CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 settembre 2022, n. 26195
Lavoro – Rapporto di agenzia – Recesso – Natura subordinata del rapporto – Insussistenza – Clausola di durata minima garantita – Esclusione
Fatti di causa
La Corte di appello di Bari con la sentenza n. 2340/17 aveva rigettato l’appello di M.F. nei confronti di A.I.S. spa ( già A.I.S. spa , già C.S. spa), cui era subentrata A.C.S. spa ora A.C.M. S. spa, avverso la decisione con cui il locale tribunale aveva rigettato la domanda proposta dallo stesso, diretta al riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato tra le parti, alla declaratoria del recesso (licenziamento) intimato il 19 maggio 2003 e, in via subordinata, in caso di mancato riconoscimento della subordinazione, alla declaratoria di illegittimità del recesso per inosservanza della clausola di durata minima garantita di 36 mesi con conseguente pagamento della somma di E. 1.355.702,30 (o di E. 1.331.370,00) a titolo di indennità di cessazione del rapporto.
La Corte territoriale riteneva insussistente la natura subordinata del rapporto, trattandosi di rapporto di agenzia cui si era aggiunto, con pattuizione successiva (23 luglio 2001), incarico integrativo di Regional manager. La Corte escludeva altresì che tra le parti fosse stata fissata una durata minima garantita del rapporto, poiché il termine di 36 mesi era stato previsto per la verifica definitiva del raggiungimento degli obiettivi di vendita prefissati. Dal testo del contratto intercorso tra le parti la corte desumeva altresì che il contratto di mandato prevedeva la libera recedibilità con il preavviso previsto dall’AEC 26.2.2002. Riteneva ancora la Corte che al M. spettasse solo l’indennità prevista dal contratto e che lo stesso avesse assunto l’obbligo di non concorrenza ma non quello di promuovere esclusivamente la Società convenuta.
Il giudice di appello, infine, riteneva fondato l’appello incidentale spiegato da A.I. relativo alla restituzione di quanto in eccedenza percepito dal M. (E. 149.479,33) dalla Società rispetto a quanto a lui spettante, come accertato dalla ctu espletata in sede di appello.
Avverso detta statuizione il M. proponeva ricorso cui resisteva con controricorso la Società.
Ragioni della decisione
1)- Con il primo motivo è dedotto ( art. 360 co.1 n. 5 c.p.c.) l’omesso esame di fatto decisivo, con riguardo alla parziale lettura del disposto contrattuale.
2)-Con il secondo motivo è lamentata la violazione ( art. 360 co.1 n. 3 c.p.c.) degli artt. 1362 e 1371 c.c. con riguardo alla domanda riconvenzionale, al cui accoglimento la corte territoriale sarebbe giunta con la parziale lettura dei testi contrattuali.
I motivi possono essere trattati congiuntamente poiché afferiscono, entrambi, sotto diverso profilo, al tema della interpretazione dei testi contrattuali.
Deve ribadirsi che l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione, oltre che per violazione delle regole ermeneutiche, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., anche nell’ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Cass.n. 10745/2022).
Posti in tal modo i limiti del sindacato di legittimità in materia, deve dedursi che con riguardo alla denuncia di omesso esame non risulta indicato lo specifico fatto storico non considerato e, soprattutto, il carattere di decisività dello stesso, tale da sovvertire la valutazione già svolta dalla corte territoriale.
Questa Corte ha avuto modo di chiarire che “In tema di ricorso per cassazione costituisce fatto (o punto) decisivo ai sensi del’art.360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. quello la cui differente considerazione è idonea a comportare, con certezza, una decisione diversa (Cass. n.18368/2013; Cass. n. 17761/2016). Ha anche specificato che “L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012 (conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia” (Cass. n.23238/2017).
La decisività del “fatto” omesso assume nel vizio considerato dalla disposizione richiamata rilevanza assoluta poiché determina lo stretto nesso di causalità tra il fatto in questione e la differente decisione (non solo eventuale ma certa).
Tale condizione, carente nel caso di specie, deve dunque essere chiaramente allegata dalla parte che invochi il vizio, onerata di rappresentare non soltanto l’omissione compiuta ma la sua assoluta determinazione a modificare l’esito del giudizio.
Alla medesima conclusione si deve giungere anche con riguardo alla seconda censura poiché la “parziale” lettura di cui ci si lamenta altro non è che la denuncia della valutazione di merito svolta a cui si contrappone una diversa interpretazione di merito non ammissibile, per tale ragione, in sede di legittimità.
3) La terza censura ha ad oggetto la nullità della sentenza per assenza di motivazione con riguardo all’accoglimento della domanda restitutoria. Il ricorrente assume che a base del diritto alla restituzione riconosciuto sia stato posto un esame dei patti non completo anche non corrispondente alla comune intenzione delle parti. Anche tale motivo offre una interpretazione differente delle clausole contrattuali rispetto a quella adottata, motivatamente, dalla corte territoriale, attestativa della natura anticipatoria delle somme attribuite al ricorrente, suscettibili, in esito ai riscontri sul buon fine delle commesse, di ricalcolo e, dunque di restituzione in caso di mancata maturazione. Peraltro, al fine di accertare e quantificare le contrapposte ragioni di credito vantate dalle parti, la corte territoriale ha disposto una consulenza contabile da cui è risultata la somma oggetto di restituzione alla società. Il motivo è pertanto infondato.
