatti e il riesame del merito come operati dalla Corte territoriale che, con accertamento in fatto insindacabile in questa sede, ha escluso la sussistenza di una prestazione subordinata;
8. la censura intende contrapporre la ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte, in particolare prospettante un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, posto che tali aspetti del giudizio, interni alla discrezionalità valutativa degli elementi di prova e all’apprezzamento dei fatti, riguardano il libero convincimento del giudice e non i possibili vizi del suo percorso formativo rilevanti ai fini in oggetto; diversamente risolvendosi tale motivo di ricorso in un’istanza inammissibile di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito e quindi nella richiesta di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione;
9. occorre poi ribadire come la valutazione delle risultanze delle prove, giudizio sull’attendibilità dei testi e così la scelta, tra le varie, delle risultanze probatorie ritenute più idonee a sorreggere la motivazione involgano apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, libero di attingere il proprio convincimento dalle prove che gli paiano più attendibili, senza alcun obbligo di esplicita confutazione degli elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 7 gennaio 2009, n. 42; Cass. 5 ottobre 2006, n. 21412);
10. in ogni caso, un’autonoma questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. e dell’art. 2697 cod.civ. può porsi, rispettivamente, solo allorche i ricorrente alleghi che il giudice di merito: 1) abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; 2) abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione; 3) abbia invertito gli oneri probatori;
11. in realtà, nessuna di queste tre situazioni è rappresentata nei motivi anzidetti e le relative doglianze sono mal poste e così anche con riferimento al preteso malgoverno delle risultanze istruttorie, in quanto, pur sotto un’intitolazione evocativa dell’art. 360, n. 3 cod.proc.civ., parte ricorrente non ha formulato altro che pure questioni di merito, il cui esame, come detto, è per definizione escluso in questa sede di legittimità;
12. il secondo motivo, con quale si lamenta, in realtà, un asserito vizio della motivazione in punto di fatto, è inammissibile per l’assorbente rilievo che, in virtù del combinato disposto del novellato art. 360, n. 5 cod.proc.civ. e dell’art. 348-ter, commi 4 e 5 cod.proc.civ., il motivo previsto dall’art. 360, n. 5, cod.proc.civ. non è spendibile in ipotesi di doppia pronuncia conforme di merito, come avvenuto nella presente controversia (cfr., fra le tante, Cass.13580/2015);
13. segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo;
14. ai sensi dell’art.13,co,1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi dell’art.13,co1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
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