CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 agosto 2018, n. 20614
Previdenza – Titolare di pensione diretta quale ex dipendente INPS – Titolare di pensione di reversibilità quale vedova di magistrato ordinario – Riconoscimento dell’indennità integrativa speciale – Esclusione
Rilevato che
1. con sentenza in data 8 agosto 2012, la Corte di Appello di Trieste ha riformato la sentenza di primo grado e, per l’effetto, ha rigettato la domanda svolta da T. G., titolare di pensione diretta quale ex dipendente INPS e di pensione di reversibilità quale vedova di magistrato ordinario, per l’erogazione dell’indennità integrativa speciale anche sulla pensione diretta goduta;
2. riteneva la Corte di merito che lo stesso soggetto, titolare di più pensioni, comprese quelle nelle gestioni obbligatorie di previdenza sostitutive, integrative, esclusive o esonerative dell’assicurazione generale, non poteva fruire su più di una pensione di quote aggiuntive o dell’incremento dell’indennità integrativa speciale o di ogni altro analogo trattamento collegato al costo della vita;
3. avverso tale sentenza T. G. ha proposto ricorso, ulteriormente illustrato con memoria, affidato a tre motivi, al quale ha opposto difese l’INPS con controricorso.
Considerato che
4. con i motivi di ricorso la sentenza impugnata è censurata per avere negato il riconoscimento dell’indennità integrativa speciale o comunque del trattamento collegato al costo della vita anche sulla pensione diretta goduta, pensione, peraltro, asseritamente non soggetta alle regole dell’ago in quanto erogata dal Fondo INPS;
5. ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;
6. quanto al denunciato error in procedendo per violazione degli artt. 412, 434, 112 cod. proc. civ., nel vigore della formulazione dell’art. 342 c.p.c. precedente alle modifiche introdotte dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 (conv. con L. n. 134 del 2012), applicabile ratione temporis, questa Corte ha adottato un orientamento restrittivo, secondo il quale, in considerazione della qualificazione del giudizio di appello in termini di revisio prioris instantiae, piuttosto che come novum iudicium dotato di effetto devolutivo generale e illimitato, il canone della specificità del motivo richiede non solo l’individuazione delle statuizioni concretamente impugnate e dei limiti dell’impugnazione, ma altresì l’esposizione delle ragioni dirette a confutare in fatto e in diritto le motivazioni che sorreggono la decisione di primo grado, per modo che il richiamo alle argomentazioni addotte a sostegno della domanda o dell’eccezione disattesa dal primo giudice, va correlato all’eventualità che esse contengano già l’esposizione di ragioni idonee a incrinare il fondamento logico-giuridico della decisione concretamente adottata, dovendo invece concludersi per l’inammissibilità dell’appello che, senza neppure menzionare per sintesi il contenuto della prima decisione, risulti totalmente avulso dalla censura di quanto affermato dal primo giudice e si limiti ad illustrare la tesi giuridica già esposta in primo grado (v., per tutte, Cass. 30 giugno 2016, n. 13463 ed i precedenti ivi richiamati);
7. tenuto conto dei predetti principi non si ravvisa la denunciata inammissibilità del gravame svolto dall’INPS, incentrato sul superamento del trattamento minimo di entrambe le pensioni godute e il diritto a godere di una sola indennità integrativa speciale sulla pensione di reversibilità;
8. tanto premesso, come già ritenuto in numerosi precedenti di questa Corte (v., fra le altre, Cass. 8 ottobre 2015, n. 20169), deve ribadirsi il principio di diritto affermato dalle Sezioni unite di questa Corte, a componimento di un contrasto di giurisprudenza: «La L. n. 843 del 1978, art. 19, comma 1, in relazione alla disciplina di adeguamento al costo della vita delle pensioni dell’assicurazione generale obbligatoria fondata sulla corresponsione di quote aggiuntive (cosiddette quote fisse) di importo uguale per tutte le pensioni, di cui alla L. n. 160 del 1975, art. 10, ha escluso, a decorrere dal primo gennaio 1979, che lo stesso soggetto, se titolare di più pensioni, comprese quelle delle gestioni obbligatorie di previdenza sostitutive, integrative, esclusive o esonerative dell’assicurazione generale, possa fruire su più di una pensione di tali quote aggiuntive, o dell’incremento dell’indennità integrativa speciale, o di ogni altro analogo trattamento collegato con il costo della vita. Ne consegue l’applicazione di tale regola anche nel caso di titolarità di una pensione dell’assicurazione generale obbligatoria e di una pensione dello Stato e, in tal caso, al pensionato, come precisa il secondo comma del citato art. 19, continua a corrispondersi l’indennità integrativa speciale inerente alla pensione statale e non spettano, invece, le quote aggiuntive sulla pensione dell’assicurazione generale obbligatoria corrisposta dall’Inps (v. Cass., Sez. U, 23 ottobre 2008, n. 25616);
9. sulla portata generale del divieto di cumulo, estesa – pur con i correttivi apportati dalla Corte cost. nn. 494 del 1993 e 197 del 2010, che qui però non rilevano – anche ai trattamenti pensionistici erogati dall’INPS ai propri ex dipendenti questa Corte già si è pronunciata in altre occasioni (v., fra le altre, Cass. 27 settembre 2016, n. 18966 ed i precedenti ivi richiamati);
10. infine, la richiamata decisione di questa Corte, n. 18966 del 2016, ha ribadito che in presenza di una pluralità di trattamenti pensionistici, l’art. 15, comma 3, della I. n. 724 del 1994 – come già rilevato dalla Corte Cost. nella sentenza n. 197 del 2010 – ha confermato il carattere accessorio delle indennità integrative speciali sulle pensioni liquidate in epoca anteriore al 1° gennaio 1995 ed il conseguente assoggettamento dei titolari di più pensioni, tutte anteriori a tale data, ai limiti relativi al cumulo delle indennità stesse, posti dall’art. 99, comma 2, del D.P.R. n. 1092 del 1973; né può ritenersi che l’abrogazione del comma 5 dello stesso articolo 15, da parte dell’art. 1, comma 776, della l. n. 296 del 2006, consenta l’integrazione al trattamento minimo su due prestazioni, in quanto il carattere accessorio dell’indennità integrativa speciale corrisposta sulle pensioni liquidate prima del 1995 non è ascrivibile alla disposizione suddetta, abrogata solo in quanto divenuta incompatibile con la regola posta dall’art. 1, comma 41, della I. n. 335 del 1995, come autenticamente interpretata dall’art. 1, comma 774, della I. n. 296 del 2006;
11. la sentenza impugnata è risultata, pertanto, immune da censure;
12. le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.
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