4) Il quarto motivo ha ad oggetto la violazione dell’art. 437 c.p.c. (art. 360 co.1 n. 3 c.p.c.) e la nullità dell’elaborato peritale in quanto basato su elementi documentali acquisiti dal consulente in violazione delle preclusioni di cui all’art. 437 c.p.c. In particolare parte ricorrente rileva che gli estratti provigionali non erano stati prodotti in primo grado e che l’acquisizione da parte del ctu è conseguentemente irrituale ed in contrasto con le preclusioni processuali richiamate.
Si osserva preliminarmente che eventuali errori o vizi della ctu non sono autonomamente rilevanti, essendo censurabile, al più la decisione del giudice nei seguenti termini: ” In tema di ricorso per cassazione, la valutazione effettuata dal giudice di merito sulle risultanze della CTU e viziata da errore di percezione è censurabile con la revocazione ordinaria se l’errore attiene ad un fatto non controverso, mentre è sindacabile ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 115 c.p.c., se l’errore ricade su di una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti. (Cass.19 luglio 2018 n.19293). Il vizio invocato nel motivo è pertanto inconferente.
Peraltro il divieto di nuove acquisizioni in appello non riguarda elementi probatori su fatti e circostanze già allegate in primo grado meritevoli di ulteriore approfondimento (Cass.n.7694/2018).
Si rileva infine che, nella specie, la censura non riporta il contenuto dell’elaborato peritale e non prende in considerazione le “controdeduzioni” alla c.t.p., in cui il consulente aveva chiarito che le proprie conclusioni non sono fondate sui documenti oggetto di censura. Per tali molteplici ragioni il motivo è inammissibile.
5) Con il quinto motivo è censurata, sotto il profilo dell’omesso esame, la statuizione della sentenza circa l’indennità di preavviso, determinata, a giudizio del ricorrente, in base alla errata qualificazione del M. quale agente plurimandatario, essendo, invece, agente monomandatario.
6) Il sesto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’ AEC 26.2.2002 in relazione all’indennità di preavviso, erroneamente calcola quale agente plurimandatario. I motivi possono essere trattati congiuntamente.
Essi sono inamissibili poiché attinenti alla valutazione di merito svolta dalla sentenza (punto 50 ), basata sulla interpretazione del contratto di mandato da cui la corte riscontrava che il ricorrente aveva assunto l’obbligo di non concorrenza ma non quello di promuovere in esclusiva la società.
7) Con il settimo motivo è censurata la violazione dell’ art. 1751 c.c. e dell’AEC del 26.2.2002, con riferimento all’indennità di risoluzione del rapporto. Anche tale censura è basata sul presupposto della qualifica di agente monomandatario, esclusa dalla corte di merito (come da precedenti motivi). Peraltro la doglianza richiama le conclusioni della ctu e ctp in contrasto, non riportandole per intero, in violazione principio specificità e della impossibilità di valutarne , in concreto, la fondatezza. Il motivo è inammissibile.
8) Da ultimo è denunciata la violazione degli artt. 1359, 1751, 1375 c.c., con riguardo al recesso, erroneamente ritenuto liberamente adottabile dalle parti, nonché la mancata considerazione del raggiungimento degli obiettivi di verifica fissati a 18 e 36 mesi. Il motivo si appalesa infondato in quanto la sentenza in esame esamina gli obiettivi non raggiunti ( punto 46) anche avvalendosi delle risultanze della prova testimoniale, così esprimendo una valutazione di merito motivatamente adottata.
Per tutte le esposte ragioni, il ricorso deve considerarsi complessivamente infondato. Le spese seguono il principio di soccombenza. Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 4.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 19105 depositata il 6 luglio 2023 - L’interpretazione del contratto di appalto è riservata al giudice di merito, traducendosi in un’operazione di accertamento della volontà dei contraenti e pertanto in un’indagine di…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 2073 depositata il 19 gennaio 2024 - Il vizio di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. è denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 30131 depositata il 30 ottobre 2023 - In tema di trasferimento di ramo d'azienda, la verifica della sussistenza dei presupposti dell'autonomia funzionale e della preesistenza, ma anche di ogni qualsiasi altro…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 ottobre 2022, n. 31044 - In tema di trasferimento di azienda, la verifica dei presupposti dell'autonomia funzionale e della preesistenza, rilevanti ai sensi dell'art. 2112 co. 5 c.c., integra un accertamento di fatto…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 2773 depositata il 30 gennaio 2023 - La fattispecie di cui art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, impone a chi la denunci di indicare, nel rigoroso…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 maggio 2022, n. 14550 - L'interpretazione del contratto, ossia la -ricostruzione della volontà delle parti, e vale a dire di ciò che esse hanno voluto, attività che si risolve in un giudizio di fatto riservato al…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Alla parte autodifesasi in quanto avvocato vanno l
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 7356 depositata il 19…
- Processo Tributario: il principio di equità sostit
Il processo tributario, costantemente affermato dal Supremo consesso, non è anno…
- Processo Tributario: la prova testimoniale
L’art. 7 comma 4 del d.lgs. n. 546 del 1992 (codice di procedura tributar…
- L’inerenza dei costi va intesa in termini qu
L’inerenza dei costi va intesa in termini qualitativi e dunque di compatibilità,…
- IMU: la crisi di liquidità non è causa di forza ma
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 7707 depositata il 21 m…